32 morti e 160 feriti: soldi italiani per ammazzare i libici
Il fine settimana di scontri a Tripoli ha lasciato un bilancio di 32 morti e 160 feriti.
In questa rubrica abbiamo già raccontato passo a passo nei mesi scorsi come si sarebbe arrivati a questo punto.
Riavvolgiamo brevemente il nastro per chi si è perso le puntate precedenti.
Lo scorso febbraio il parlamento libico vota la fiducia a Fathi Bashagha, che diventa di fatto premier libico.
Sennonché, Abdulhamid Dabaiba, il premier ormai senza fiducia insediato a Tripoli, sostenuto dall’Occidente, ha deciso di non andarsene e di farsi proteggere da un cordone militare composto dalle ultime milizie rimaste a lui fedeli, tra queste Rada e altre raggruppate sotto il nome di Forza di Deterrenza.
Ufficialmente pro-Dabaiba ma nei fatti su posizioni neutrali resta la Brigata 444 di Misurata.
E’ vero però che da febbraio ormai sono passati 6 mesi e il legittimo premier ancora non si è potuto fisicamente insediare nella capitale.
Tuttavia negli ultimi mesi una serie di milizie e capi militari hanno abbandonato la nave di Dabaiba, un po’ spontaneamente un po’ perché radiati dallo stesso che ormai non si fidava e spesso non a torto.
Queste milizie sono tutte ansiose di guadagnarsi un salvacondotto nella Libia che verrà, perciò abbandonano il governo di Tripoli.
Così ha fatto la milizia Nawasi e in particolare Osama al-Juwaili, figura di spicco del mondo delle milizie libiche nell’ultimo decennio. Sono passati dall’altra parte e da settimane ricevono rifornimenti e rinforzi niente meno che dallo stesso Esercito Nazionale Libico di Haftar, che nel frattempo resta a guardare.
Certo, al termine di questa battaglia fratricida tra milizie di Tripoli, Haftar potrebbe entrare a Tripoli senza colpo sparare e riaffermare la sovranità libica sulla capitale. Molti lo temono, soprattutto in Europa, molti altri se lo augurano, soprattutto in Libia.
Ma non sarà così facile, perché in Tripolitania con le ultime milizie rimaste ci sono consiglieri militari Nato. Anche l’Italia ne ha, a cominciare dall'ammiraglio Placido Torresi che opera sul campo insieme ad alcune centinaia di militari italiani all’interno del Miasit, un accordo militare tra il governo italiano e il governo usurpatore di Tripoli.
Se il conflitto dunque si dovesse intensificare per la presa di Tripoli, saremo noi a difendere Tripoli dai Libici?
Ma questi 32 morti e 160 feriti del fine settimana di fuoco per le strade di Tripoli non sono il bilancio di una tromba d'aria di fine estate.
Hanno delle cause politiche precise.
A cominciare da quei 12 milioni di euro inviati dal governo dimissionario Draghi a fine luglio al governo di Tripoli, di cui nessuno ha parlato.
Ecco dove sono andati a finire.
Altro che Guardia Costiera libica. Anima pia chi lo crede.
Sono andati a sostenere un governo impostore asserragliato nella capitale contro le legittime aspirazioni del popolo. Sono soldi usati oggi per le spese correnti del conflitto in corso.
Con la convinzione che si debba cominciare a parlare di Libia in questa campagna elettorale, noi lo sappiamo, carte alla mano, da un documento ufficiale del governo di Tripoli che sarà contenuto nel libro “L’Urlo - schiavi in cambio di petrolio” (LAD edizioni) che uscirà nei prossimi giorni.