Dal Potere Marittimo all'Heartland: la strategia di Cina, Russia e Iran
Dal controllo degli oceani al dominio delle terre: la nuova grande partita geopolitica
Le recenti esercitazioni militari congiunte denominate "Security Belt 2025", condotte da Cina, Iran e Russia al largo della costa iraniana, hanno catturato l'attenzione di analisti geopolitici di tutto il mondo. Questa collaborazione marittima rappresenta un passo significativo verso la ridefinizione dell'equilibrio globale del potere, segnalando una crescente convergenza strategica tra queste tre nazioni. E ci conferma come la Cina abbia deciso insieme ai suoi alleati di puntare a realizzare, con caratteristiche cinesi, la teoria di Mahan sul potere marittimo. L'esercitazione non solo mette in evidenza nuove dinamiche di cooperazione militare, ma si inserisce anche in un contesto più ampio di sfida all'egemonia occidentale. Attraverso questa iniziativa, Iran, Cina e Russia stanno dimostrando di essere capaci di integrare il controllo delle rotte marittime con il dominio delle regioni centrali dell'Eurasia, combinando i principi del potere marittimo di Alfred Thayer Mahan con la visione geopolitica dell'Heartland di Halford John Mackinder.
Solidarietà strategica
L'esercitazione "Security Belt 2025" si è articolata in tre fasi principali: una fase di preparazione e assemblaggio, una fase di esercitazioni marittime e una fase di sintesi portuale. Durante la fase marittima, le forze navali dei tre paesi hanno condotto addestramenti intensivi, tra cui attacchi a bersagli marittimi, operazioni VBSS (visit, board, search and seizure), controllo danni e operazioni congiunte di ricerca e salvataggio. Tra gli elementi più spettacolari, sono stati inclusi esercizi di tiro dal vivo con mitragliatrici pesanti contro bersagli marittimi, pratiche di comunicazione luminosa notturna e la simulazione del salvataggio di navi mercantili dirottate.
Secondo Zhang Junshe, un esperto militare cinese, queste attività hanno migliorato notevolmente le capacità operative delle marine coinvolte, concentrandosi su minacce non tradizionali come il terrorismo marittimo e la pirateria. In particolare, l'addestramento ha rafforzato l'interoperabilità tra le flotte cinesi, iraniane e russe, dimostrando una crescente sinergia nei comandi congiunti e nelle capacità di attacco coordinato.
Dal punto di vista operativo, l'esercitazione ha visto la partecipazione di unità navali di alto profilo. La Cina ha schierato il cacciatorpediniere lanciamissili Baotou e la nave di rifornimento Gaoyouhu, appartenenti al 47° gruppo di scorta della Marina dell'Esercito Popolare di Liberazione (PLA). L'Iran ha mobilitato oltre dieci navi di vario tipo, tra cui i cacciatorpediniere Jamaran e Alvand, mentre la Russia ha dispiegato unità come la corvetta Hero of the Russian Federation Aldar Tsydenzhapov e la Rezky. Oltre ai paesi direttamente coinvolti, osservatori provenienti da Sudafrica, Pakistan e Oman hanno assistito all'esercitazione, amplificando ulteriormente il suo impatto diplomatico.
Una risposta all’Occidente
Le implicazioni geopolitiche di questa esercitazione vanno ben oltre le competenze tecniche acquisite sul campo. Secondo il professor Darlington Ngoni Mahuku, docente presso il Dipartimento di Pace e Governance dell'Università di Bindura, Zimbabwe, "le esercitazioni congiunte riflettono un desiderio di creare quadri alternativi di potere e sicurezza, sganciandosi dalle istituzioni dominate dall'Occidente e tracciando nuove vie per la solidarietà regionale e la stabilità".
Mahuku ha sottolineato che l'iniziativa mira esplicitamente a contrastare l'egemonia della NATO, un'alleanza militare occidentale che, secondo lui, è stata "costantemente utilizzata" per mantenere il dominio globale dell'Occidente. Attraverso queste manovre, Iran, Cina e Russia stanno cercando di consolidare una partnership strategica volta a ridimensionare l'influenza occidentale e promuovere un ordine internazionale multipolare.
Come ha affermato il professor Mahuku, "queste esercitazioni servono come un promemoria che le potenze occidentali non possono più dettare unilateralmente la politica globale". Quindi rappresentano un chiaro tentativo di emergere come contropeso all'egemonia occidentale, dimostrando che i paesi emergenti, in collaborazione con potenze come Russia e Cina, stanno rivendicando un ruolo sempre più centrale nella governance globale.
Il Potere Marittimo: la teoria di Alfred Thayer Mahan
La crescita del potere marittimo di Iran, Russia e Cina può essere analizzata attraverso le lenti della teoria del potere marittimo elaborata da Alfred Thayer Mahan, uno dei principali pensatori strategici del XIX secolo. Secondo Mahan, il controllo degli oceani è fondamentale per il dominio globale, poiché il mare rappresenta la "grande strada comune" che collega i mercati mondiali e consente il trasporto di beni, risorse e forze militari. Per acquisire un'influenza duratura, una nazione deve possedere una flotta navale potente, basi strategiche in posizioni chiave e un'economia marittima robusta.
Le esercitazioni congiunte di "Security Belt 2025" riflettono un chiaro tentativo di queste tre potenze di consolidare il loro potere marittimo:
Cina - Negli ultimi decenni, Pechino ha investito massicciamente nella modernizzazione della sua Marina, ampliando la sua capacità di proiezione di potere nel Mar Cinese Meridionale, nell'Oceano Indiano e persino fino al Golfo Persico. L'accesso al porto di Chabahar in Iran, utilizzato durante le esercitazioni, è un passo strategico verso il controllo delle rotte marittime vitali per il commercio internazionale. Questa mossa rientra nella più ampia strategia cinese della "Belt and Road Initiative" (BRI), che mira a creare una rete di infrastrutture terrestri e marittime per connettere l'Asia all'Europa e all'Africa.
Russia - Mosca, pur essendo tradizionalmente una potenza terrestre, cerca costantemente di espandere la sua influenza marittima, soprattutto nel Mediterraneo e nell'Oceano Indiano. La partecipazione russa alle esercitazioni "Security Belt 2025" dimostra l'intenzione di consolidare la sua presenza strategica in aree critiche come lo Stretto di Hormuz, un punto nevralgico per il trasporto di petrolio.
Iran - Pur non avendo una flotta comparabile a quella di Cina o Russia, l'Iran sfrutta la sua posizione geografica privilegiata nel Golfo Persico per esercitare un'influenza significativa sulle rotte marittime. Il controllo del porto di Chabahar e la collaborazione con potenze come Cina e Russia consentono a Teheran di amplificare la sua rilevanza strategica in Medio Oriente.
Secondo Mahan, il controllo delle rotte marittime e delle basi strategiche è cruciale per garantire la sicurezza nazionale e promuovere l'influenza geopolitica. Attraverso esercitazioni come "Security Belt 2025", Iran, Cina e Russia stanno dimostrando di essere sempre più capaci di coordinare i loro sforzi per proteggere interessi comuni e contrastare il dominio occidentale nei mari.
Il controllo dell'Heartland: la Visione di Halford John Mackinder
Oltre al potere marittimo, è importante considerare il ruolo dell'Heartland, un concetto centrale nella teoria geopolitica di Halford John Mackinder. Nel suo famoso articolo del 1904, "The Geographical Pivot of History", Mackinder sosteneva che il controllo dell'Heartland – la vasta regione centrale dell'Eurasia, che include parti della Russia, dell'Asia Centrale e del Medio Oriente – fosse fondamentale per il dominio globale. Secondo Mackinder, "Chi controlla l'Heartland, controlla il World-Island (l'Eurasia); chi controlla il World-Island, controlla il mondo".
Le collaborazioni tra Iran, Cina e Russia si inseriscono perfettamente in questa prospettiva. Ecco come queste potenze stanno lavorando per consolidare il loro controllo sull'Heartland:
Russia - Come erede dell'Impero russo e dell'Unione Sovietica, la Russia ha sempre avuto una forte presenza nell'Heartland. Oggi, Mosca sta rafforzando la sua influenza in Asia Centrale e nel Caucaso, regioni strategiche per il controllo delle risorse energetiche e delle vie di comunicazione terrestri. Le esercitazioni congiunte con Iran e Cina rappresentano un'estensione di questa strategia, mirando a integrare il potere marittimo con il controllo territoriale.
Cina - Attraverso la Belt and Road Initiative, la Cina sta costruendo corridoi terrestri e marittimi che collegano l'Asia orientale all'Europa e all'Africa. Questi corridoi passano spesso attraverso l'Heartland, permettendo a Pechino di esercitare un'influenza crescente in regioni come il Kazakistan, il Turkmenistan e l'Iran. La cooperazione con Russia e Iran consolida ulteriormente questa strategia, creando una sinergia tra il potere marittimo e il controllo territoriale.
Iran - Situato strategicamente tra il Golfo Persico e l'Asia Centrale, l'Iran funge da ponte naturale tra il potere marittimo e il controllo dell'Heartland. Il porto di Chabahar, ad esempio, è un nodo cruciale per il trasporto di merci verso l'Afghanistan e l'Asia Centrale, mentre le sue relazioni con Russia e Cina lo rendono un attore chiave nella competizione per l'influenza regionale.
Approccio integrato: potere marittimo e controllo dell'Heartland
La combinazione del potere marittimo e del controllo dell'Heartland rappresenta una strategia particolarmente efficace per queste tre potenze. Mentre il potere marittimo garantisce il controllo delle rotte commerciali e la proiezione di forza su scala globale, il dominio dell'Heartland offre accesso alle risorse energetiche e ai corridoi terrestri che collegano Europa, Asia e Africa. Questo approccio integrato riflette una visione geopolitica complessa e articolata, che mira a sfidare l'egemonia occidentale su entrambi i fronti.
In questo contesto, "Security Belt 2025" non è solo un'esercitazione militare, ma un simbolo della volontà di Cina, Iran e Russia di costruire un nuovo ordine mondiale multipolare. Attraverso la cooperazione strategica, queste potenze stanno cercando di ridefinire le dinamiche globali, integrando il pensiero di Mahan e Mackinder per creare un sistema di sicurezza alternativo a quello dominato dall'Occidente.
Europa fuori dalla storia
Intanto l’Unione Europea annaspa in una crisi autoinflitta a causa di scelte miopi e per aver accettato di muovere guerra alla Russia per interessi transatlantici. Adesso l’Unione punta sul riarmo dopo aver massacrato i popoli europei con anni di austerità neoliberista. Il piano "ReaArm Europe" si propone di aumentare in maniera esorbitante le spese militari degli Stati membri dell'UE in linea con i criteri della NATO. Tuttavia, questo approccio appare disconnesso dalle reali dinamiche geopolitiche. L'Europa, nel suo insieme, non ha una strategia coerente per affrontare le minacce emergenti, come la competizione multipolare, il controllo delle rotte marittime o il dominio dell'Heartland. Invece di concentrarsi su progetti concreti di cooperazione strategica, il piano si limita a incrementare gli arsenali nazionali.
Il piano di riarmo europeo rappresenta inoltre uno spreco di risorse in un momento in cui l'Europa sta affrontando una grave crisi multidimensionale: economica, energetica e sociale. Investire miliardi di euro in nuove armi e sistemi militari, anziché in settori strategici come l'energia, l'innovazione tecnologica o la salute pubblica, è una scelta miope che rischia di aggravare ulteriormente le difficoltà dei cittadini europei.
Inoltre, il costo delle moderne tecnologie militari è esorbitante, e molti Stati membri dell'UE non dispongono delle infrastrutture necessarie per utilizzarle efficacemente. Ad esempio, l'acquisto di caccia di quinta generazione come l'F-35 da parte di alcuni paesi europei è stato criticato per essere sproporzionato rispetto alle reali capacità operative. Questo tipo di investimento non solo assorbe risorse preziose, ma rischia anche di creare un divario sempre più ampio tra le potenze militari europee e quelle globali, come Cina, Russia e Stati Uniti.
Il piano "ReaArm Europe" rischia poi di alimentare una nuova corsa agli armamenti, destabilizzando ulteriormente il già precario equilibrio globale. Invece di promuovere la diplomazia e il dialogo, l'aumento delle spese militari europee potrebbe essere interpretato come una provocazione da parte di altre potenze, come Russia e Cina, che potrebbero rispondere con ulteriori investimenti in armamenti avanzati. Questo circolo vizioso di militarizzazione non fa altro che aumentare il rischio di conflitti regionali e globali, senza offrire soluzioni concrete ai problemi di fondo.
Inoltre, il piano europeo di riarmo non tiene conto del fatto che molte delle minacce attuali – come il terrorismo, la pirateria e la guerra informatica – richiedono approcci diversi dalla semplice accumulazione di armi convenzionali. Investire in intelligence, cyber-sicurezza e diplomazia preventiva sarebbe molto più efficace nel contrastare queste minacce non tradizionali, rispetto all'acquisto di carri armati e aerei da combattimento.
Uno dei principali difetti di "ReaArm Europe" è l'assenza di una visione strategica coerente. Mentre potenze come Cina, Russia e Iran stanno integrando il pensiero di Mahan sul potere marittimo con la teoria di Mackinder sull'Heartland, l'Europa sembra incapace di elaborare una strategia complessiva che colleghi la sicurezza interna con quella esterna. Ad esempio, il controllo delle rotte marittime e delle infrastrutture energetiche è cruciale per la sicurezza europea, ma il piano di riarmo non prevede alcuna misura specifica per proteggere questi asset vitali.
Il piano "ReaArm Europe" rappresenta un esempio classico di come la mancanza di una visione strategica coerente possa portare a decisioni controproducenti e dannose. In un mondo sempre più multipolare e interconnesso, la semplice accumulazione di armi non offre alcuna soluzione reale alle sfide globali. Al contrario, rischia di alimentare tensioni, sprecare risorse e destabilizzare ulteriormente il sistema internazionale.
Mentre Cina, Russia e Iran dimostrano di essere capaci di integrare il potere marittimo con il controllo territoriale, l'Europa rimane intrappolata in un approccio obsoleto e sostanzialmente inutile.
Europa ai margini della geopolitica
L'Europa si trova in una posizione di crescente marginalità. Questa condizione non è solo il risultato di fattori esterni, come l'ascesa di Cina, Russia e paesi del cosiddetto sud del mondo, ma è anche il frutto di un approccio geopolitico che penalizza i popoli europei. La mancanza di una strategia basata sulla sovranità nazionale e sulle specificità dei singoli Stati membri ha lasciato il continente privo di una visione coerente per affrontare le sfide del XXI secolo. Tuttavia, proprio nell'affermazione della sovranità nazionale risiede la chiave per rilanciare il ruolo dell'Europa nel mondo.
La mancanza di una strategia basata sulla sovranità nazionale ha penalizzato i popoli europei, lasciandoli esposti alle pressioni delle èlite globali. Tuttavia, l'affermazione della sovranità nazionale può diventare una forza trainante per il futuro dell'Europa. Quando le decisioni vengono prese a livello nazionale, sono più vicine alle esigenze e alle priorità dei cittadini. Questo aumenta la legittimità democratica e riduce il rischio di politiche distanti e inefficaci. Gli Stati nazionali possono agire in modo più rapido e flessibile rispetto a istituzioni centralizzate che non rispondono ad alcun interesse o volontà popolare. Altro che democrazia europea di cui vanno cianciando certi guerrafondai europeisti.
La sovranità nazionale permette anche di preservare le identità culturali e le tradizioni locali, che sono essenziali per il benessere dei popoli europei. Invece di imporre un modello unico, ogni nazione può sviluppare una politica estera e di sicurezza che rifletta la sua storia e i suoi valori. La sovranità nazionale non significa isolamento. Al contrario, gli Stati europei possono collaborare su base volontaria quando hanno interessi comuni.
L'Europa non deve necessariamente rimanere ai margini della geopolitica globale. Attraverso l'affermazione della sovranità nazionale, i popoli europei possono rilanciare il loro ruolo nel mondo, proteggendo i propri interessi e promuovendo la pace e la prosperità. In un mondo sempre più multipolare, la vera forza dell'Europa risiede nella diversità e nell'autonomia dei suoi Stati nazionali. Solo rispettando questa diversità e valorizzando la sovranità nazionale, l'Europa potrà sperare di riacquistare un ruolo significativo sulla scena globale, garantendo al tempo stesso la libertà e il benessere dei suoi popoli. La sovranità nazionale non è un ostacolo alla cooperazione europea, ma una condizione indispensabile per renderla efficace e sostenibile.
Verso un nuovo equilibrio globale
In ultima analisi possiamo affermare che in un mondo sempre più multipolare vediamo paesi come Cina, Russia e Iran, lavorare alacremente per l'ordine globale, integrando il potere marittimo di Mahan con la visione geopolitica dell'Heartland di Mackinder, adattando questi concetti alle esigenze odierne e rendendoli funzionali al nuovo ordine in costruzione. Questa strategia sinergica dimostra come queste potenze stiano cercando di contrastare la morente egemonia occidentale e promuovere un sistema internazionale alternativo. Al contrario, l'Europa si trova in una posizione di crescente marginalità, penalizzata da scelte miopi come il piano "ReaArm Europe", che non solo spreca risorse preziose ma ignora le reali dinamiche geopolitiche. Per rilanciare il proprio ruolo nel mondo, i popoli europei dovrebbero quindi tornare alla sovranità nazionale come strumento per proteggere le proprie identità, valorizzare le specificità locali e agire in modo flessibile e autonomo. Solo attraverso una cooperazione volontaria tra Stati sovrani, basata su interessi comuni e rispettosa delle diversità, l'Europa potrà sperare di riacquistare influenza globale, garantendo pace, prosperità e autodeterminazione per i suoi cittadini. La vera sfida del XXI secolo non è la militarizzazione forzata o la centralizzazione burocratica, ma la capacità di costruire un futuro sostenibile e multipolare, rispettando le esigenze dei popoli e le complessità del mondo moderno.