Il "sovranismo" di Giorgia Meloni guarda al Fondo Monetario internazionale
di Thomas Fazi
Nel caso non fossero bastate le aperture di Salvini a Draghi e i continui peana di Giorgietti all’Europa per capire che la gattopardesca destra italiana, checché ne dica la stampa, di “sovranista” ha ben poco, adesso è arrivata anche la Meloni, anch’essa sedicente “sovranista”, a ricordarci che la situazione è grave, ma di certo non è seria.
In una recente lettera inviata al Corriere della Sera infatti, la leader di Fratelli d’Italia propone come soluzione alternativa al MES per l’Italia nientedimeno che l’utilizzo dei cosiddetti diritti speciali di prelievi (DSP): uno strumento del Fondo monetario internazionale (FMI) creato per fornire liquidità internazionale ai paesi in difficoltà. Secondo la Meloni, questo strumento permettere all’Italia di reperire subito le «risorse finanziarie [di cui ha immediato bisogno per] combattere l’epidemia e difendere imprese e posti di lavoro», senza dover attendere il Recovery Fund (che non si sa quando arriverà e a quali condizionalità sarà soggetto) o passare sotto le forche caudine del MES.
La Meloni, infatti, sottolinea giustamente che i DSP non equivalgono a un prestito dell’FMI e dunque non sono soggetti a condizionalità: ciascuno Stato membro ne beneficia in ragione della propria quota nel capitale dell’istituzione.
Quello che però sembra sfuggire alla Meloni è che i DSP non sono “soldi” veri e propri, ma rappresentano piuttosto una valuta virtuale che può essere scambiata con valuta di riserva internazionale, cioè con quelle valute maggiormente utilizzate negli scambi internazionali (sostanzialmente il dollaro USA, l’euro, lo yen, la sterlina inglese e lo yuan cinese).
Come si può facilmente dedurre, i DSP non servono a fornire genericamente “soldi” o “assistenza finanziaria” ai paesi, ma a fornire loro, di fatto, riserve internazionali – necessarie, come dette, per poter importare beni e servizi dall’estero –, particolarmente utili nel caso nel caso in cui un paese dovesse presentare una bilancia commerciale pesantemente deficitaria o una valuta fortemente deprezzata (che si deprezzerebbe ulteriormente nel caso venisse scambiata con valuta estera).
In breve, tramite i DSP, l’FMI fornisce valuta estera, cioè la valuta di altri paesi, e in particolare quelle valute più “pregiate” utilizzate nelle transazioni internazionali. D’altronde, non avrebbe senso altrimenti: perché mai l’FMI dovrebbe fornire ai paesi la loro stessa valuta, che essi stessi possono creare in quantità illimitata? Il problema, in particolare per i paesi poveri, non è tanto creare moneta per sostenere l’economia domestica quanto accedere alla valuta estera.
I DSP, infatti, sono uno strumento che serve soprattutto ai paesi poveri e scarsamente sviluppati, cioè a quelli che hanno maggiori difficoltà ad accedere alla liquidità internazionale. Non a caso, lo stesso articolo del Financial Times citato dalla Meloni a sostegno della sua proposta si intitola letteralmente: “Una nuova emissione di DSP è fondamentale per aiutare i paesi più poveri”, con riferimento soprattutto ai paesi dell’Africa.
Ora, come sappiamo bene l’Italia non se la passa bene, ma non è certo un paese povero in base agli standard internazionali. Ma soprattutto l’Italia non ha alcun bisogno di valuta estera: non solo utilizza già una valuta di riserva, ma presenta da anni una bilancia commerciale in avanzo, il che significa che accumula più riserve internazionali di quante ne spenda. No, ciò che manca all’Italia per «combattere l’epidemia e difendere imprese e posti di lavoro» non è la valuta estera, ma – in virtù dell’assurda architettura dell’euro – la valuta domestica; ci mancano cioè gli euro.
Certo, si potrebbe obiettare che il problema è proprio che l’euro, in virtù della paradossale architettura della moneta unica, è, nei fatti, una valuta estera, altrimenti non ci troveremmo in questa situazione. Ma è assurdo sostenere che per campicchiare qualche altro mese l’Italia dovrebbe utilizzare uno strumento creato per accedere alla valuta estera al fine di accedere… alla sua stessa valuta.
Il minimo che ci si aspetterebbe da una sedicente “sovranista” come la Meloni è la capacità di mettere a fuoco la natura reale dei problemi – in sostanza, il fatto di esserci privati della nostra sovranità monetaria e dunque di esserci ridotti «nella stessa condizione di quelle economie emergenti che sono costrette a contrarre prestiti in una valuta estera», come ha scritto Paul De Grauwe – invece di proporre soluzioni accrocchiate concepite per problemi di natura completamente diversa da quelli che si trova ad affrontare l'Italia.
L’Italia non ha bisogno di “aiuti” – né dall’Europa, né dall’FMI, né da nessun altro –; ha solo bisogno di riprendere in mano il proprio destino, a partire dalla sovranità monetaria. Che dire? Dio ci scampi dagli europeisti, ma anche e soprattutto dai sovranisti all’amatriciana.