Israele sospende i negoziati. In morte dei bambini di Gaza

2434
Israele sospende i negoziati. In morte dei bambini di Gaza


PICCOLE NOTE

Continuano a cadere le bombe su Gaza e i missili in territorio israeliano, 30 i morti nella Striscia, tra cui donne e bambini, con numeri in aumento, e uno in Israele. Il negoziato, aperto appena iniziato lo scontro, è stato sospeso da Tel Aviv, che non vuol cedere alle richieste dell’antagonista e probabilmente intravede guadagni a portata di mano in uno scontro prolungato.

Netanyahu e il ministro della Difesa israeliano Gallant parlano di una campagna prolungata contro Gaza per colpire la Jihad islamica. Per ora Hamas, la più potente milizia islamica della Striscia, sembra non essere della partita, anche se è di oggi l’attacco, riuscito, a un centro operativo dell’esercito a Nahal Oz, che i media israeliani attribuiscono a un’azione congiunta Jihad-Hamas.

In morte dei bambini di Gaza

Terribile, su Haarez, l’atto di accusa di Yossi Klein sulle morti dei bambini innocenti di Gaza, che inizia così: “Non c’è niente come uccidere bambini per riunire cuori e menti. Nelle ultime 18 settimane, noi israeliani ci siamo combattuti l’un l’altro, incapaci di trovare qualcosa che ci accomuni. Poi è arrivata l’uccisione dei bambini nella Striscia di Gaza a dimostrare che dopotutto siamo fratelli”.

Troppo generalizzato il suo giudizio, basta uno sguardo ad altri articoli del suo giornale per capire che tanti in Israele, con sfumature diverse, stanno piangendo i fanciulli che cadono sotto i bombardamenti: “Israele fa pagare ai bambini di Gaza i peccati dei loro padri”, è il titolo di un articolo di Carolina Landmann; “Manifestanti israeliani, dovete esigere: niente più raid su Gaza, niente più bambini morti”, titola un articolo di Anat Kam.  Potremmo continuare.

Ma lo scritto di Klein colpisce nel profondo. L’uccisione dei bambini, secondo l’autore, non sarebbe casuale: “Uccidere i bambini è studiato per causare dolore, per colpire il punto più sensibile di tutti. Non è studiato per fermare il terrorismo; è studiato per scoraggiare i terroristi”. Troppo forte, forse, ripetiamo, come j’accuse, ma descrive in maniera plastica l’orrore indicibile che trasuda anche dalle pagine del giornale israeliano.

Per toccare il livello politico di quanto sta avvenendo, citiamo l’editoriale odierno di Haaretz, che spiega: “Il primo ministro ha tratto un duplice vantaggio dal conflitto : ha allentato le crescenti tensioni all’interno della coalizione e ha distolto l’attenzione dell’opinione pubblica dalla riforma giudiziaria”, che ha suscitato proteste mai viste prima in Israele.

In effetti, in serie difficoltà per le proteste e le pressioni interne al suo governo, Netanyahu è potuto tornare ad interpretare il ruolo di “mister Sicurezza”, che tanto successo gli ha attirato, come si evince da una nota dell’agenzia Walla. Sulla stessa agenzia le parole di Netanyahu: “La campagna continuerà fino a quando sarà necessario”. L’uso della parola d’ordine forgiata per delineare il sostegno Nato all’Ucraina crea un parallelo alquanto evocativo.

Déjà-vu

Il governo, e le forze di opposizione che sostengono con fermezza i raid – come ricorda. peraltro, l’editoriale di Haaretz – affermano che l’operazione è necessaria alla sicurezza di Israele. Certo, piovono missili. Ma il ciclo di violenze reciproche non si risolve con un approccio esclusivamente militare.

Sul punto, Alon Pinkas, sempre su Haaretzannota: “È un altro Déjà Vu come l’ultima fiammata di Gaza”. E spiega che, “a livello politico è un altro esercizio futile, solo un preambolo al prossimo round di scontri”. Dello stesso parere Amos Harel, che scrive: “Se le operazioni israeliane a Gaza hanno così tanto successo, perché le lancia una volta all’anno?”.

 

Nell’articolo si spiega che non c’è una strategia a lungo termine, “nel migliore dei casi, [le autorità israeliane] si aspettano che le aggressioni militari contro le organizzazioni palestinesi reimposteranno l’equilibrio della deterrenza – in altre parole, aumenteranno le possibilità di imporre la quiete al confine per alcuni mesi”.

E spiega come, analogamente a quanto avvenuto per i precedenti scontri, Tev Aviv conti sul fatto che Hamas resti in disparte, limitandosi a sostenere solo verbalmente le milizie della Jihad. Tanto che, aggiunge, l’esercito israeliano “ha addirittura fatto cadere la tradizionale narrativa che attribuisce ad Hamas la responsabilità di quanto accade a Gaza in forza del fatto di esserne il potere dominante”.

“In fin dei conti – continua Harel – nonostante tutte le autocelebrazioni di Israele, anche a Gaza si è capito che Gerusalemme preferisce non scontrarsi direttamente con Hamas”.

Considerazioni di certo interesse, perché se anche Hamas decidesse di entrare direttamente nell’agone, il livello dello scontro si alzerebbe in maniera esponenziale, come esponenzialmente aumenterebbero le vittime, bambini compresi (500 ne morirono nel conflitto del 2014). E sarebbe più arduo chiudere il conflitto.

Ma, al di là di tali considerazioni, restano gli orrori della guerra. E la speranza che possa finire a breve.

 

 Piccole Note

Piccole Note

 

Piccole Note è un blog a cura di Davide Malacaria. Questo il suo canale Telegram per tutti gli aggiornamenti: https://t.me/PiccoleNoteTelegram

ATTENZIONE!

Abbiamo poco tempo per reagire alla dittatura degli algoritmi.
La censura imposta a l'AntiDiplomatico lede un tuo diritto fondamentale.
Rivendica una vera informazione pluralista.
Partecipa alla nostra Lunga Marcia.

oppure effettua una donazione

Come la post-verità diventa post-realtà di Giuseppe Masala Come la post-verità diventa post-realtà

Come la post-verità diventa post-realtà

Macao celebra 25 anni di sviluppo e crescita   Una finestra aperta Macao celebra 25 anni di sviluppo e crescita

Macao celebra 25 anni di sviluppo e crescita

Non è solo Facebook.. E' lo specchio del mondo che ci stanno imponendo di Francesco Erspamer  Non è solo Facebook.. E' lo specchio del mondo che ci stanno imponendo

Non è solo Facebook.. E' lo specchio del mondo che ci stanno imponendo

Siria. Israele, jihadisti e noi... di Paolo Desogus Siria. Israele, jihadisti e noi...

Siria. Israele, jihadisti e noi...

Caracas contro il fascismo e per la Palestina di Geraldina Colotti Caracas contro il fascismo e per la Palestina

Caracas contro il fascismo e per la Palestina

Israele, la nuova frontiera del terrorismo di Clara Statello Israele, la nuova frontiera del terrorismo

Israele, la nuova frontiera del terrorismo

La retorica "no border" e Salvini: due facce dello stesso imperialismo di Leonardo Sinigaglia La retorica "no border" e Salvini: due facce dello stesso imperialismo

La retorica "no border" e Salvini: due facce dello stesso imperialismo

Transito di gas russo dall'Ucraina: l'UE ad un bivio di Marinella Mondaini Transito di gas russo dall'Ucraina: l'UE ad un bivio

Transito di gas russo dall'Ucraina: l'UE ad un bivio

Professioni e privilegi di Giuseppe Giannini Professioni e privilegi

Professioni e privilegi

72 ore di bipensiero oltre Orwell di Antonio Di Siena 72 ore di bipensiero oltre Orwell

72 ore di bipensiero oltre Orwell

IL RITORNO DEL VILE AFFARISTA di Gilberto Trombetta IL RITORNO DEL VILE AFFARISTA

IL RITORNO DEL VILE AFFARISTA

La politica turca in Siria: traiettoria di collisione di Michelangelo Severgnini La politica turca in Siria: traiettoria di collisione

La politica turca in Siria: traiettoria di collisione

La foglia di Fico di  Leo Essen La foglia di Fico

La foglia di Fico

Tempi duri per i poveri di Michele Blanco Tempi duri per i poveri

Tempi duri per i poveri

Il ragionier Fracchia Urso e le "promesse" di Stellantis di Giorgio Cremaschi Il ragionier Fracchia Urso e le "promesse" di Stellantis

Il ragionier Fracchia Urso e le "promesse" di Stellantis

Registrati alla nostra newsletter

Iscriviti alla newsletter per ricevere tutti i nostri aggiornamenti