L’immigrato più censurato d’Italia

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L’immigrato più censurato d’Italia

 

di Daniel Wedi Korbaria*

Onde evitare che qualcuno si risenta per le mie parole e dica: “E perché non te ne torni a casa tua?” (che poi sarebbe anche un bell’augurio), premetto dicendo che io amo l’Italia, il Paese che mi ha accolto in tutti questi anni, amo la sua gente, la sua cultura, la sua lingua che conosco abbastanza bene, i suoi dialetti, i suoi proverbi e i suoi modi di dire, conosco la sua arte, i monumenti, la letteratura, la musica dei cantautori e quella underground (molto meno quella sanremese), conosco il cinema dei suoi grandi registi e degli attori che non ci sono più, il suo teatro, i suoi musei, le cattedrali, le sagre, le fiere, la sua grande cucina, la sua storia e la sua Costituzione. Ma conosco anche il precariato del mondo del lavoro, la sua malapolitica, la corruzione, le raccomandazioni, i nepotismi, i conflitti d’interesse, l’evasione fiscale, la criminalità organizzata, l’assenza di sovranità, la disinformazione dei suoi media e dei suoi giornalisti “camerieri”, la sua filosofia del “una mano lava l’altra” e del menefreghismo generale. Lo stesso nutro grande rispetto per le sue leggi e per le sue istituzioni, infatti ho la fedina penale immacolata. Mi dispiaccio quando le cose non vanno come dovrebbero andare. Sono solidale.

Detto ciò, lungi da me l’intenzione di voler fare la vittima o di sentirmi un perseguitato. Non lo sono. Ma da quando ho iniziato ad occuparmi del “fenomeno” immigrazione, che mi riguarda da vicino in quanto sono un immigrato che vive in Italia con il permesso di soggiorno sempre in tasca, mi sono successe delle cose a dir poco strane in un paese democratico che, spesso e volentieri, si ritrova attraverso i suoi media mainstream a dare lezioni di morale sulla libertà di pensiero, di parola e di stampa ai poveri africani. Sebbene io sia l’unico immigrato ad aver scritto in italiano un libro sull’immigrazione, non sono mai stato chiamato nelle televisioni italiane quando si discute di immigrati e immigrazione. Perché non è mai successo, nemmeno per sbaglio? Semplice, io non racconto mai ciò che loro vogliono sentirsi dire. Fateci caso, gli unici immigrati che si invitano in quelle trasmissioni di solito hanno problemi con la lingua e non possono dire ciò che vogliono oppure si tratta di chi ripete a pappagallo un copione studiato a memoria. Praticamente gente che fa da megafono alla loro narrazione prestandogli la faccia nera. Così che possano dire: “Non lo dico io, lo dice un africano!” 

Personalmente, non ho mai avuto paura ad esprimere il mio punto di vista alternativo anche perchè ero in possesso di un documento regolare e senza scadenza che mostravo citando un famoso sketch di Verdone: “Con che? Con questo!” e nessuno poteva ricattarmi come normalmente si fa con gli immigrati sbarcati da poco. Ma nel 2023 per la prima volta, dopo 28 anni, al mio rientro in Italia sono stato fermato dalla polizia aeroportuale di Fiumicino che voleva impedirmi l’ingresso dicendo che il mio documento di soggiorno era scaduto. Cosa era successo? Durante il mio breve viaggio in Eritrea il Governo Meloni, quello che minacciava di fare i blocchi navali per risolvere il “fenomeno” immigrazione, per incassare 70 euro da ogni immigrato con una nuova legge ha fatto scadere tutti i vecchi permessi di soggiorno a tempo indeterminato, gettando nella mischia degli irregolari migliaia (o forse milioni) di immigrati regolari. Questa infame legge mi ha ridotto ad essere un ostaggio del sistema e non mi permette più di viaggiare nei paesi Schengen, costringendomi a rinunciare, per esempio, ad andare a trovare mio fratello e i miei nipoti che vivono in Finlandia. Così a giugno 2023, dopo aver pagato il bollettino come da iter burocratico, ho chiesto il rinnovo del mio permesso di soggiorno e mi è stato dato l’appuntamento a giugno 2024. Questa è quell’Italia che non amo affatto! Lo stesso non permetterò a nessuno di ricattarmi.

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Al contrario degli altri pappagalli neri che per aver prestato voce e volto agli immigrazionisti vincono premi “umanitari”, quello che invece mi capita spesso è di subire la censura su ciò che dico e scrivo. Alcuni mi censurano per una sorta di conflitto d’interesse, ossia perché con il mondo dell’immigrazione ci campano direttamente o indirettamente. Altri si rifiutano di ascoltare il mio punto di vista per una questione ideologica, quelli di sinistra credono che con le mie idee io faccia il favore alle politiche di Salvini o Meloni, quelli di destra rifiutano le mie accuse all’Occidente perché si sentono chiamati direttamente in causa.

Ma io, che non piaccio né alla sinistra né alla destra e men che meno al Vaticano, chi sono? Mi sembra opportuno a questo punto aprire una piccola parentesi per raccontarvi brevemente la mia storia sin dal mio arrivo in Italia.

Sono arrivato a Roma nel 1995 pieno di speranza, ero giovane e in buona salute, avevo due diplomi di scuola superiore, di cui uno italiano da geometra. Perciò parlavo già un buon italiano e non ho faticato granché ad integrarmi e ambientarmi, tranne che a sopportare il freddo dei mesi invernali. Sin dal mio arrivo ho iniziato a mandare curriculum in giro, volevo continuare a lavorare in cantiere o in un ufficio di progettazione. Ma due diplomi non bastavano, così ho dovuto fare diversi corsi professionali regionali. Lo stesso faticavo a trovare un lavoro decente e i pochi impieghi, in giacca e cravatta, erano stage o con contratti brevi, eppure la voglia di imparare non mi mancava. Alla fine ho capito che i datori di lavoro italiani non volevano sfruttare la mia capacità intellettuale ma solo la mia forza fisica.

Così mi sono ritrovato a fare il lavapiatti in un ristorante a San Lorenzo, a fare traslochi in un’azienda sulla Cassia e a fare il badante al Flaminio. Ho anche provato, con scarsi risultati, a vendere elettrodomestici ed enciclopedie porta a porta. Ho poi fatto l’autista e giravo con un furgone per Roma e provincia raccogliendo animali domestici morti da portare per la cremazione multipla a Porta Portese, in orari notturni ho distribuito porta a porta i giornali agli abbonati di alcuni quotidiani del mainstream media in zona San Giovanni e poi sono diventato garagista in via Cavour dove parcheggiavo le auto come in una grande scatola di sardine.

Di nuovo altre esperienze e mi sono ritrovato a fare il macchinista per diverse compagnie teatrali, un lavoro faticoso e malpagato dove ho imparato che i registi di teatro, in gran parte “de sinistra”, sono schiavisti più dei caporali nei campi di pomodoro. Ti fanno lavorare gratis e poi scappano letteralmente con gli incassi dello spettacolo. Sono dovuto ricorrere a studi legali per riuscire a farmi pagare. Poi, a causa di un incidente sul lavoro, sono stato operato alla schiena con la raccomandazione dei medici di non dover più fare lavori fisici. Ma trovare un lavoro d’intelletto era pura utopia.

Ovviamente tutti questi lavori e lavoretti di cui vi ho raccontato erano al nero, nessun datore di lavoro mi ha mai pagato i contributi, della cinquantina di lavori che ho fatto dal mio arrivo in Italia non avrò maturato più di un anno di contributi, quindi addio pensione. Che bella fregatura, eh!? Oggi ho 53 anni, sono acciaccato dai dolori ciclici alla schiena, disoccupato (in tutti questi anni in Italia non ho mai ricevuto 1 euro di aiuto statale, nemmeno il reddito di cittadinanza) e nullatenente, l’unica cosa che possiedo sono i miei libri, che comunque non vendono.

Badate bene, quello che state leggendo non è un pianto greco sulla mia sfortuna, no affatto, devo dire che sono stato piuttosto fortunato ad aver incontrato la mia attuale compagna che mi ha sempre aiutato e mi ha dato una bellissima figlia italo-eritrea. Loro sono tutto il mio mondo, perciò rifarei daccapo ogni cosa.

Malgrado i datori di lavoro volessero soltanto la mia forza fisica io non ho mai abdicato alle mie aspirazioni, che sono quelle di scrivere e poter vivere della mia scrittura. Così sin da subito ho mandato a diverse case editrici alcuni manoscritti che mi hanno gentilmente rimandato indietro, dal 2002 ho partecipato a numerosi concorsi letterari, proponendo sceneggiature inedite cinematografiche e teatrali, romanzi e racconti per ragazzi. Soldi buttati, dal momento che per partecipare al concorso bisognava pagare una tassa. 

Poi la tragedia di Lampedusa del 3 ottobre 2013, in cui sono morti annegati numerosi miei conterranei, mi ha sconvolto in modo terribile scotendomi l’animo dal profondo. I politici e i media puntavano il loro dito accusatorio contro il Governo eritreo, come se li avesse imbarcati lui su quel maledetto barcone, mentre i morti erano sepolti con un numero sulla lapide nei cimiteri siciliani e non restituiti alle famiglie che li reclamavano. Per amore della verità e per ridare giustizia alle vittime ho deciso di indagare. Così sono stato catapultato nell’universo dell’immigrazione e dell’accoglienza dove mi si è aperto un mondo sconosciuto e infernale.

Ho un legame forte con l’Eritrea, è il mio Paese e lo conosco molto bene, non solo perché ho lì ancora mia madre. Leggendo quotidianamente le menzogne che i media mainstream italiani spargevano obbedendo ai dettami di Washington, non potevo rimanere in silenzio e perciò ho iniziato a lasciare sotto ad ogni articolo i miei commenti. Non contento ho iniziato io stesso a scrivere articoli, con una narrazione molto diversa sul mio Paese, con la convinzione che nessun italiano possa conoscerlo meglio di me.

Io che volevo solo scrivere storie per il cinema e commedie per il teatro sono finito, mio malgrado, a testimoniare e a raccontare di questa immigrazione forzata, di questa deportazione di esseri umani da trasformare in schiavi. Altro che “fuggono dalle persecuzioni e dalle guerre”!

Così, per andare negli abissi del “fenomeno” immigrazione mi sono infiltrato nel sistema dell’accoglienza come interprete di italo-tigrigna e di italo-amarico, riuscendo a guadagnare, con mia grande sorpresa, più soldi che in tutti i lavori che avevo svolto fino ad allora. Persino gli immigrati sbarcati da poco e che parlavano un italiano sgrammaticato potevano guadagnare più di un architetto! Capii che l’immigrazione era per i molti addetti ai lavori una sorta di gallina dalle uova d’oro! Io, che non sono mai stato venale, non ho resistito. Lo scopo per cui sono entrato in quel mondo è stato unicamente quello di farlo conoscere all’opinione pubblica. Usando il mio pseudonimo ho pubblicato gratuitamente diversi articoli e saggi. Sin da subito la mia è stata una missione per l’amore della verità, di quelle centinaia di articoli e saggi pubblicati in tutto il mondo e tradotti in diverse lingue non ho mai preso un solo euro. Poi sono stato scoperto.

Un giorno, senza alcun preavviso, sono stato cancellato dal gruppo whatsapp degli interpreti del CIES Roma, con il quale avevo collaborato. Indagando un po’ sono riuscito a scoprire che un’associazione Onlus di Bologna con la quale non avevo mai lavorato aveva trovato online un mio articolo pubblicato sull’Antidiplomatico[i] che parlava dei misfatti dei “volontari” di Unhcr e delle Associazioni d’accoglienza che si spartivano gli immigrati appena sbarcati. Da quel momento, a causa del passaparola sono stato tagliato fuori da tutto l’associazionismo laico. Ho continuato per un po’ a lavorare con la Caritas come mediatore culturale fino alla notte, all’aeroporto di Fiumicino, degli sbarchi di pseudo rifugiati provenienti da Addis Abeba. Mentre chiacchieravo amichevolmente con la mia responsabile di Assisi, la capa dei “volontari stipendiati” Caritas la chiamò e improvvisò una riunione formando un cerchio di una decina di persone. Capii immediatamente che discutessero di me infatti quando ritornò era cambiata, fredda e mi rispondeva a monosillabi senza guardarmi. Vidi confabulare con la capa il famoso Don Mussie Zerai, che quella notte aveva usato, per i propri interessi personali, i famosi corridoi umanitari facendo venire dall’Etiopia suo fratello come fosse stato un rifugiato[1].

La Caritas quella notte cambiò drasticamente il suo programma e senza interpellarmi mi mandò a casa. Nessuna di queste organizzazioni e onlus mi ha mai fatto un richiamo verbale o scritto, del resto nessuna di loro mi aveva fatto un vero contratto di lavoro registrato. Così come erano arrivati sparirono in silenzio. Questo era il loro sistema difensivo affinché nulla di quel che succedeva dentro il mondo dell’accoglienza venisse reso pubblico, un mondo che vedeva negli immigrati la esse di dollaro prima dell’esser umano, un mondo paternalistico e razzista nei confronti dei loro ospiti che gli fruttavano 45 euro al giorno ciascuno. Perciò dovevano allontanarmi subito per continuare a spolpare l’osso in santa pace.

Altri che sbocconcellano l’osso predicando i “porti aperti” per continuare quotidianamente a rosicchiare sono i giornalisti “immigrazionisti”. A giornali come l’Avvenire e il Manifesto ho scritto diverse lettere per obiettare alle loro affermazioni ma, oltre a non aver mai ricevuto alcuna risposta, ho subito la cancellazione dei miei commenti sotto ai loro articoli. Commenti educati ma rigorosi, che venivano censurati dopo alcune ore dalla loro comparsa. Protestai con il Manifesto richiedendo indietro le mie cinquantamila lire pagate il 19 agosto del '97 per impedire che il “Quotidiano Comunista” fallisse. Dalla Redazione mi hanno risposto che quel Manifesto era fallito nel 2002. E imperterriti hanno continuato a cancellare i miei commenti.

Negli anni, mi sono capitate diverse censure e tentativi di silenziare la mia voce. Un giorno mi hanno chiamato dalla Rai invitandomi a partecipare ad una trasmissione mattutina che trattava il tema dell’immigrazione ma poiché l’ospite di riguardo era Laura Boldrini, famosa per aver sempre negato un confronto ai membri della Comunità Eritrea, mi richiamarono e scusandosi mi dissero che mi avevano sostituito con un immigrato del Bangladesh. Per chi volesse approfondire i motivi per cui la Boldrini non volesse alcun eritreo in trasmissione vi rimando alla lettura del mio libro: Inferno Immigrazione.

Il 4 dicembre 2015 sono stato invitato a Radio Radicale dal Movimento degli Africani per partecipare alla trasmissione radiofonica “Voci africane” alle quali il buon Marco Pannella aveva concesso mezz’ora a settimana per raccontarsi liberamente. Ma appena saputo che ero della Comunità eritrea il giornalista Andrea Billau, seguendo il diktat della “Carta di Roma”, non mi volle più in trasmissione. Il Presidente del Movimento, Gaoussou Ouattarà, dovette insistere parecchio per fargli ingoiare il rospo. Lo stesso, durante la trasmissione, dei 30 minuti riservati alle “Voci africane” il giornalista se ne prese più della metà lasciando a me appena un paio di minuti, senza alcun diritto di replica al suo tono paternalistico e antipatico che voleva insegnarmi i fatti del mio Paese.

Ma la mia più grande colpa è stata quella di etichettare pubblicamente le Ong dei salvataggi in mare come “moderne navi negriere”. Dalla loro comparsa nel Mediterraneo nel 2015 e con l’aumentare della loro presenza si contano finora oltre 26.000 morti in mare a causa del fattore attrazione o effetto pull factor da loro creato.  “J’accuse di un eritreo: le Ong alimentano la nuova schiavitù” scrisse la Sicilia il 31 ottobre 2019 pubblicando la mia foto a pagina 8. La Sicilia è il quotidiano più diffuso sull’isola dove loro sono di casa e, ovviamente, non potevano farmela passare liscia. L’occasione gli si è presentata a Napoli il 25 novembre 2022, al Festival dei Diritti Umani, dove il regista Michelangelo Severgnini era stato invitato a proiettare il suo docu-film: l’Urlo, un documentario che per la prima volta dava voce ai migranti bloccati in Libia e al quale avevo dato un piccolo contributo con una partecipazione che, inizialmente, doveva essere di alcuni minuti ma che il produttore aveva voluto tagliare dicendo: “Io questo non lo voglio”.

Fu l’insistenza del regista a salvare pochi secondi, che furono sufficienti a far traboccare il vaso perché, fatalità, in sala erano presenti alcuni esponenti delle Ong dei salvataggi più attive nel Mediterraneo. Intorno al ventesimo minuto, quando sono apparso sullo schermo e appena ho iniziato a dire: “Occupandomi di immigrazione dal Corno d’Africa mi sono imbattuto qui in Italia nella Open Society Foundation…” un esponente di una Ong “è saltato su e non ci ha visto più e ha cominciato a dare dell’antisemita a chiunque”, come mi è stato raccontato dallo stesso regista[i], che poi verrà insultato anche pesantemente da altri. Nonostante fossero tutti ospiti riuscirono a fermare la proiezione allungando le mani sul mixer del tecnico e impossessandosi del microfono. Al regista non è stato concesso nemmeno il diritto al contradittorio, costretto a subire le loro prevaricazioni e bullismo in silenzio, è stato tradito persino dall’organizzatore del Festival. Giuseppe Caccia di Mediterranea Saving Humans ha detto “Propaganda che sentiamo da Casa Pound” aggiungendo: “tesi complottiste e antisemite”. A sinistra c’è ancora qualcuno che appena sente il nome di George Soros, anche quando non viene menzionato, grida al complottismo e all’antisemitismo. In sala c’era anche Padre Alex Zanotelli che si disse dispiaciuto di vedere una “roba del genere”. Anche a lui, tempo prima, avevo indirizzato[ii] un saggio che lo riguardava.

L’ultimo atto censorio mi è capitato qualche settimana fa, il 18 marzo, quando assieme a Michelangelo Severgnini, siamo stati invitati da un’associazione catanese, l’Osservatorio Euromediterraneo, per un’incontro-dibattito “Africa e Occidente” che doveva svolgersi nella sala conferenze della CGIL di Catania. L’Associazione aveva prenotato in anticipo la sala conferenze “B. Russo” il 31 gennaio. L’edificio di via Dei Crociferi n°40 è di proprietà del Comune di Catania e la CGIL lo gestisce da anni affittandolo gratuitamente a tutte le associazioni e comunità che ne fanno richiesta informalmente senza entrare nel merito, come da prassi, dell’utilizzo che ne viene fatto, sia esso culturale, sociale o ricreativo. Così l’Associazione dopo aver trascorso un mese ad organizzarsi con locandine e volantini, il 1° marzo crea l’evento su Facebook invitando chiunque a partecipare.

Il 18 marzo a metà mattina anch’io pubblico sul mio profilo la bellissima locandina scrivendo: “Venerdi 22 marzo sarò a Catania…” e proprio quello stesso giorno, verso le 18:30 un’impiegata della Cgil telefona all’Associazione per comunicare che, a causa del crollo del tetto, e quindi per motivi di sicurezza strutturale, la sala conferenze sarebbe stata inagibile e che non sarebbe stato possibile usufruire nemmeno degli spazi esterni, cancellando di fatto l’evento a pochi giorni dall’appuntamento.

Da un sopralluogo fatto nella sede della CGIL mezz’ora dopo è stato però constatato che non vi fosse stato nessun crollo del tetto. La mattina seguente dalla segreteria dissero all’Associazione che, poiché la CGIL era stata condannata a pagare per i danni fisici subiti da una persona caduta nel cortile, il segretario generale Carmelo De Caudo aveva deciso di chiudere la sala conferenze. Di seguito in extremis l’Associazione ha spostato l’evento in un locale in periferia stampando nuove locandine che sono state affisse esternamente alla sala conferenze della CGIL per avvisare le persone che si sarebbero recate sul posto sulla variazione d’indirizzo. Tali locandine sono state strappate. «Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova» diceva Agatha Christie, e in questa occasione di prove non ne sono certo mancate. Già ai primi di aprile, la CGIL ha programmato una nuova iniziativa nella stessa sala conferenze, con la presenza dello stesso Segretario generale Carmelo De Caudo intitolata: “No all’Autonomia differenziata”.[i]

Nel suo “Principi fondamentali – Articolo 2” la CGIL afferma “il valore della solidarietà in una società senza privilegi e discriminazioni, in cui sia riconosciuto il diritto al lavoro, alla salute, alla tutela sociale, il benessere sia equamente distribuito, la cultura arricchisca la vita di tutte le persone, rimuovendo gli ostacoli politici, sociali ed economici che impediscono alle donne e agli uomini native/i e immigrate/i di decidere – su basi di pari diritti ed opportunità, riconoscendo le differenze – della propria vita e del proprio lavoro.” Perfetto! Allora perché questi sacrosanti valori non valgono anche per me che sono un immigrato? Perché io dovrei essere discriminato? O devo dedurre che la CGIL accolga gli immigrati solo come schiavi nei campi? Quelli che ancora non parlano l’italiano e che non fanno i relatori ad un evento culturale?

Nel mio libro ho definito “indegno” il tweet del 2020 del sindacato Flai-Cgil Sicilia che scrisse: “I nostri campi hanno bisogno di braccia, serve regolarizzare i lavoratori stranieri, subito! #regolarizzateli”. Che se la siano presa per questo? No, non credo che qualcuno di loro abbia letto il mio libro, così come non credo che qualcuno di loro possa conoscermi. Di sicuro la CGIL, al contrario delle mie posizioni, è da anni impegnata a promuovere iniziative politiche a favore delle Ong dei salvataggi per “aprire i porti” raccogliendo persino le firme tra i suoi iscritti.[i] 

Dunque è plausibile che questo improvviso rifiuto sia da ascrivere ad una deliberata decisione politica, una vera discriminazione o peggio ancora una brutale censura?

Per fugare ogni dubbio concludo con una domanda: Se non si tratta di discriminazione, censura o di una decisione ideologica farina del proprio sacco, la CGIL, il più grande sindacato d’Italia, ha forse subito una qualche pressione esterna, che so, magari una telefonata da esponenti delle Ong dei salvataggi, per esempio?

Lascio ai lettori l’ardua sentenza! Io aspetto pazientemente una delucidazione che molto probabilmente non avverrà mai.

Ad maiora semper.

*Scrittore eritreo e panafricanista, è nato ad Asmara nel 1970 e vive e lavora in Italia dal 1995. Con i suoi libri, articoli e saggi pubblicati online e tradotti in inglese, francese, tedesco e norvegese si è battuto per offrire una voce alternativa ai racconti dei media mainstream italiani ed europei sull'immigrazione e il neo colonialismo. Nel 2019 ha pubblicato il suo primo romanzo "Mother Eritrea" e nel 2022 il saggio d'inchiesta "Inferno Immigrazione". Di prossima pubblicazione (2024) il suo romanzo sul colonialismo italiano in Eritrea.

[i] Migranti: Cgil a Toninelli, porti aperti a chi salva vite

https://www.cgil.it/ci-occupiamo-di/immigrazione/migranti-cgil-a-toninelli-porti-aperti-a-chi-salva-vite-j44u5mzg

CD CGIL, ORDINE DEL GIORNO CONTRO LA CHIUSURA DEI PORTI: SOLIDARIETA’, DIRITTI, UMANITA’ https://www.cgilmodena.it/cd-cgil-ordine-del-giorno-la-chiusura-dei-porti-solidarieta-diritti-umanita/

Aquarius: la Cgil si mobilita in tutta Italia. Gli appuntamenti in Lombardia

https://www.cgil.lombardia.it/aquarius-la-cgil-si-mobilita-in-tutta-italia-gli-appuntamenti-in-lombardia/

APPELLO: SCUOLE E PORTI APERTI PER UNA SOCIETÀ PROSPERA, CIVILE E SICURA

https://www.flc-cgiltorino.it/index.php/it/vecchio-sito/1312-appello-scuole-e-porti-aperti-per-una-societa-prospera-civile-e-sicura

 

 

 

 

 

[i] “PERCHÉ NO ALL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA”. MERCOLEDÌ 10 APRILE NUOVO INCONTRO https://www.cgil.catania.it/2024/04/04/perche-no-allautonomia-differenziata-mercoledi-10-aprile-nuovo-incontro/    

[i] "IL MIO FILM CENSURATO DALLE ONG". PARLA MICHELANGELO SEVERGNINI https://www.youtube.com/watch?v=VG0NqqxYOeU

[ii] RISPOSTA DI UN AFRICANO ALLA LETTERA DI PADRE ALEX ZANOTELLI SULL’AFRICA https://comedonchisciotte.org/risposta-di-un-africano-alla-lettera-di-padre-alex-zanotelli-sullafrica/

[i] UNHCR e i 'rifugiati' africani

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-unhcr_e_i_rifugiati_africani/82_28230/

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