Caso Vannacci: una "faida" tutta interna all'imperialismo
di Leonardo Sinigaglia
E’ notizia di poche ore fa che Forza Nuova avrebbe offerto la candidatura alle elezioni suppletive di Monza per il Senato al generale Roberto Vannacci, divenuto a seguito della polemica attorno al suo libro “Il mondo al contrario” idolo di certa galassia dissidente. Il movimento neo-fascista ha chiesto “un gesto di coraggio” a chi è stato presentato come un “patriota”, ricevendo però un rifiuto da parte di Vannacci, che si è detto non interessato all’agone politico.
Ma accanto ai forzanovisti vi sono moltissimi italiani che hanno visto nelle frasi del generale una positiva presa di posizione contro le ipocrisie e le strumentalizzazioni di narrazioni forzate, invise a una buona parte della popolazione ma, ciononostante, imposte quotidianamente a reti unificate pressoché senza contradditorio. Per quanto Vannacci mostri nelle sue dichiarazioni una totale incomprensione dei fenomeni, analizzati solo superficialmente, spesso per mezzo di luoghi comuni se non tramite vere e proprie farneticazioni, è sicuramente legittimo ritenere inopportuni i continui tentativi di normalizzazione della “fluidità” sessuale e di messa in discussione della famiglia eterosessuale come base delle società umane. Ed è proprio sulle accuse di “omofobia” che si è compattato il fronte che va dal Ministero della Difesa all’ANPI, passando per Partito Democratico e giornali. E’ significativo notare come altre prese di posizione, dagli ignoranti attacchi contro Cina e Unione Sovietica alla semplice negazione dei problemi abitativi nel nostro paese, non abbiano visto significative attenzioni o condanne.
Il problema principale di Vannacci non è né l’omofobia, né la carica “discriminatoria” del suo scritto: il problema è che Vannacci è un bugiardo. Il supposto “patriota” ci tiene a ricordare, in risposta alle accuse di “razzismo” di essersi battuto “in giro per il mondo per il mio Paese e accanto a molti popoli. Ne ho salvati tanti, sono stato al loro fianco”[1]. Parole curiose in quanto nei suoi trentasette anni di servizio nelle forze armate italiane gli episodi in cui il “salvatore di popoli” abbia tutelato la sicurezza del paese e di cittadini italiani si contano sulle dita in una mano.
Entrato nell’esercito nel 1986, Vannacci partecipa come tenente all’intervento militare in Somalia tra 1992 e 1994 nell’ambito della Missione Ibis, durante la quale il personale militare italiano commetterà documentati crimini di guerra ai danni della popolazione locale e di prigionieri, tra cui violenze sessuali e torture. Una pagina nera che si estende all’omicidio della giornalista Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin a seguito di indagini sul traffico illegale di rifiuti tossici tra Italia e Somalia. Tra 1999 e 2000 è Capo delle Forze Speciali dell’ARRC, l’Allied Rapid Reaction Corps, corpo d’armata NATO a guida britannica utilizzato anche in Bosnia a seguito della guerra civile e come quartier generale per le truppe di terra durante l’aggressione alla Jugoslavia nel 1999. Proprio in Bosnia nel 2000 è parte della direzione delle operazioni psicologiche del contingente occidentale. Dopo aver aiutato a gestire l’evacuazione di alcuni cittadini italiani dalla Costa d’Avorio, nel 2009 Vannacci prende parte alla missione ISAF all’invasione militare dell'Afghanistan scatenata dagli Stati Uniti nel 2001, responsabile di centinaia di migliaia di morti e sfollati, dirigendo poi missioni delle forze speciali, tra quelle note, in Libia, Yemen, Somalia e Rwanda. Sempre in Afghanistan è al comando della famigerata ‘Task Force 45’, attivamente impegnata negli scontri contro la guerriglia patriottica anti-occidentale, ricevendo per il suo servizio a favore degli USA una Stella di Bronzo nel 2014. Nel 2018 è nominato capo del contingente terrestre italiano dell’Operazione Prima Parthica, parte della campagna anti-ISIS in Iraq, diretta conseguenza dell’aggressione NATO al paese nel 2003, venendo poi premiato con l’onorificenza statunitense ‘Legion of Merit’.
Una carriera ricca di risultati, ma in cui non c’è traccia di impegno a favore dell’Italia o di altri popoli. Il generale non si è battuto “per il suo paese”, ma per gli interessi strategici di chi “il suo paese” occupa ed umilia, ossia gli Stati Uniti e l’Alleanza Atlantica. Vannacci non si è comportato da “patriota”, ma da ascaro a guida delle truppe coloniali che il regime di Washington reclama in occasione delle sue guerre come ulteriore tributo ai suoi vassalli. Questo dato di fatto, più che qualsiasi presa di posizione più o meno discutibile, dovrebbe bastare a squalificare completamente la figura di Vannacci. Altro che “dissidente”! Egli è tuttora parte integrante del sistema di oppressione internazionale che in tutto il mondo terrorizza, affama e uccide milioni di persone, un sistema che lui mai ha critica o messo in discussione, pur lamentando le pericolosità per i militari italiani dell’uranio impoverito usato nel munizionamento in diversi teatri operativi.
La verità è che se Vannacci avesse sconfessato il suo operato in Medio Oriente, se avesse criticato la totale subordinazione delle istituzioni italiane, e quindi anche dell’esercito, agli interessi statunitensi, denunciando come in nome di interessi del tutto distinti da quelli della stragrande maggioranza degli italiani il nostro Stato abbia preso parte a campagne d’aggressione costate la vita anche a numerosi militari italiani, la condanna sarebbe stata totale, immediata e bipartisan. In questo caso forse Vannacci avrebbe ricevuto punizioni più dure del ritiro del suo incarico all’Istituto Geografico Militare di Firenze, ma almeno avrebbe veramente dimostrato coraggio e un reale carattere “dissidente”. Ma invece non lo ha fatto, e tutto ciò che abbiamo è il patetico teatrino di questi giorni.
La “questione Vannacci” è una faida del tutto interna al sistema culturale dell’imperialismo, scontro tra chi rimpiange i “bei vecchi tempi andati” di un mondo ad immagine e somiglianza dell’America reaganiana e chi invece predilige le nuove vesti arcobaleno e inclusive della dittatura internazionale di Washington. Vannacci, in nulla è diverso se non nella forma da una Schlein qualsiasi, non dovrebbe godere di nessun supporto da parte di chi tiene veramente all’indipendenza e alla libertà dell’Italia e agogna a nuove e più democratiche relazioni tra gli uomini e i popoli.
[1] https://www.quotidiano.net/cronaca/la-difesa-del-generale-vannacci-frasi-travisate-ma-riscriverei-ogni-parola-a9785361