"La Russia ci invaderà tra cinque anni." Anzi prima!...
Da Kubilius a Panebianco: sugli ultimi deliri dei bellicisti guerrafondai...
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
La Russia non è proprio lì lì per attaccare l'Europa; ma, statene certi, tra cinque anni, o forse anche prima e indipendentemente da come finirà il conflitto in Ucraina, invaderà sicuramente un paese UE, o forse anche più di uno: parola del commissario europeo alla difesa Andrius Kubilius, non a caso, ex primo ministro lituano. Dunque, gli anni di tempo a disposizione possono essere cinque, ma anche meno; i paesi attaccati potranno essere uno solo, ma anche più di uno. Ci mancava proprio un altro “ma-anchista”, dopo la sparizione mediatica dell'italico originale.
A ogni modo, cosa ha sproloquiato il lituano, rappresentante di quelle repubbliche baltiche che devono ricordare al mondo la propria esistenza, strillando a giorni alterni all'imminente “invasione russa”? Ha detto che «Per prevenire la guerra, dobbiamo essere pronti ad affrontarla. Come tutti sappiamo, la Russia produce armi in quantità enormi» e, in base al dettato del segretario NATO Mark Rutte, la Russia «produce più munizionamento in tre mesi che tutti i membri della NATO, compresi USA, Gran Bretagna e tutti noi, in un anno». Le nostre industrie di guerra battono il passo, ha quindi ammonito Kubilius; devono accelerare i ritmi e perché lo possano fare, è necessario che noi riversiamo nelle loro casse quanti più miliardi possibile. Non ha detto proprio così, ma il senso è quello. E siccome Mosca sta già usando quella potenza militare in Ucraina, coi risultati che vediamo – ma, signor Kubilius, non era Bruxelles che irrideva alle forze russe, costrette a combattere con le pale? - allora Putin, che è un ingordo, potrebbe essere tentato di «usare questa potenza militare per testare la NATO, e il pericolo è reale! L'intelligence europea riferisce che la Russia si sta preparando a violare l'articolo 5 della NATO entro il 2030», attaccando «uno o più Paesi UE». L'Europa, “pacifica e liberale” per definizione”, deve impedire che Putin venga allettato da questa enorme potenza russa e l'unico modo per farlo è quello di recuperare la distanza da una Russia che produce armi in quantità «quattro volte superiore a quella di tutti noi messi insieme» - questo non l'aveva detto Rutte: è una scoperta dell'intelligence lituana - e l'obiettivo “europeista e liberale” è quello di arrivare a produrre «molto di più di quello che ci serve». Non si sa mai: meglio riversare qualche centinaio di miliardi in più nelle casse dell'industria di guerra; torna sempre comodo.
Tanto più che le forze ucraine sono ormai al limite delle loro capacità e dunque «la pace può essere portata solo rafforzandole con un contingente europeo», ha omeliato ancora Kubilius, erudendo il pubblico sul fatto che, «per quanto ne so» (davvero un gioiello di dottrina politica), i militari stanno già concretamente elaborando la «pianificazione militare, dove e come le forze europee possono essere dispiegate sul territorio ucraino per garantire la pace».
D'altra parte, la Commissione europea assicura che «la migliore garanzia di sicurezza per l'Ucraina siano le sue forze armate molto forti. Ora sono molto forti, ma possiamo rafforzarle» ulteriormente, ha bofonchiato Kubilius cui, a quanto pare “l'intelligence europea” non ha riferito sulla situazione al fronte, per esempio, lungo le direttrici di Kupjansk, Krasnyj Liman, Ekaterinovka, Novomikhajlovka o Makeevka. Ma, fedele al vangelo secondo von der Leyen, il discendente del granducato di Lituania recita che «una pace giusta in Ucraina può essere raggiunta solo evocando la formula della “pace attraverso la forza”».
E siccome si è testé detto che le forze ucraine sono molto forti - scusate il guazzabuglio, cari fedeli che ascoltate la mia orazione - devo precisare che, però, «la forza della parte ucraina può venire solo dall'esterno». Perché, vedete, «gli ucraini hanno mobilitato tutte le loro forze» e comincia a scarseggiare davvero la carne da cannone ucraina da mandare al macello; non basterà nemmeno la mobilitazione dei diciottenni e dunque, «se davvero vogliamo realizzare la formula della “pace attraverso la forza”, dobbiamo aumentare gli aiuti all'Ucraina». E allora occorrono altri soldi; non solo quelli per garantire che il complesso militare-industriale europeo raggiunga le capacità della Russia, che produce armi in quantità «quattro volte superiore a quella di tutti noi messi insieme», ma anche per assicurare che quel complesso si assembli adeguatamente a quello ucraino, per produrre in loco «molto di più di quello che ci serve».
Per esempio, tutto quello che serve per distruggere il ponte di Crimea, come auspica l'ex comandante dell'esercito USA in Europa, Ben Hodges. Perché, a parere di Hodges, l'elemento chiave nel conflitto in Ucraina è costituito proprio dalla Crimea e la chiave per eliminare dai giochi la penisola, è mettere completamente fuori uso il ponte che collega Kerc alla terraferma. È un ponte enorme, ha detto Hodges, che «non si può distruggere con un missile o un drone, ci vorrebbe una quantità significativa di esplosivi... credo che se qualcuno al mondo può farlo, sarà l'Ucraina. E lo farà quando sarà il momento giusto»; cioè, tra cinque anni, o forse anche prima...
Proprio come stanno facendo tutti i paesi europei; a eccezione dei pusillanimi italiani, sbotta il signor Angelo Panebianco sul giornale da sempre guerrafondaio, albergato a via Solferino. Non vi vergognate, codardi e incoscienti italiani? Mentre «gli altri Paesi europei, per paura della Russia, mettono in moto un insieme di iniziative, di rafforzamento della propria forza militare e di crescente coordinamento fra loro in ambito Nato», l'Italia «rompe con gli altri europei sul tema strategico del riarmo e diventa una zattera alla deriva nel Mediterraneo alla mercé dei russi» che, come ammonisce il “ma-anchista” Andrius Kubilius, tra cinque anni, o forse anche prima, invaderà sicuramente un paese UE, o forse anche più di uno.
E allora, cosa si aspetta a mettersi agli ordini di «un condottiero» che, «armi alla mano, conquista Stati in precedenza indipendenti e li unifica sotto il suo comando»? Dopotutto, «di fronte a una minaccia esterna» come quella della Russia che tra cinque anni, o forse anche prima, invaderà sicuramente un paese UE, o forse anche più di uno, è tempo per l'Europa che «un insieme di Stati» avvii «un coordinamento stretto fra le rispettive forze militari al fine di difendersi dalla suddetta minaccia».
Ma, in questo frangente storico, che fa la timorosa Italia? Se «essere “europeisti” in questa fase significa tenersi agganciati al resto dell’Europa» per «sviluppare una capacità deterrente contro le minacce esterne», è tempo che vadano al rogo coloro che «si oppongono al riarmo europeo», obiettando che «non ci sarebbe alcuna minaccia (è una invenzione di chi vuole fare affari vendendo armi)». Ma, pavidi italiani che non siete altro, lo sapete o no che la Russia «produce più munizionamento in tre mesi che tutti i membri della NATO» in un anno e che Putin potrebbe, dall'oggi al domani, ««usare questa potenza militare per testare la NATO, e il pericolo è reale!»? Orsù, sappiatelo!
Ebbene, esortate al riarmo quanto volete, signori del Corriere della Sera; vi pagano per questo. Soltanto, pennivendoli di quel fogliaccio che ancora nel dicembre del '44 titolava entusiasta di «Mussolini parla ai legionari della Guardia» o addirittura nel febbraio del '45, a due mesi dalla fine della guerra, esultava perché «I germanici in contrattacco riespugnano alcuni paesi», non azzardatevi, nella questione del conflitto ucraino, a evocare la Resistenza e i Partigiani italiani. Certo, non siete i primi a farlo, basti ricordare i Del Bue, gli Smuraglia, i Flores D'Arcais o i Sofri, apostoli di una fede che evoca la Resistenza antinazista e antifascista per sostenere i nazisti e i golpisti di Kiev. L'argomento è trito e ritrito e manda fetidi miasmi euroliberali e, comunque, non è certo dal Corriere guerrafondaio che qualcuno possa tirarlo in ballo.
Se intendete parlare dei miliardi da spremere alle masse europee per arricchire i monopoli d guerra, è un vostro affare. Solo, per un minimo di onestà, aggiungete che, per esempio, il Quincy Institute scrive che mentre in Europa risuonano sempre più idee esotiche di riarmo, ciò non aggiunge denaro a tali fantasie. Secondo Ian Proud, gli 800 miliardi pomposamente annunciati un mese fa dalla Commissione europea, tuttora non esistono in natura. Il piano prevede che 650 miliardi di euro siano stanziati dai 27 membri UE, ma finora nessuno di loro ha detto un “sì” deciso.
Timorosi, imbelli, bastardi fautori di un «pacifismo integrale» che «è in sintonia con l’orientamento dei tanti italiani»; la pagherete cara quando la Russia, tra cinque anni, o forse anche prima, invaderà sicuramente un paese UE, o forse anche più di uno, partendo certamente da via Solferino.