Le agenzie di rating all'attacco della Tunisia
L'agenzia Moody's Investors Service ("Moody's") ha declassato nei giorni scorsi il rating a lungo termine degli emittenti in valuta estera e in valuta locale della Tunisia da Caa1a Caa2 modificando l'outlook in negativo.
Il downgrade è guidato dalla valutazione di Moody's secondo cui l'assenza di una sovvenzione completa e definita fino ad oggi per soddisfare le grandi esigenze di finanziamento del governo, aumenti significativamente i rischi di insolvenza.
“Un nuovo programma di aiuti del Fondo Monetario Internazionale deve ancora essere erogato - scrive l'agenzia di rating- nonostante il raggiungimento di un accordo nell'ottobre 2022, aggravando una posizione finanziaria già difficile e inasprendo le pressioni sull'adeguatezza delle riserve valutarie della Tunisia”.
Le condizioni di finanziamento interne ed esterne molto rigide e il difficile profilo di servizio del debito del governo tunisino aumentano poi i rischi di rifinanziamento.
L'economista tunisino Ezzeddine Saidane ha affermato che "con questo nuovo declassamento Moody's mette in guardia i donatori, le istituzioni finanziarie, gli investitori e persino le società commerciali che riforniscono la Tunisia dal rischio di default finanziario del Paese".
“La prospettiva negativa significa che se non riusciamo a recuperare molto rapidamente e con forza, verremo nuovamente declassati. Allora saremmo un piede all'inferno!Cosa significherebbe? Semplicemente, che non potremo più saldare i nostri debiti, pagare i nostri prodotti cerealicoli, il nostro carburante, le nostre medicine. Il dinaro verrebbe svalutato, e forse di più”, ha avvertito dal canto suo l'esperto economico Radhi Meddeb.
La Tunisia dunque, già alle prese con un deficit di bilancio cronico, affronta anche la riluttanza del FMI ad approvare un pacchetto di prestiti, nonostante gli accordi intrapresi.
A ottobre, il governo aveva infatti raggiunto un accordo preliminare per un nuovo finanziamento esteso di 48 mesi del valore di circa 1,9 miliardi di dollari per sostenere il programma di riforma economica del governo. Tuttavia, a causa dei ritardi nella promulgazione della legge finanziaria e delle poche garanzie date, il Paese deve ancora ottenere finanziamenti dall’istituzione finanziaria con sede a Washington.
Nel frattempo la crisi economica non accenna a placarsi, il tasso di 'inflazione previsto per il 2023 come annunciato dal governatore della Banca centrale tunisina (Bct), Marouen El Abass, raggiungerà la doppia cifra (11%) mentre già la gente fatica a reperire diversi beni di consumo come lo zucchero e il latte tra gli scaffali dei supermercati.
Il rischio serio è che se le condizioni peggiorano, il paese nordafricano possa fare un ulteriore passo verso il baratro del “fallimento”.
Problema che potrebbe avere riflessi a vario livello anche sull’Italia per almeno tre motivi: i flussi migratori, l’approvvigionamento energetico e le relazioni commerciali incrementatesi negli ultimi anni tra i due paesi.
Gli arrivi dei migranti potrebbero, come è facile intuire, moltiplicarsi drammaticamente con l’aggravarsi della situazione socio-economica, raggiungendo i picchi del 2014 (170 mila sbarchi)e del 2016 (180 mila sbarchi).
Capitolo energia: il gasdotto Transmed, conosciuto anche come gasdotto Enrico Mattei, conduce in Italia il gas algerino passando proprio per la Tunisia. E l'Algeria ad oggi è il primo fornitore di gas del Belpaese.
Un deterioramento ulteriore dell'economia tunisina inciderebbe poi anche sul volume delle relazioni commerciali bilaterali. Cresciute, come già premesso sensibilmente negli ultimi anni: basti pensare che nel primo semestre del 2022 l'Italia aveva superato la Francia nell'interscambio con la Tunisia diventando il suo primo partner commerciale.
Come confermato dall' ICE (Agenzia per la promozione all'estero e l'internalizzazione delle imprese italiane)di Tunisi dopo la pubblicazione dei dati ufficiali dell'Istituto di statistica tunisino, l'Italia, infatti rispetto al 2021 aveva incrementato l'export col paese magrebino del 33,4% e contestualmente l'import del 20,8%.