Conflitto russo-ucraino. Euroskopia certifica la spaccatura tra governanti e cittadini
di Giacomo Gabellini per l'AntiDiplomatico
Qualche settimana fa, sono usciti i risultati del sondaggio condotto da Euroskopia per saggiare l’opinione degli europei in merito al conflitto russo-ucraino. La rilevazione è stata effettuata entro l’arco temporale intercorrente tra l’8 e il 29 giugno 2022 su circa 9.000 cittadini di nazionalità tedesca, francese, italiana, spagnola, polacca, olandese, austriaca, greca e portoghese distribuiti per età a genere. Un campione di dimensioni relativamente ridotte ma variegato a sufficienza in termini di composizione e stratificazione geografica da restituire un quadro sufficientemente rappresentativo e affidabile degli orientamenti che si registrano all’intero di Paesi capaci di assommare il 77% circa della popolazione totale dell’Unione Europea.
A livello complessivo, il sondaggio certifica che una fetta prevalente degli interpellati attribuisce le maggiori responsabilità dello scoppio del conflitto alla Federazione Russa (78%), condivide la linea d’azione basata sull’invio di armi all’Ucraina sposata dai rispettivi governi (57%), sostiene l’irrogazione di sanzioni mirate contro gas e petrolio russi anche a costo di subirne i relativi contraccolpi economici (58%) e ritiene che la guerra cementerà i legami tra gli Stati membri dell’Unione Europea (48%).
Lo scenario cambia tuttavia radicalmente da un semplice raffronto tra i Paesi presi in esame. In Grecia e Italia, ad esempio, si registra una situazione di gran lunga più equilibrata rispetto alla media per quanto concerne i giudizi sulla ripartizione delle responsabilità rispetto allo scoppio del conflitto, sul sostegno alla consegna di armi all’Ucraina, sull’opportunità di imporre sanzioni contro gli idrocarburi russi e sul grado di coesione tra gli Stati membri dell’Unione Europea che si determinerà in seguito alla guerra. Il 74% degli italiani e il 62% dei greci addossa alla Russia la principale responsabilità del conflitto, ma una quota assai ragguardevole di loro è propensa a chiamare in causa anche gli Stati Uniti (51% dei greci e 37% degli italiani), a differenza di olandesi (5%), polacchi (7%), portoghesi (16%) e francesi (17%).
Ancor più significativa risulta la divaricazione in merito all’invio di armi all’Ucraina, rispetto al quale una maggioranza schiacciante di greci (60%) e italiani (49%) esprime parere contrario, ponendosi in palese controtendenza rispetto a praticamente tutti gli altri. Il livello di approvazione rispetto al sostegno militare a Kiev accordato dai governi europei tocca quota 78% in Portogallo, 77% in Austria, 75% in Olanda, 69% in Polonia, 65% in Spagna, 56% in Francia e 52% in Germania. Greci e italiani risultano molto più freddi della media anche in materia di adozione di sanzioni nei confronti di gas e petrolio russi: si parla di un tasso di approvazione del 40% (53% contrari) per la Grecia e del 46% per l’Italia (33% contrari), a fronte del 74% registrato in Portogallo, del 70% in Olanda (19% contrari) e Spagna (16% contrari), del 65% in Polonia (11% contrari), del 58% in Germania (27% contrari) e del 50% in Francia (24% contrari).
L’Austria si colloca sorprendentemente sulla stessa lunghezza d’onda dei “mediterranei” non solo in materia di fornitura di armi all’Ucraina (45% di favorevoli, 40% di contrari), ma anche per quanto riguarda l’impatto politico del conflitto sull’Unione Europea. Gli austriaci, i greci e gli italiani emergono infatti come i più scettici circa le prospettive di compattamento continentale che la maggior parte dei portoghesi (67%), degli olandesi (60%), dei tedeschi (53%) e degli spagnoli (53%) intravedono dietro la conclusione del conflitto. Allo stesso tempo, l’Austria (64%) si colloca sulla stessa lunghezza d’onda di Germania (60%), Grecia (54%), Italia (50%) e Spagna (50%) rispetto alla disponibilità ad accettare una mutilazione del territorio ucraino pur di giungere ad un accordo di pace, e in forte contrasto con Olanda (27%), Polonia (28%) e Portogallo (41%).
Percezioni comuni, ancorché caratterizzate da diverse sfumature tra Paese e Paese, si registrano soltanto in merito all’insoddisfazione per il modo in cui i governi e l’Unione Europea hanno affrontato l’aumento dei prezzi dell’energia, alla difformità - incompatibilità, in alcuni casi - degli interessi tra Stati Uniti ed Europa rispetto all’Ucraina, e alla necessità di trasformare l’Unione Europea in una potenza militare in grado di competere con Stati Uniti, Cina e Russia.
Un obiettivo, quest’ultimo, difficilmente conciliabile con le opinioni prevalenti circa il rapporto che l’Europa dovrebbe intrattenere con gli Stati Uniti. La media indica che il 34% degli intervistati ritiene che occorra rafforzare il legame transatlantico, il 18% che sia necessario allentarlo e il 33% mantenerlo così come è. Anche in questo caso, solo in Grecia (37%) e in Italia (29%) il fronte propenso all’indebolimento dell’alleanza con gli Usa raggiunge una ragguardevole consistenza. Cifre di un certo peso, per la verità, si rilevano anche in Spagna (22%) e Austria (20%), dove prevale anche la percezione (32% in Spagna, 45% in Austria) che l’adesione di Svezia e Finlandia nella Nato incrementi il rischio di un conflitto in Europa, in linea con quanto riscontrato in Grecia (44%), Italia (39%), Germania (36%) e Portogallo (32%).
La Polonia, viceversa, preme fortemente non solo per un consolidamento delle relazioni con Washington (62%), ma anche per l’integrazione dell’Ucraina nell’Unione Europea (60%), e ritiene che l’adesione alla Nato di Svezia e Finlandia diminuisca anziché aumentare il rischio di conflitto in Europa (40%). Per quanto concerne l’accoglimento dell’Ucraina nell’Unione Europea, soltanto Portogallo (69%) e Spagna (63%) registrano dati comparabili a quelli polacchi.
La disomogeneità di giudizi raggiunge tuttavia il culmine rispetto all’atteggiamento da riservare alla Russia al termine del conflitto. Il 52% degli interpellati ritiene che le sanzioni debbano essere mantenute anche in seguito alla conclusione delle ostilità, ma la quota di approvazione scende vertiginosamente ancora una volta in Grecia (29%), Austria (33%) ed Italia (38%). Paesi, questi ultimi che condividono – nella misura rispettivamente del 63%, del 51% e del 41% – con la Germania (42%) una disponibilità a riallacciare le relazioni commerciali con la Russia all’indomani della guerra nettamente maggiore alla media (35%).
Il sondaggio realizzato da Euroskopia lo scorso giugno delinea insomma un quadro europeo caratterizzato da grande frammentarietà, confermato nelle sue linee essenziali dalla rilevazione effettuata da Ipsos Global Advisor a circa sei mesi di distanza. Da cui emerge che il 30% degli italiani e il 48% dei tedeschi è favorevole all’invio di armi all’Ucraina, a fronte del 52% dei francesi e del 63% dei britannici.
Al riguardo, è interessane notare che, stando ai dati forniti da Ipsos Global Avisor, la maggioranza degli statunitensi – analogamente ad italiani (63%), tedeschi (56%), francesi (53%) e britannici (52%) – è contraria sia a sostenere finanziariamente l’Ucraina (59%) in virtù delle difficoltà economiche in cui versa il proprio Paese, sia ad accordare sostegno militare a Kiev (54%). Tendenze sostanzialmente identiche emergono da un recente sondaggio condotto da Associated Press, secondo cui l’approvazione popolare riscossa dalla fornitura di armi all’Ucraina è diminuita dal 60 al 48% tra il maggio 2022 ed oggi. Quanto alla concessione di finanziamenti, il 37% si è dichiarato favorevole, il 38% contrario.
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