Il piano di Israele per impedire la visita di Francesca Albanese (Onu) nei territori occupati
Israele non si fa mai mancare l’occasione per mostrare la sua arroganza, frutto dell’impunità che gode tra la comunità internazionale, intesa come paesi occidentali.
Questa volta come ha rivelato il sito di notizie israeliano Yedioth Ahronot, Tel Aviv ha elaborato un piano per impedire l'ingresso della rappresentante del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (UNHRC), Francesca Albanese, per il suo esplicito sostegno al diritto all'esistenza della Palestina.
Albanese, un avvocato italiano, nominata "Relatore speciale sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati dal 1967", ha il compito di riferire sugli abusi israeliani nella Gerusalemme occupata, nella Cisgiordania e a Gaza.
Prima della sua prevista visita nella Palestina occupata a dicembre, Albanese è stata informata dei ritardi nel processo di rilascio del visto, sollevando preoccupazioni sulla possibilità che Israele le bloccasse l'ingresso.
In un tweet del 29 novembre, ha affermato che i funzionari israeliani hanno promesso di facilitare il suo ingresso in Cisgiordania e Gerusalemme. Tuttavia, giorni dopo, Albanese li ha accusati di "manipolazione", poiché avevano fatto marcia indietro rispetto alla loro dichiarazione.
Following Smear Campaign, #Israel Considers Barring #UN Special Rapporteur @FranceskAlbs from Entering #Palestine, #Israel https://t.co/gi96wcy2BH via @PalestineChron pic.twitter.com/kQJnJQN9zb
— The Palestine Chronicle (@PalestineChron) December 1, 2022
Secondo i media israeliani, Albanese sarebbe "colpevole" di aver fatto diverse "osservazioni anti-israeliane", tra cui diverse "rivolte a funzionari di Hamas e della Jihad islamica [palestinese] che hanno partecipato a una conferenza a Gaza la scorsa settimana".
Il discorso di Albanese alla conferenza è stato trasmesso in diretta sui media arabi locali, mentre ribadiva a un pubblico di soldati della resistenza del loro "diritto di resistere a questa occupazione".
Inoltre, ha accennato al suo rifiuto della proposta dei due stati come soluzione adeguata a porre fine al conflitto israelo-palestinese.
“La Cisgiordania, Gerusalemme Est e Gaza sono ciò che resta della Palestina storica. Questa affermazione non è nuova, ma aiuterà la comunità internazionale a sentirsi a disagio con la soluzione dei due Stati", ha ricordato Albanese.
All'inizio di aprile, Israele ha inviato ufficialmente una lettera di protesta all'UNHRC, prendendo di mira la nomina di Albanese e accusandola di non essere adatta alla posizione.
Lo ha ribadito il consulente legale della missione israeliana presso le Nazioni Unite, Merav Marks, che si è schierato contro di lei e l'ha accusata di “covare pregiudizi significativi contro lo Stato ebraico”.
“Israele condanna con la massima fermezza la nomina di Albanese. Questo è già un mandato unilaterale dedicato a delegittimare e demonizzare Israele", aveva denunciato Marks all'epoca.
Israele ha a lungo preso di mira funzionari delle Nazioni Unite e gruppi per i diritti umani per i loro rapporti sulle violazioni dei diritti umani nei territori occupati e ha chiuso innumerevoli ONG finanziate dall'UE e dagli Stati Uniti che sostenevano i rifugiati.
Il 7 maggio 2018, Israele ha revocato il permesso al direttore di Human Rights Watch (HRW) nato negli Stati Uniti in Israele e Palestina, Omar Shakir, e lo ha costretto ad andarsene entro due settimane.
"Non si tratta di Shakir, ma piuttosto di mettere la museruola a Human Rights Watch e chiudere le critiche alla situazione dei diritti di Israele", aveva lamentato Iain Levine, vicedirettore esecutivo di HRW.
Nell'ottobre 2021, Israele aveva designato una mezza dozzina di ONG palestinesi locali finanziate dall'Occidente come organizzazioni terroristiche, tagliando il sistema di sostegno di migliaia di rifugiati impoveriti della Cisgiordania.
In particolare, il 14 novembre, è stato rivelato che le ONG israeliane di sorveglianza presso le Nazioni Unite hanno preso di mira il sostentamento di dozzine di dipendenti dell'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e il lavoro (UNRWA) per "il crimine di sostenere la causa palestinese".
In tutto questo, c’è da registrare il silenzio del governo italiano nella vicenda. Sono lontani i tempi della bistrattata, a volta anche a ragione, Prima Repubblica, quando i governi a guida democristiana esprimevano una posizione quantomeno non ostile ai palestinesi guadagnandosi rispetto e stima.
Negli ultimi 30 anni i governi di centrodestra così come quelli di centrosinistra hanno dimostrato il loro servilismo a Israele per obbedire ai dettami di Washington.