di Clara Statello per l'AntiDiplomatico
La luce è stata spenta su Gaza. Israele ieri sera ha tagliato le forniture di acqua, elettricità, carburante e cibo per “le bestie umane” che vi abitano. Così ha definito i Gazawi il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, quando martedì sera ha annunciato l’assedio totale. Nell’eufemismo utilizzato per non pronunciare la triste parola “subumani”, sta racchiuso il destino che Israele ha preparato per i palestinesi della piccola enclave: la pulizia etnica o il genocidio. Senza carburante la centrale elettrica di Gaza potrà fornire luce al massimo per due giorni. I massacri avverranno nel buio, non ci saranno immagini, comunicazioni che li mostreranno. Nessuno vedrà la devastazione, il sangue e i corpi straziati delle vittime dei bombardamenti a tappeto condotti da quella che viene definita l’unica democrazia in Medio Oriente.
Senza energia elettrica gli ospedali non saranno in grado di funzionare. I feriti non potranno più essere curati. Chi non morirà sotto le bombe, morirà di assedio.
"Gaza ha avuto solo quattro ore di elettricità negli ultimi due giorni", ha riferito il corrispondente di al Jazeera, Youmna ElSayed. “L'unica centrale elettrica qui potrà funzionare solo per un massimo di altri due giorni e dopodiché l'intera Striscia di Gaza non avrà nemmeno un'ora di elettricità a meno che il carburante non entri a Gaza. Non sono solo i civili a soffrire per la perdita di elettricità”, ha aggiunto.
“Stiamo parlando di ospedali. Stiamo parlando di oscurità completa”.
Bombardamenti a tappeto su Gaza
Solo questa notte l’IDF (Israel Defence Force) ha condotto oltre 200 raid su un territorio con una superficie di appena 365kmq - inferiore al territorio della città di Noto, circa 555Kmq - dove 2,3milioni di persone sono intrappolate da oltre 65km di muro e filo spinato elettrificato. Per capirci, durante uno dei suoi maggiori bombardamenti contro l’Ucraina, la Russia ha lanciato 84 raid in un giorno su tutto il territorio controllato da Kiev.
Nel momento in cui si scrive, 849 persone sono morte e 4.000 sono rimaste ferite sotto le bombe israeliane, secondo i dati del Ministero della Sanità di Gaza. Tra le vittime almeno 140 sono bambini e 120 donne. Uccisi anche tre giornalisti palestinesi. Il bilancio, chiaramente, è destinato ad aumentare drammaticamente.
Le forze sioniste parlano di 200 obiettivi di Hamas colpiti nell’enclave, ma dalle foto e video pervenuti si vedono distintamente le bombe cadere e radere al suolo case e condomini. Nulla di minimamente comparabile alla distruzione provocata dai bombardamenti della Russia sull’Ucraina su obiettivi strategici, che a confronto sembrano quasi chirurgici.
Oltre alle abitazioni civili è stata distrutta anche una moschea, hanno riferito le autorità, sostenendo – senza mostrare alcuna prova – che all’interno vi fossero nascoste attrezzature militari.
Colpiti inoltre i centri di aiuto umanitario. In un'intervista con Al Jazeera, la portavoce dell'UNRWA Tamara al-Rifai ha comunicato la chiusura di tutti e 14 centri di distribuzione aiuti. Anche la sede centrale dell'agenzia a Gaza è stata colpita ed "ha subito danni significativi". In totale di 18 edifici dell'UNRWA sono stati danneggiati.
La pulizia etnica come soluzione al problema “Gaza”
Il comando militare israeliano martedì sera ha esortato i civili a lasciare Gaza, attraverso l’Egitto.
"Il checkpoint di Rafah è ancora aperto. Consiglierei a chiunque di andare via finché può", ha detto ai giornalisti stranieri il tenente colonnello Richard Hecht.
L’unica porta di salvezza dall’inferno di Gaza, però, è stata chiusa proprio ieri sera. Le operazioni a Rafah sarebbero state interrotte in seguito ai continui attacchi israeliani nei pressi del valico, riportano fonti della sicurezza egiziana citate da Reuters. Occorre sottolineare che l’Egitto non sembra intenzionato a sobbarcarsi il carico dell’ingresso di oltre due milioni di profughi nel Paese.
Secondo quanto riporta la testata ucraina Strana, il Cairo ha messo in guardia Israele dal chiedere ” l’esodo in massa dei civili per lasciare la Striscia di Gaza spopolata, contribuendo così all'eliminazione dello stesso problema palestinese”. Detto tra le righe, l’Egitto non vuole pagare le conseguenze della pulizia etnica dell’area e dunque chiude temporaneamente il valico.
L’ufficio di Hecht questa mattina ha dovuto ritrattare: "Chiarimento: il valico di Rafah era aperto ieri, ma ora è chiuso", ha comunicato.
Gaza è blindata, una trappola mortale da cui nessuno può scappare. Ogni palazzo, ogni individuo, persino le ambulanze e i medici sono il bersaglio del tiro a segno di Israele, che ha deciso di eliminare il problema alla radice, con una soluzione finale. Ai civili non resta che scappare nei rifugi delle organizzazioni internazionali, all’interno dell’enclave.
Gli sfollati Ieri mattina l’UNRWA comunicava lo sfollamento di circa 123.538 palestinesi a Gaza. Al momento era di 159 il numero delle unità abitative distrutte, mentre in 1.210 hanno subito gravi danni. Le informazioni sono state rapidamente aggiornate: a metà mattinata di oggi il numero degli sfollati era salito a 180.000.
Sono 137.000 le persone che hanno trovato rifugio in 83 centri gestiti dalle organizzazioni internazionali umanitarie. Tuttavia la stessa parola “rifugio” sembra inappropriata: non ci sono luoghi al sicuro nella gabbia di Gaza.
L’UNRWA, infatti, fa sapere che uno di questi luoghi, una scuola, è stata oggetto dei bombardamenti indiscriminati delle forze israeliane.
“Le persone stanno passando da un’area presa di mira a un’area che sarà presa di mira”, ha dichiarato ad Al Jazeera Maha Hussaini, direttore strategico di Euro-Med Human Rights Monitor.
“La scorsa notte sono stati presi di mira molti quartieri residenziali. La parte meridionale della Striscia ha subito il peso maggiore degli attacchi - ha aggiunto - “Interi quartieri sono stati evacuati. Circa 50mila persone sono state evacuate dalle loro case affinché le forze israeliane possano bombardare intere piazze e spazzare via interi quartieri. Le persone non hanno nessun posto dove andare. Non hanno riparo”, ha detto.
I valichi sono bloccati e neanche i tunnel sotterranei sono al sicuro: Israele sta utilizzando le bunker-buster, le bombe anti-bunker. Si tratta di “munizioni a penetrazione terrestre”, ovvero proiettili che non esplodono in aria, penetrano in profondità nel terreno per distruggere bersagli sotterrati e persino rinforzati.
L’ipocrisia occidentale
E’ chiaro che gli attacchi a tappeto contro Gaza non sono che il preludio dell’operazione di terra, l’invasione che arriverà probabilmente fra pochi giorni, e che segnerà un punto di non ritorno: l’eliminazione dei palestinesi da Gaza o l’avvio di un pericoloso conflitto in Medio Oriente con attori terzi contro una potenza nucleare. Israele è l’unica potenza nucleare dell’area e dovrebbe possedere 90 testate. Non vi è, dunque, la garanzia della deterrenza.
Per dissuadere il mondo arabo dall’ingresso nel conflitto, gli USA domenica sera hanno inviato nel Mediterraneo orientale il gruppo d'attacco della USS Gerald R. Ford, che comprende la portaerei della Marina statunitense USS Gerald R. Ford (CVN-78), l'incrociatore missilistico guidato di classe Ticonderoga USS Normandy (CG 60), così come i cacciatorpediniere lanciamissili di classe Arleigh-Burke USS Thomas Hudner (DDG 116). ), USS Ramage (DDG 61), USS Carney (DDG 64) e USS Roosevelt (DDG 80). Lo riporta Itamilradar.
Per i palestinesi è chiaro che ormai non si tratta di una vendetta contro Hamas, ma di una “una punizione collettiva per 2,2 milioni di persone”. Così ha dichiarato ad Al Jazeera un ex membro della Knessett, Sami Abou Shehadeh, chiosando: "Biden ha dato a Israele il via libera alla pulizia etnica".
Navi e droni statunitensi sorveglieranno le coste di Gaza, mentre Israele conduce impunemente i suoi bombardamenti a tappeto. Tra poco le luci a Gaza si spegneranno sull’orrore di una tempesta di piombo fuso, mentre l’Europa proietta sui principali monumenti la bandiera israeliana, come a voler dire: “Forza Israele, avanti con la pulizia etnica dei palestinesi!”.
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