La storia di Enes Kanter Freedom e la solita ipocrisia occidentale
Luglio 2016, dopo il fallito golpe in Turchia, Erdogan dichiara lo stato d’emergenza, sospende la democrazia a tempo indeterminato e comincia ad arrestare qualunque oppositore. Finiscono così in carcere 80mila persone fra cui migliaia di politici, giornalisti, accademici, scienziati, giudici, avvocati e attivisti. Anche minorenni.
Enes Kanter, cestista NBA degli Oklahoma City Thunder (quelli di Durant e Westbrook), sul suo profilo Twitter prende pesantemente posizione e denuncia la violenta repressione del presidente turco. Per tutta risposta, dalla Turchia gli arrivano pesanti minacce di morte e viene definitivamente escluso dalla nazionale di basket.
Nel maggio seguente, mentre è in Indonesia per partecipare a un “camp” organizzato dalla sua associazione benefica, rischia l’arresto su segnalazione delle autorità turche. Kanter riesce a scappare nottetempo in aeroporto. Il suo aereo fa scalo a Bucarest dove viene fermato dalle autorità rumene perché la Turchia gli ha cancellato il passaporto. Rischia concretamente l’estradizione.
Il mese dopo, giugno 2017, in Turchia suo padre Mehmet perde la cattedra di professore universitario e viene arrestato con l’accusa di fiancheggiare la rete terroristica di cui “fa parte” il figlio (che sarebbe quella di Fethullah Gülen). Sarà rilasciato tre anni dopo.
Dicembre 2017, un tribunale turco condanna Enes Kanter a quattro anni di carcere per diffamazione nei confronti Erdogan. Gli viene revocata la cittadinanza turca e spiccato un mandato internazionale di cattura nei suoi confronti con l’accusa di terrorismo. Kanter diventa apolide, non può più uscire dagli USA e viaggiare in Europa per timore di essere rapito o ucciso dai servizi segreti di Ankara.
Viene disconosciuto pubblicamente dalla sua famiglia rimasta in Turchia (“ha disonorato noi e il Paese”) e isolato dall’opinione pubblica. Al punto che la televisione turca non trasmette le partite NBA in cui scende in campo. Kanter cancella definitivamente il suo profilo Twitter.
Nel novembre 2021 diventa cittadino americano e cambia legalmente il suo nome in Enes Kanter Freedom.
Una storia simile a quella vissuta dal più grande calciatore turco di tutti i tempi, Hakan Sukur (transitato anche in Italia con le maglie di Torino e Inter). Capitano della Nazionale e del Galatasaray, letteralmente cancellato dalla storia ufficiale del club di cui è stato bandiera per due decenni. Che da neo parlamentare, per aver mollato l’AKP (il partito di Erdogan) ed essere passato all’opposizione, si è visto confiscare il patrimonio, perseguitare i familiari e arrestare il padre. Finendo per fuggire in California.
Perché vi racconto la storia di Enes Kanter? Non per mitizzare gli oppositori che riparano negli USA, ci mancherebbe altro. Anche perché ce ne sarebbero altre migliaia (e molto più crude) le cui vittime sono illustri sconosciuti. Ma solo per ricordare ai tanti occidentali narcotizzati dalla nauseabonda retorica buonista - al punto da giustificare l’epurazione degli atleti russi (e bielorussi) dalle competizioni internazionali per il solo fatto che questi non si dissociavano da Putin - che al Potere dell’opinione degli atleti non gliene frega niente. Diversamente e coerentemente i nostri governanti stringerebbero la mano a Enes Kanter. Non a chi gli da la caccia.