Darya Dugina – un ricordo indelebile

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Darya Dugina – un ricordo indelebile

 

“Darya è stata uccisa, Darya non c’è più”, solo ora riesco a realizzare e a scrivere. I primi giorni subito dopo l’annuncio della sua morte, il senso di orrore e la consapevolezza di questa perdita enorme mi paralizzava.

Orrore per la sua morte prematura, orrore per il suo crudele omicidio e orrore anche per il dolore atroce che è toccato al padre Aleksandr Dugin, a cui va tutto il mio affetto, la mia vicinanza e il mio cordoglio.

Di Darya in questi giorni è stato scritto di tutto e di più, da amici e da nemici, semplicemente da persone che non hanno mai avuto il privilegio di conoscerla personalmente, oppure da chi, magari, l’ha incontrata più o meno occasionalmente.

Per me è diverso, La conoscevo da tempo, ci siamo incontrati la prima volta anni fa quando era conduttrice televisiva del programma “Nasha tochka zreniya” (Il nostro punto di vista) al canale Tsargrad. Spesso, di passaggio a Mosca tornando dal Donbass, m’invitava a partecipare al suo programma, voleva sentire e presentare ai telespettatori la mia testimonianza diretta.

Ci siamo incontrati varie volte e in diverse occasioni: conferenze, programmi televisivi.. quando c’era tempo Darya si soffermava a parlare di ciò che amava profondamente: la Russia, la sua Fede ortodossa, la Patria..

Per Darya la Russia non era solo il Suo Paese ma era una dimensione spirituale attraverso la quale si realizzava e sublimava la propria esistenza. Lei incarnava il senso più profondo della Russia. Concetti, questi, nemmeno accessibili al comune orizzonte valoriale dell’Occidente.

Aveva solo 29 anni, ma, degna figlia di Suo padre, era già nota come acuta politologa e giornalista affermata, era ospite in numerosi programmi televisivi, soprattutto presenza costante al programma “Otkrytyj Efir” (Etere aperto) del canale Svezda.

Darya, addirittura è stata la persona che mi ha dato la possibilità, a mia volta di partecipare a questo programma ogni qual volta passavo per Mosca.

Immaginate nel mondo del giornalismo, mondo che si basa sulla competizione spietata, sulla difesa dei propri “contatti”, un collega che invita un altro collega a prendere parte a un programma televisivo solo per generosità e amicizia. Questa è pura fantasia se solo proviamo a proiettare tale esempio nel contesto italiano fatto di soggetti disposti a tutto, anche a raccontare versioni distorte dei fatti, anche a rinnegare gli amici, pur di racimolare un pizzico di visibilità o qualche spicciolo da mettere in tasca! Ma questa è “la palude”, come direbbe il padre Aleksandr, e Darya viveva in una dimensione proiettata verso altri ideali incommensurabilmente più elevati: “Voglio stare dalla parte delle forze della luce” come disse a Suo padre nella loro ultima conversazione.

Ricordo il Suo entusiasmo, la Sua capacità persuasiva, la Sua forza d’animo, la Sua coerenza, tutta orientata verso i Suoi ideali che erano il Suo unico imprescindibile cammino verso la Sua piena realizzazione, non solo professionale ma soprattutto esistenziale.

Eppure Darya è stata uccisa: assassinata brutalmente da terroristi spietati - esecutori e mandanti -  che hanno fatto esplodere l’auto con la quale stava rientrando dopo aver partecipato al festival “Tradizione” tenutosi fuori Mosca.

Qualcuno ipotizza che l’obiettivo reale fosse Suo padre, ma poi avrebbero colpito Lei. Personalmente non ci credo. Uccidendolo, gli avrebbero risparmiato questo strazio enorme, una pena che ora lo tormenterà senza sosta fino all’ultimo giorno della sua vita.

L’obiettivo sta proprio in questa manifestazione di assoluta spietatezza. Far vedere fino a che punto possono arrivare!

Già Erodoto scriveva: “In pace i figli seppelliscono i padri, mentre in guerra sono i padri a seppellire i figli”. Questa sentenza sempre attuale delinea,  purtroppo, anche i tempi presenti.

La storia dell’Occidente è una serie infinita di guerre, ma era proprio l’orrore che suscitavano queste guerre a diventare l’elemento riparatore che portava poi i popoli europei a cercare la via della pace.

Ci basti vedere cosa riporta la Costituzione italiana all’art. 11 quando dice: “L’Italia ripudia la guerra”, queste parole nascono dall’orrore della Seconda Guerra Mondiale.

Ora invece non c’è più nessun orrore – sparito -, rimane solo un’umanità insensibile e disumanizzata appiattita sull’immanente, sull’effimero, che galleggia su un presente “liquido” senza alcun slancio verso l’ideale, verso il trascendente, verso il Divino.

Di fatto, quello che colpisce di questo vile attentato non è solo la morte di una giovane intellettuale, ma il silenzio successivo dei media mainstream e degli esponenti politici: nessuna solidarietà, nessuna condanna ufficiale.. Non voglio nemmeno citare e menzionare il modo vergognoso di come alcuni media italiani e in genere occidentali hanno annunciato la Sua morte. Evidentemente anche questa è “la palude”. È impossibile leggere quelle annotazioni senza provare un certo disagio, tuttavia questa è la prova che il processo di disumanizzazione della società è già attivo e sta già dando i suoi frutti velenosi: persone senza il senso dell’etica, senza sentimenti, che non riescono più nemmeno a provare il basilare senso di orrore e pietà di fronte alla sofferenza. In fondo, rappresentano la prova inconfutabile della decomposizione dell’Occidente, ampiamente spiegata dal professor Dugin nella sua filosofia e dalla stessa Daria.

Ecco, coloro che hanno assassinato Darya certamente La odiavano non soltanto per il Suo lavoro da giornalista ma per le Sue idee, come odiano anche il professor Dugin, sostenitore delle teorie eurasiste, per la sua lealtà alla tradizione, per la sua lucida lettura del presente, per essere riuscito a formulare un’idea alternativa alla globalizzazione neoliberista, soprattutto per aver individuato i significati di una nuova era non solo per la Russia, ma per il mondo intero.

Con l’intervento della Russia in Ucraina è iniziata l’era che Dugin aveva preconizzato – il ritorno della Russia nella sua forma spirituale e concettuale. Ecco perché hanno deciso di punirlo e colpirlo, colpendo sua figlia: quando non si riesce a sconfiggere “l’idea”, l’odio si rivolge contro colui, o coloro, che osano pensare diversamente da come è consentito pensare. Il riferimento è certamente all’élite globalista occidentale che persegue l’ideologia antiumana del transumanesimo, che la Russia sta energicamente contrastando.

La “cultura della cancellazione” diffusa in Occidente, che ora si accanisce contro tutto ciò che è russo, di esempi ce ne sono già molti, si sta trasformando sistematicamente in una politica del terrore, che prevede persino l’assassinio, con funzione intimidatoria, verso coloro che personificano la resistenza russa o semplicemente lo spirito russo.

Nessun omicidio, nessun terrore riuscirà però a fermare il corso della storia russa, a sconfiggere gli ideali che la guidano e che hanno determinato e continueranno a determinare la sua posizione nella storia.

Davanti alla perdita di Darya rimane vivo il dolore e lo sgomento. Il filosofo Pavel Floreskij davanti al mistero della vita e della morte scriveva: “Tutto passa, ma tutto rimane. Questa è la mia sensazione più profonda: che niente si perde completamente, niente svanisce, ma si conserva in qualche modo e da qualche parte. Ciò che ha valore rimane, anche se noi cessiamo di percepirlo”.. Mi raccolgo intorno a questo pensiero.

Riposa in pace Darya

Eliseo Bertolasi

Eliseo Bertolasi

Eliseo Bertolasi, PhD in antropologia culturale, russista, corrispondente per media russi e reporter dal Donbass

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