Effetto Baby Boomer? Il dramma degli homeless anziani negli Stati Uniti

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Effetto Baby Boomer? Il dramma degli homeless anziani negli Stati Uniti



Beatrice Herron, 73 anni, una vita da metalmeccanica, pensionata, mangia alla mensa dei poveri, dorme nei rifuggi dei senzatetto, tormentata dalla puzza di sudore e di piscio.

Fa già caldo a Phoenix, Arizona. Oggi sono previsti 38°. Bea si aggira con il suo tappetino, cercando riparo sotto la tenda del camper di una clinica mobile.

Sarà una giornata difficile, altri accattoni cercheranno di rubarle la borsa. Ci vorrebbe una poltrona, un televisore via cavo, una pala per smuovere l’aria. Ci vorrebbe una casa.

Il sistema di sicurezza sociale americano, scrive Christopher Rowland sul Washington Post, è investito e travolto dall’onda demografica del Baby Boom. 

Secondo i dati del dipartimento USA per la casa e lo sviluppo urbano (huduser.gov) nel 2019 duecentocinquanta mila americani con un’età superiore a 55 anni non avevano una casa dove dormire (Homeless).

Questi 250 mila sono una piccolissima avanguardia di una fiumana di 70 milioni di americani nati dopo la seconda guerra mondiale e noti come generazione del Baby Boomer, il più giovane dei quali quest'anno compie 59 anni.

La situazione di Phoenix si ripete a Orange County in California, a San Francisco, Portland, Oregon e Anchorage. Dappertutto si vedono anziani senza tetto e rifuggi di fortuna.

Il Central Arizona Shelter Services (CASS), il più grande fornitore di dormitori dell'Arizona, si sta affrettando per aprire quest’estate un rifugio per over 55. Nel 2022, dice il CASS, le richieste sono aumentate del 43%.

Dennis Culhane, dell’Università della Pennsylvania, dice che gli anziani senzatetto raddoppieranno (o triplicheranno) rispetto al 2017, per raggiungere il picco nel 2030.

La vita in strada è dura, soprattutto per un anziano. Devasta il copro. È causa di malattie croniche, di deficienze e demenza che portano gli anziani a trasferirsi dai dormitori agli ospedali e dagli ospedali agli ospizi, e da questi, quando si sono rimessi, di nuovo alla strada, in un giro infernale che non passa mai da casa.

Questa è l’America. Questi sono i Boomers. Dove l’immagine di una felicità domestica, con tanto di tacchino, figli e nipoti, si vede solo in qualche serie televisiva d'esportazione. Non c’è stato alcun Boom demografico – in America e in Italia. Nel periodo che va dal 1945 al 1964, non ci sono state più nascite che nei decenni precedenti. Tra il 1910 e il 1924 il tasso grezzo di natalità è stato del 28%. Negli anni 30 è sceso appena sotto il 20%, e dopo la guerra è tornato (mediamente) intorno al 25%. Il declino è iniziato dopo il 1964, con una perdita di 10 punti tra il 1964 e il 2008.

In Italia la curva è ancora più piatta. Nel 1941 i nuovi nati sono stati 950 mila, nel 42 ancora 950 mila. Nel 1946 (e per tre anni consecutivi) sono aumentati di uno zic, arrivando a 1039 nel 47, per poi scendere a livelli mai toccati, se non durante la grande guerra. Dunque, niente boom, e niente boomers.

Cosa si nasconde dietro l’effetto Boomers? I boomers sono nativi Welfare State. Dopo la guerra, per effetto del Welfare State e della piena occupazione, la famiglia tradizionale conosce una crisi irreversibile. La forte tassazione e la spinta a consumare il risparmio svuota di ogni contenuto il concetto di erede.

Non dissimile, scrive Adorno, è la sorte delle figlie, da quando possono guadagnarsi un reddito. La famiglia non garantisce più in modo sicuro la vita materiale dei membri e non può proteggere più contro il mondo esterno. Il ruolo di protezione viene demandato agli istituti di previdenza sociale, alla pensione, al sussidio di disoccupazione, malattia, maternità, infortunio. Gli ospedali si prendono cura di noi quando siamo malati, i nido ci cullano alla nascita, la scuola pubblica ci forma, l’Inps è il nostro bastone della vecchiaia, e un sistema di edilizia pubblica ci garantisce un alloggio sicuro e confortevole.

In questo penoso presente, persone che hanno lavorato e consegnato il proprio destino nelle mani dello Stato, sono rappresentate dalla stampa e dalla scienza come un fiume di scansafatiche, ex-tossicodipendenti, femministe edoniste, queer, automomi, fricchettoni, rocchettari, invasati perdigiorno, frutto di un eccesso demografico, accampati nei nostri giardini, l’erba verde appena tagliata, giù i ciapamerd.

Leo Essen

Leo Essen

Ha studiato all’università di Bologna con Gianfranco Bonola e Manlio Iofrida. È autore di Come si ruba una tesi di laurea (K Inc, 1997) e Quattro racconti al dottor Cacciatutto (Emir, 2000). È tra i fondatori delle riviste Il Gigio e Da Panico. Scrive su Contropiano e L’Antidiplomatico.

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