La vittoria - imprevista - del maestro rurale Pedro Castillo nella contesa elettorale in Perù porterà il paese a un’inevitabile svolta. In questi anni il paese, dopo l’occasione mancata di cambiamento con la presidenza di Hollanta Humala, è stato preda di una forte instabilità politica ma è costantemente rimasto ancorato alle politiche antibolivariane ispirate (leggi imposte) da Washington. Tanto che proprio a Lima nel 2017 sotto la presidenza del neoliberista Pedro Pablo Kuczynski fu creato il cosiddetto Gruppo di Lima con l’intento di unire tutte le nazioni del continente americano fedeli agli Stati Uniti che non avevano riconosciuto legittime le elezioni presidenziali in Venezuela e quindi riconosciuto come presidente il fantoccio golpista Juan Guaidò. A quanto pare Lima sarà anche la tomba di questo progetto filoimperialista volto alla distruzione del Venezuela e dei progetti bolivariani per la regione.
Con l’elezione di Pedro Castillo sul Perù spira invece una fresca brezza bolivariana. Quindi la nuova politica estera di Lima sotto la presidenza del maestro rurale sarà innanzitutto orientata e guidata in funzione degli interessi nazionali, ma anche aperta e democratica, darà priorità all’integrazione regionale, al rafforzamento di organismi multilaterali come la Celac e il Gruppo Andino e alla riattivazione dell’Unasur. Organizzazioni lanciate, o rilanciate, da governi progressisti e socialisti per frenare le ingerenze imperialiste e per contrastare la screditata Organizzazione degli Stati Americani, o ministero delle Colonie per utilizzare un’efficace definizione di Fidel Castro, guidata da un altrettanto ultrascreditato Luis Almagro.
L’uomo scelto da Castillo per guidare il cambio di rotta è Hector Bejar. Avvocato, sociologo ed ex guerrigliero ottantacinquenne.
Profilo del nuovo ministro degli Esteri peruviano
Béjar, avvocato e dottore in sociologia, è nato nel 1936 in una famiglia appartenente al ceto medio della provincia di Huarochirí, vicino a Lima. Fin da giovanissimo abbracciò le idee socialiste e, per metterle in pratica, si recò a Cuba all'inizio degli anni '60 per vedere da vicino il processo rivoluzionario e formarsi su vari argomenti, tra cui la pratica della guerriglia.
A Cuba ebbe la possibilità di conoscere personalmente due figure mitiche come Fidel Castro ed Ernesto ‘Che’ Guevara.
Al ritorno dal tirocinio rivoluzionario in quel di Cuba imbraccia le armi con il Movimento della Sinistra Rivoluzionaria (MIR), nato come dissidenza dal partito dell'Alleanza Rivoluzionaria Popolare Americana (APRA) e sotto la guida di Luis de la Puente Uceda si converte nella prima esperienza del genere in Perù.
Tuttavia, Béjar lasciò il MIR per formare insieme a giovani amici, come il poeta Javier Heraud, l'Esercito di Liberazione Nazionale (ELN), organizzazione dallo spiccato carattere guevarista.
L'ELN, il cui capo militare era Juan Pablo Chang - che sarebbe morto insieme a Che Guevara in Bolivia - si rese protagonista di alcune azioni nella giungla, ma subì anche duri colpi, come la perdita di Heraud, che cadde all'età di 21 anni, quando era già era visto come una delle nuove grandi voci della poesia ispano-americana.
In quei mesi intensi Calixto (nome di battaglia di Bejar) si divideva tra nuovi viaggi di addestramento a Cuba e una breve esperienza di lotta armata in Bolivia, che nulla aveva a che vedere con quanto sarebbe accaduto in seguito con il Che.
I giorni della guerriglia per Béjar finirono nel 1966, quando fu imprigionato. Si credeva che avrebbe trascorso molto tempo in prigione, ma il governo di sinistra del generale Juan Velasco Alvarado, che prese il potere con un colpo di Stato nel 1968, gli concesse un'amnistia nel 1970.
Bejar così riconquistò la libertà e divenne un funzionario statale, come membro del Sistema Nazionale di Mobilitazione Sociale, un organismo creato da Velasco per coinvolgere le classi popolari nel processo.
Con il rovesciamento di quel governo nel 1975, l'attuale ministro degli Esteri ha iniziato il percorso accademico in cui ha lavorato da allora, in particolare presso l'Università Cattolica di Lima, dove era responsabile delle cattedre di politiche pubbliche e gestione sociale.
Parallelamente, sviluppa la carriera di scrittore, che lo porta a vincere nel 1969, mentre era ancora in carcere, il premio Casa de las Américas, per "Appunti su un'esperienza di guerriglia", libro in cui ricorda la sua esperienza armata.
Negli ultimi decenni, Bejar è stato in Perù un riferimento intellettuale per la sinistra e ha approfittato degli spazi che i media gli concedono per difendere i governi e i movimenti con cui simpatizza in America Latina.
Ad esempio riguardo a quanto si è verificato a Cuba ha affermato che si tratta di “una manovra assolutamente sciocca e ovvia" da parte "dei settori più estremisti degli Stati Uniti" per "promuovere con disordini un'agenda che ha fallito in tutto il mondo ed è destinata a fallire".
Allo stesso modo, considera un "obbligo morale" difendere il governo di Nicolás Maduro in Venezuela, perché "è una delle poche possibilità di cambiare questa società sporca e violenta".
Inoltre Bejar ha anche affermato durante la campagna elettorale peruviana, in un'intervista al media digitale argentino Argmedios, che l’eventuale vittoria di Castillo avrebbe contribuito a una nuova “ondata progressista di tipo diverso" in America Latina.
"(Un'ondata) più conservatrice, meno progressista in termini di terza o quarta generazione di diritti, ma molto di più in termini di diritti economici e sociali”.
Linee guida emerse nel primo discorso
Nel suo primo discorso da ministro degli Esteri, ha affermato che "l'autonomia e l'indipendenza saranno un principio essenziale della nuova diplomazia peruviana, le decisioni saranno prese secondo i nostri interessi, che sono l’espressione collettiva della nazione, e non degli interessi degli altri”. Una presa di posizione forte che annuncia netta discontinuità con una politica estera che negli ultimi anni è stata segnata da sudditanza e dipendenza da Washington.
Una discontinuità che sarà tale anche su temi dirimenti come la posizione verso il Venezuela. A tal proposito Bejar ha dichiarato: “Il Venezuela è un Paese bloccato. Contribuiremo con i Paesi dell'Europa, che ci stanno già lavorando, e con un gruppo di Paesi dell'America Latina, all’intesa tra le varie tendenze politiche che esistono in Venezuela, senza intervenire nella loro politica interna”.
Quindi ha sottolineato che l’attuale governo guidato da Pedro Castillo non interverrà nella politica interna del Venezuela, aggiungendo che dal Perù favorirà "un rinnovamento (politico) ... che rispetti i diritti sociali".
La nuova politica estera del Perù di Castillo nella visione di Bejar "sarà l'espressione esterna della politica sociale interna, difenderà e proteggerà i diritti e le aspirazioni di tutti i peruviani", in particolare dei più vulnerabili.
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