La prima telefonata Austin-Belousov
Il Segretario della Difesa Usa, Lloyd Austin, e il nuovo ministro della Difesa russo, Andrei Belousov, hanno avuto un colloquio telefonico. Nulla si sa di quanto si siano detti, l’unica informazione di rilievo, data dal portavoce del Pentagono, è che Austin “ha sottolineato l’importanza di mantenere aperte le linee di comunicazione durante nel corso della guerra ucraina”.
Il primo colloqui Usa-Russia da mesi
Una conversazione niente affatto di prassi, sia perché i contatti tra le due potenze sono collassati sia perché avviene dopo la durissima accusa dei russi agli Stati Uniti per l’attacco missilistico ucraino su una spiaggia della Crimea che ha fatto strage di bagnanti.
Evidentemente, negli States qualcuno ha ritrovato un minimo di senno e si è deciso di raffreddare la situazione, anche perché i costosi droni made in Usa, che da tempo pattugliano il Mar Nero allo scopo di guidare i missili ucraini verso la Crimea, stanno accusando problemi legati a “turbolenze” atmosferiche e almeno uno di essi è andato perduto.
Qualcuno, negli Usa, ritiene che sia meglio evitare altre turbolenze, magari più gravi, e cercare di riportare lo scontro ucraino a un livello più gestibile (di ieri anche la distruzione da parte degli ucraini di una postazione per il controllo del livello della radiazioni della centrale atomica di Zaporozhye: inutile spiegare i rischi connessi a tali follie).
A riguardo delle escalation progressive messe in atto dai guerrafondai anglosassoni, resta di stretta attualità l’analisi redatta a inizio giugno da Samuel Charap e Jeremy Shapiro per la Rand Corporation (ripresa poi dal Washington post).
Il placet dato a Kiev per colpire in profondità il territorio russo con armi Nato, scrivono i due analisti, “segna un’altra svolta di una spirale che ha ripetutamente aumentato i rischi di una guerra più ampia senza offrire una via per porre fine a questa”.
Di escalation in escalation
“Non è la prima volta che gli Stati Uniti, cedendo alle pressioni dell’Ucraina e degli alleati occidentali [e dei falchi Usa ndr.], superano una soglia precedentemente ritenuta troppo a rischio escalation”.
Tale svolta, però, “non cambierà le regole del gioco”, in quanto i russi si “adatteranno” al nuovo scenario così che la guerra di logoramento non potrà che proseguire.
Quanto avvenuto in passato, continuano i due analisti, suggerisce “anche che la Russia non aumenterà drasticamente la sua escalation solo perché gli Stati Uniti forniscono un nuovo sistema d’arma o allentano i vincoli su uno già esistente. La Russia in questo momento sta, relativamente parlando, vincendo la guerra, quindi è improbabile che il presidente Vladimir Putin voglia correre il rischio di provocare un conflitto diretto con gli Stati Uniti e i suoi alleati. Mosca potrebbe benissimo rispondere, ma è probabile che lo faccia in modo indiretto o asimmetrico, invece di lanciare un missile su una capitale europea la prossima settimana”. Infatti, ha risposto col viaggio in Corea del Nord e altro…
“Il vero problema posto dalla decisione di Biden è che Washington ancora una volta ha apportato un importante cambiamento politico in modo reattivo, in risposta alle mosse militari della Russia e non come parte di una strategia più ampia per porre fine alla guerra“.
“I russi continueranno ad avanzare e tra tre o sei mesi gli Stati Uniti potrebbero ritrovarsi di nuovo allo stesso punto, alle prese con campagna di pressione ucraina e alleata [e interna ndr.] volta violare la prossima soglia per cercare di invertire la traiettoria negativa“.
L’escalation può essere una leva, non il fine
“Ma l’adattamento e l’aggiustamento [rispetto agli sviluppi del teatro di guerra] non costituiscono una strategia e un’escalation reattiva, in assenza di una strategia, non è una politica sana. L’escalation del coinvolgimento degli Stati Uniti in questo conflitto – o in qualsiasi altro conflitto – dovrebbe essere guidata da un’idea su come porre fine alla guerra”.
“In questo caso, ciò avrebbe richiesto la prova che gli attacchi ucraini all’interno della Russia con i sistemi d’arma statunitensi facciano parte di una strategia integrata per porre fine alla guerra a condizioni favorevoli all’Ucraina e agli Stati Uniti” [e più agli Usa che a Kiev… ndr].
Quindi, dopo aver concluso che la fine della guerra arriverà solo attraverso delle trattative, “come dichiarato più volte dalla stessa amministrazione Usa”, i due analisti rilevano: “In un processo negoziale, le misure coercitive possono essere utilizzate come leva. L’idea è quella di imporre all’avversario costi militari con l’obiettivo di piegarlo alle proprie condizioni, e non semplicemente per contrastare la sua ultima manovra. Ma l’Ucraina e l’Occidente non hanno mostrato segni di essere pronti ad avviare trattative con la Russia. E imporre costi in assenza di un processo negoziale rende inevitabile un’ulteriore escalation“.
“Questa dinamica a spirale […] si è intensificata in questi due anni e mezzo. Senza un processo di negoziazione, potrebbe continuare negli anni a venire. E un giorno, una delle parti potrebbe alla fine inciampare su una vera e propria linea rossa, tale da portare esattamente alla grande escalation che l’amministrazione Biden ha cercato di evitare” [in realtà, più Putin che Biden, ma va bene così ndr].
“Nel frattempo, l’Ucraina continuerà a soffrire, e i costi della guerra per l’Occidente continueranno ad aumentare. Deve esserci un modo migliore per gestire il conflitto militare più importante di questa generazione”. La Rand corporation è un’articolazione della Cia, da cui l’importanza dell’analisi.
Modi da Putin
A margine, e per dar conto di un avvenimento di rilievo nell’ambito dello scontro globale in atto tra i due Imperi, l’annuncio ufficioso di un imminente viaggio di Narendra Modi in Russia, prima visita ufficiale del presidente indiano dopo la recente vittoria elettorale, da cui l’ulteriore importanza.
L’Occidente aveva scommesso, e lavorato, per evitarne la rielezione, invano. Come invano ha sperato che la vittoria limitata del suo partito lo rendesse più malleabile ai suoi desiderata. Ha perso un’altra volta e paga pegno.
Premiato, invece, il nuovo senso di Putin per l’Asia, evidenziato dal suo recente viaggio in Corea del Nord e Vietnam. Evidentemente il colosso asiatico ha apprezzato e spera di ottenere benefici dall’apertura di queste nuove prospettive.