Libia: la festa è finita

Libia: la festa è finita

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di Michelangelo Severgnini


La Libia è l’unico Paese al mondo dove il proprio esercito non è libero di muoversi all’interno dei propri confini, altrimenti l’Occidente si preoccupa. 

Ed è l’unico Paese al mondo dove il proprio esercito non è libero di combattere un’occupazione militare, altrimenti l’Occidente si preoccupa.

Preoccupazione. E’ ciò che è stato espresso in Occidente nell’ultima settimana e diramato da tutte le agenzie circa i movimenti di truppe dell’Esercito Nazionale Libico (con l’appoggio della Wagner) verso la città di Ghadames, al confine con l’Algeria, porta sud verso la Tripolitania ancora in mano alle milizie.

Nell’universo di valori ribaltato preso per buon in Occidente, Haftar e la Russia minacciano Tripoli.

In Libia, salvo per i manutengoli di Tripoli, la versione dei fatti sul campo è diversa.

In Occidente si vorrebbe descrivere Khalifa Haftar come un dittatore che si muove senza render conto a nessuno. In realtà la sua carica si muove all’interno di un quadro istituzionale preciso e legittimo.

 

STORICA SEDUTA DEL PARLAMENTO

Martedì 13 agosto si è riunita a Bengasi la Casa dei rappresentanti (HoR), ossia il parlamento eletto dai libici nell ultime elezioni del 2014 e ancora in carica a seguito del continuo rinvio delle nuove elezioni, ostacolate dall’Occidente, che sancirebbero una ancora più schiacciante maggioranza contraria alle milizie, alle politiche della NATO e all’occupazione militare della Tripolitania.

A presiedere questa seduta è stato Aguila Saleh, presidente del parlamento e di fatto carica istituzionale più alta in Libia.

All’ordine del giorno (poi votati all’unanimità) due punti: l’attribuzione della carica di Comandante supremo dell’esercito allo stesso Saleh e la rinnovata fiducia al governo di Osama Hammad.

Questa duplice mossa va letta attentamente, possibilmente senza il paraocchi ideologico occidentale.

Ma il messaggio per tutto il mondo è chiaro: il rinvio delle elezioni sta portando all’innalzamento del conflitto. E non piuttosto il compiacente ragionamento dell’Occidente: il riprendere del conflitto è la prova che i Libici non vogliono elezioni.

Riportiamo alcuni passi dell’intervento di Saleh durante la seduta:

 

“La capitale Tripoli è caduta sotto il controllo di bande armate, che hanno annunciato la loro presenza e il loro potere dopo le elezioni parlamentari (del 2014). Il governo di unità (GNU, il governo illegittimo di Tripoli) non è riuscito a portare a termine il suo mandato e non è stato in grado di organizzare le elezioni, mentre noi abbiamo cercato con sincerità e serietà di portare il Paese in una fase di stabilità.

Nella Casa dei Rappresentanti, abbiamo cercato di ottenere un'unica autorità in grado di controllare e rendere giustizia al popolo.

Abbiamo cercato di raggiungere la giustizia e di stabilire la tabella di marcia dopo il fallimento del governo di unità nell'adempimento dei suoi compiti”.

Chiaro. Ma c’è un altro passaggio molto significativo: 

“L'accordo di Ginevra deve essere riconsiderato per la fase preliminare, soprattutto perché non è stato incluso nella dichiarazione costituzionale, che è la base per tutte le autorità.

Il Presidente della Casa dei Rappresentanti (d’ora in avanti) sarà il comandante supremo dell'esercito, come indicato nella dichiarazione costituzionale”.

 

L’accordo di Ginevra era stato raggiunto nel 2020, per fermare gli scontri che vedevano coinvolto l’Esercito Nazionale Libico impegnato a liberare Tripoli dalle milizie. In quell’occasione, pur di arrivare ad un percorso comune, la Casa dei rappresentanti, unico organo eletto attualmente in Libia, fece molte concessioni a Tripoli, tra cui spostare nominalmente alcune cariche dello Stato e concedendo la fiducia (inizialmente) al governo Dabaiba (tuttora in carica a Tripoli, nonostante la fiducia sia stata ritirata).

Questo passaggio, in sostanza, significa che la Casa dei rappresentanti si è stancata di dover fare accordi con una parte che non è legittima né si muove negli interessi del Paese. Il messaggio mandato a Tripoli è che quelle istituzioni, già illegittime, ora non verranno nemmeno riconosciute.

Proseguono le dichiarazioni di Saleh:

“Le fasi che hanno seguito la rivoluzione del 17 febbraio (2011) hanno visto la trasformazione in un conflitto militare in assenza dello Stato e il collasso delle istituzioni.

Da Skhirat (accordi del 2015 che divisero la Libia in 2, creando a Tripoli il governo di Al-Sarraj) a tutti i dialoghi internazionali e locali e alla fase preliminare che ha portato al Consiglio presidenziale e al governo Dabaiba, tutti gli sforzi per raggiungere un piccolo governo unitario che ci porti alle elezioni presidenziali e parlamentari secondo leggi eque in cui nessuno sia emarginato, è stato vano.

Il peggior risultato del governo unitario è stato il fallimento nell'organizzazione delle elezioni in tempo utile (entro il dicembre 2021), che avevano il sostegno popolare e internazionale.

La comunità internazionale è in uno stato di isteria che potrebbe portare a una terza guerra mondiale o a un conflitto a lungo termine per le risorse economiche ed energetiche”.

 

Allo stato pratico la questione da adesso in avanti sarà gestita in questo modo:

“Abbiamo elaborato una tabella di marcia dopo che il governo Dabaiba non ha adempiuto ai suoi doveri e gli abbiamo ritirato la fiducia, incaricando il governo libico guidato da Osama Hammad, che è il governo legittimo, di lavorare per creare le condizioni per lo svolgimento delle elezioni.

La richiesta della Casa dei Rappresentanti per l'unificazione del potere e la partecipazione di tutti rientra nel quadro della sua volontà di unificare il Paese, fermare il conflitto, porre fine alla crisi, raggiungere un'equa distribuzione delle ricchezze e raggiungere un'equa partecipazione al processo decisionale”.

 

Se non è una dichiarazione di guerra, sicuramente è un ultimatum per Tripoli:

 

“Non ho cercato né lavorato per prolungare la mia carica di Presidente della Casa dei Rappresentanti, non siamo stati noi a cospirare per rinviare le elezioni e respingo il ritorno dei combattimenti e la divisione della Libia.

Non ho dato il permesso di coinvolgere la Libia in alcun accordo internazionale e non ci siamo sottomessi alle pressioni internazionali, qualunque esse siano.

Dobbiamo assumerci le nostre responsabilità apertamente, perché siamo di fronte a una fase cruciale per ripristinare l'onorevole passato.

Abbiamo cercato e trovato un compromesso per raggiungere un accordo che soddisfacesse tutti, ma c'è un gruppo che sta cercando di mantenere la situazione così com’è (le milizie e il governo di Tripoli).

La fase preparatoria che ha portato il Consiglio presidenziale e il governo Dabaiba si è conclusa con la scadenza dei termini previsti e non ha portato a nulla di quanto dichiarato nell’accordo”.

 

COMMENTI DI HAFTAR E HAMMAD

A stretto giro ha commentato Khalifa Haftar attraverso una dichiarazione riportata dal Comando delle Forze della Dignità:

“La Casa dei rappresentanti ha legittimità costituzionale ed è l'unico organo politico eletto dal popolo libico. Sottolineiamo la necessità di tenere le elezioni presidenziali e parlamentari che il popolo libico attende con ansia per raggiungere la fase di stabilità permanente”.

 

Anche il premier libico Osama Hammad (quello legittimo, riparato a Bengasi) ha commentato gli esiti della seduta:

“Questa decisione è stata presa in conformità con l'accordo politico e per riempire il vuoto politico. Chiediamo a tutti i Paesi e le organizzazioni di riconoscere l'unanimità di questa decisione politica e di rispettare la volontà dei libici.

Chiediamo alle ambasciate dei Paesi stranieri e ai rappresentanti delle organizzazioni internazionali e regionali di tenere conto di quanto deciso dalla sessione parlamentare e di astenersi da qualsiasi azione che possa violare le decisioni legittime e violare la sovranità libica. 

Siamo impegnati a rispettare tutti i legittimi accordi e trattati internazionali e regionali di cui la Libia è parte o a cui ha aderito, in conformità con le leggi libiche”.

 

Da oggi in avanti, relazionarsi con le pseudo-autorità di Tripoli sarà ufficialmente un atto ostile contro la Libia.

 

L’OCCIDENTE E’ L’UNICO RESPONSABILE

L’Occidente si preoccupa. In Libia vogliono fare sul serio, dopo 10 anni senza elezioni e l’occupazione militare della Tripolitania.

Ma è l’Occidente la sola causa di questa situazione, dopo aver in tutti i modi impedito le elezioni libiche in questi ultimi anni pur di non far eleggere Saif Gheddafi e pur di non riconoscere la volontà del popolo libico.

Questo non vuol dire che fuori da Tripoli non ci siano rivalità. Questo non vuol dire che Khalifa Haftar sia uno stinco di santo.

Ma come ha riassunto di recente lo scrittore libico Ahmed Al-Tuhami in un’intervista a Libya Ahrar TV: 

“Aguila Saleh non è legalmente subordinato al successore di Haftar, ma certamente l'Esercito Nazionale è di fatto il partito più potente, specialmente al sud.

Legalmente, il comandante in capo è subordinato al presidente della Casa dei Rappresentanti, ma questo è solo un presupposto giuridico formale.

Questo è certamente importante, ma in realtà non ha alcun valore”.

 

Forse non avrà alcun valore nei fatti, come molti critici internazionali denunciano, ma è “certamente importante”.

Come abbiamo ripetuto spesso: non si tratta di essere indulgenti nei confronti dell’Esercito Nazionale Libico, ma di rispettare la filologia del voto in Libia che ancora, a voler essere onesti, è integra. E certamente non comprende le milizie e le sperdo-autorità di Tripoli.

E’ la logica del conflitto cercato dall’Occidente ad aver dato negli ultimi anni più potere ad Haftar, a cominciare dal consenso raccolto in seguito alla liberazione della Libia (ad eccezione della Tripolitania) da Isis e terroristi.

 

LA POSTA IN GIOCO A GHADAMES

E dunque, cosa c’è in gioco a Ghadames, in questi giorni? E perché l’Esercito Nazionale Libico ha deciso di prenderne il controllo? 

Secondo Fadel al-Tawil, professore di scienze politiche intervenuto Al-Araby Al-Jadeed, giornale del Regno Unito: 

“L'obiettivo di Haftar di controllare Ghadames è quello di ottenere interessi politici a causa dell'importanza strategica ed economica della regione. La posizione della città consente a chi la controlla di raggiungere due obiettivi: il primo è quello di imporsi come un fatto compiuto sui Paesi vicini, come l'Algeria e la Tunisia, che sono collegati alla Libia dai valichi di Dabdab e Wazan. Il secondo è l’importanza della posizione della città che domina un'area economica ricca di gas e petrolio. Il giacimento di gas nella regione di Hamada, adiacente a Ghadames, controllato dalle forze governative di Tripoli, è un obiettivo di Haftar.

Da mesi è in corso un'ampia polemica sulla concessione da parte del governo di Dabaiba di quote aggiuntive a società straniere nel giacimento di Hamada, e il parlamento (la Casa dei rappresentanti) e il suo governo hanno rilasciato una serie di dichiarazioni che respingono la mossa.

L'obiettivo di Haftar nel controllare Ghadames è quello di ottenere interessi politici, poiché le miniere di energia aprono forti partnership con Paesi in cui il petrolio e il gas sono di grande importanza nelle loro politiche, e per tutte queste ragioni il governo di Tripoli ha mobilitato le sue forze per un’escalation.

Ma non ci sarà un confronto militare con Tripoli, soprattutto alla luce della presenza militare turca”.

In attesa di “liberare” in confine con l’Algeria dalla presenza di milizie, il confine con il Niger invece è del tutto sotto controllo.

Da lì ora non passano più migranti in entrata. Passano armamenti e soldati della Wagner in uscita, destinazione Niger, Mali e Burkina Faso..

Michelangelo Severgnini

Michelangelo Severgnini

Regista indipendente, esperto di Medioriente e Nord Africa, musicista. Ha vissuto per un decennio a Istanbul. Ora dalle sponde siciliane anima il progetto "Exodus" in contatto con centinaia di persone in Libia. Di prossima uscita il film "L'Urlo"

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