Ciriaco De Mita e il confronto impietoso con la "Seconda Repubblica"
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Se penso a De Mita mi vengono subito in mente due cose. L’imitazione della compagnia del bagaglino di quando ero bambino e, molto più di recente, il dibattito in tv a favore del No al referendum costituzionale. Quando si mangiò letteralmente vivo Matteo Renzi. Un confronto emblematico che mise uno difronte all’altro un arzillo vecchietto che, nonostante l’accento ridicolo, non riusciva a nascondere lo statista raffinatissimo che è stato. E un giovanotto rampante tutto parole e niente pensiero.
Due rappresentanti di classi dirigenti diversissime, due ere geologiche lontanissime di cultura politica italiana.
Una, quella dei partiti, che con tutti i limiti, gli errori e le cadute ha sempre avuto ben chiaro l’interesse nazionale e il ruolo dello Stato ricostruendo e facendo grande l’Italia.
L’altra, personalistica e televisiva, che l’ha smantellata e svenduta nell’esclusivo interesse della grande finanza internazionale. Credo non ci sia altro modo per salutare la morte di un uomo delle istituzioni di tale spessore che riconoscere la profonda ed evidentissima differenza tra le generazioni. Tra prima e seconda repubblica. Ammettendo che chi è venuto dopo è un milione di volte peggiore di chi l’ha preceduto.