Francesco Erspamer - Il consumismo della propaganda
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Durante la seconda guerra mondiale gli italiani si sintonizzavano sui canali propagandistici americani e inglesi (Voice of America, Radio Londra); non credo che credessero a tutto ciò che ascoltavano ma lo confrontavano con la propaganda fascista e ne traevano le loro conclusioni.
Oggi continuano ad ascoltare la propaganda americana e inglese: solo che non c’è nient’altro con cui confrontarla visto che giornali, telegiornali e internet ne riprendono passivamente fatti e interpretazioni. Ma agli italiani va benissimo così: non vogliono trarre conclusioni, solo trovarsi dalla parte dei vincitori e così sentirsi anche loro dei vincenti. Infatti stanno rapidamente anglicizzando la loro lingua.
Non credo che si tratti di conformismo, piuttosto di consumismo, ossia della convinzione che la differenza non si debba manifestare sincronicamente, nel presente, dove sarebbe causa di incertezze, dissintonie, conflitti e dunque inappropriata; molto meglio seguire in massa e allo stesso tempo le mode e celebrity sufficientemente pubblicizzate, salvo sostituirle con altre non appena ci sia il rischio che possano stabilizzarsi e magari venire comprese e generare sospetto o fastidio. Tutto sempre all'unisono. Ma il peggio è che questo frenetico susseguirsi e cancellarsi di novità mai verificate sia spacciato per molteplicità, per varietà, per complessità, per emancipazione.