Il “sacco di Catania”: sulla cementificazione selvaggia del versante etneo
di Emanuele Feltri
A Catania esisteva un grande lago e un grande fiume!
La città in più epoche, venne progettata e ricostruita più volte ma lasciando al lago e al fiume il loro spazio.
L’eruzione del 1669 coprì il lago e il terremoto del 1693 rase al suolo la città.
Nella ricostruzione, Giovan Battista Vaccarini, usò per la prima volta delle tecniche antisismiche per i palazzi e creò grandi strade e piazze per le vie di fuga.
Non si pensò però al deflusso delle acque che provenivano dai paesi etnei, anche perché a quel tempo, i suoli del fianco del vulcano, erano boschi e campi coltivati e assorbivano le piogge. Esistevano in ogni caso i torrenti, che assolvevano le funzioni di deflusso rapido delle acque piovane, anche copiose.
La cementificazione selvaggia del versante catanese etneo. Il “sacco di Catania” degli anni ‘60. Con palazzoni costruiti ovunque a sbarrare lo sbocco a mare, spesso, privi perfino di sistemi fognari. Ha trasformato La sicura Catania in una città soggetta a continue inondazioni.
Le copiose bombe d’acqua dell’ultimo decennio, hanno accelerato e reso palesi gli errori e orrori di edificazione priva di una progettazione complessiva territoriale. Oggi ne viviamo gli effetti più drammatici e piangiamo anche i morti delle inondazioni. Con delle amministrazioni assolutamente inadeguate per poter affrontare il problema!
Il nostro fiume Amenano, tombato nel sottosuolo si riprende gli spazi e la politica blatera di calamità naturali!
Basta morti e danni per le inondazioni!
Conosciamo e rispettiamo la nostra città e troviamo soluzioni!