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C’era un tempo in cui anche l’ultimo dei sindacalisti di provincia ben sapeva che per garantire la coesione sociale serve il lavoro. Come magistralmente spiegato dal primo articolo della Costituzione. Quel lavorare fianco a fianco, condividendo pane e fatica, gioie e dolori, unica vera strada per un’effettiva integrazione fra diversi.
E invece no.
Si seguita pervicacemente a evocare battaglie sterili come lo ius soli. Dimenticandosi che la nazionalità non è (e non può mai essere) motivo di discriminazione lavorativa, sempre secondo il dettato di quel pezzo di carta di cui i trattati europei hanno fatto strame.
Ora, da uno che ha rinnegato tutto il rinnegabile come Landini, non mi aspettavo certo un’approfondita analisi di come €uro ed UE abbiano devastato il mercato del lavoro in Italia. Ma difronte a uno scenario apocalittico che ha visto fallire 80mila imprese e perdere mezzo milione di posti di lavoro in un solo anno (e con lo sblocco dei licenziamenti dietro l’angolo) mi sarei aspettato proposte un po’ meno funzionali a prostrarsi ai piedi del grande banchiere. Che so, un bel piano industriale.
Niente di tutto questo.
A dimostrazione ulteriore di come la sinistra e i sindacati italiani, grazie alla loro ottusa e reiterata incapacità di comprendere le reali sfide del presente, abbiano ormai definitivamente perso la loro funzione politica e sociale. Oltre che il senso stesso della storia.
Non servono più a niente. Se non a fare da foglia di fico (sempre più piccola a dire il vero) alle peggiori porcate liberiste. E per questo non li segue più nessuno che non sia un borghese benestante e altolocato. Il popolo del lavoro e delle periferie, quello che vive quotidianamente sulla propria pelle gli effetti delle delocalizzazioni, della distruzione del mercato interno, della compressione salariale, dell’emigrazione giovanile e delle scellerate politiche di immigrazione in assenza di visione d’insieme e risorse adeguate, sta irrimediabilmente da un’altra parte.
A distanza di sicurezza dagli alberi di fico e al (presunto) riparo sotto qualche pero da cui, molto presto, vedremo cadere Landini e tutti quelli come lui.
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