Cosa sta accadendo nel Pakistan conteso da Cina e Usa
PICCOLE NOTE
Diffusa come una notizia di cronaca giudiziaria, l’arresto di Imran Khan in Pakistan sembra molto più di questo. Infatti, sta assumendo i connotati di un golpe, come dimostra l’arresto contemporaneo di Asad Umar, segretario generale del partito di Khan (il PTI, movimento per la Giustizia del Pakistan), arrestato mentre presentava ricorso contro la detenzione del leader del PTI.
Il niet di Khan all’Occidente sull’Ucraina
Quanto sta avvenendo parte da lontano, quando Khan, allora premier del Paese, ebbe ad affermare pubblicamente che il Pakistan non era schiavo dell’Occidente, dichiarazione resa in occasione della richiesta, reiterata e pressante, di aderire alla condanna dell’invasione russa, cosa che Khan non fece.
Poco dopo, la manovra dei suoi nemici per far cadere il governo e mettere al suo posto Muhammad Shehbaz Sharif. Da allora Khan è stato inseguito dalle inchieste giudiziarie ed è stato oggetto di un attentato, al quale è fortunosamente scampato.
Di ieri, l’epilogo, con l’arresto, improvviso e inaspettato, per un caso di corruzione. Nel riferire la notizia, il media pakistano Geo Tv riferiva che “l’arresto di Khan è avvenuto il giorno successivo al rimprovero pubblico ricevuto dai militari per le sue pubbliche e reiterate accuse contro un alto ufficiale, che avrebbe ordito il suo assassinio, e contro l’ex capo delle forze armate, accusato di esser stato la mente della sua rimozione dal potere lo scorso anno”.
L’arresto di Khan, avvenuto in maniera peraltro irrituale (è stato arrestato dai rangers ed è stato inquisito in una stazione di polizia piuttosto che in tribunale), ha scatenato le proteste dei suoi sostenitori, che in questi anni di opposizione hanno dato vita a imponenti manifestazioni di massa nelle quali hanno chiesto invano nuove elezioni.
In questi giorni gli scontri sono dilagati in tutto il Paese. Le autorità hanno schierato l’esercito e sospeso l’accesso a internet, ma la tensione resta alle stelle.
Nonostante abbia un ottimo rapporto con Khan, la Cina ha evitato di sostenerlo pubblicamente perché vanta un proficuo rapporto anche con le élite e l’esercito pakistano, grazie al quale ha conservato la sua influenza nel Paese anche sotto la nuova reggenza, che però ha spostato il suo baricentro politico ripristinando i legami con gli Stati Uniti, erosi durante la reggenza di Khan.
La dialettica tra politica e apparato militare
Ma qualcosa si è rotto e adesso il Paese rischia di sprofondare nel caos. Il premier, giunto a Londra per l’incoronazione di Carlo, sta prendendo tempo prima di decidersi a tornare in patria.
La contesa è interna, ma dietro di essa si sta consumando uno scontro politico più alto tra Washington e Pechino per l’influenza su Islamabad.
Dopo l’arresto di Khan, Washington, per bocca del Segretario di Stato Tony Blinken ha detto di non voler interferire nella questione interna, limitandosi a chiedere il rispettato dei valori democratici. Formula vaga, che nulla dice. Pechino, invece, sta conservando un silenzio assordante, che dice tanto sul suo interesse.
Significativo il report dell’Agenzia Nikkei, che spiega come negli ultimi tempi le élite politiche stiano meditando di virare decisamente verso la Cina, in divergenza con i militari che vogliono conservare l’attuale equidistanza, che gli assicura introiti da ambedue le potenze.
I militari hanno avvertito che il 9 maggio rimarrà un “capitolo oscuro della storia del Pakistan”, annunciando la mano dura se continueranno gli scontri. Sviluppi da seguire.