L'Unione Europea nella percezione degli italiani

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L'Unione Europea nella percezione degli italiani

 

“Dobbiamo essere modesti e avveduti, guardarci dall’arroganza e dalla precipitazione e servire il popolo con tutto il cuore”.

Mao Zedong




di Leonardo Sinigaglia per l'AntiDiplomatico


Le elezioni europee sono state giustamente definite da molti un “teatrino”, e, per l’effettiva incapacità di incidere in alcun modo sulla politica del continente, eterodiretta da Washington e dai grandi gruppi finanziari, sarebbero ampiamente trascurabili. Ciononostante, la recente tornata elettorale fornisce alcuni spunti di riflessione.

In primis non si può come rilevare che la maggioranza degli italiani sia indifferente al “processo democratico” in cui Mattarella vedrebbe consacrata una pretesa “sovranità europea”. Più del 50% degli italiani ha scelto di non recarsi alle urne, mostrandosi indifferente a qualsiasi proposta di “riforma”, “rivoluzione” o “tutela” delle istituzioni europee. Ciò sicuramente è effetto di una più generale indifferenza alla politica, ma vi è un crescente elemento di ostilità rivolto espressamente verso l’Unione Europea, come dimostrano i dati sull'affluenza più alta là dove si è votato per le amministrative. Questa ostilità trova unico sbocco politico nell’astensione, un'arma a doppio taglio che se da un lato indebolisce l’autorevolezza dell’Europarlamento, dall’altra non offre stimoli positivi utili alla costruzione di soggetti politici capaci di opporsi ai disegni bellicisti e alla più totale subalternità alle politiche d’Oltreoceano.

Lega e Movimento 5 Stelle, che in questi mesi si erano proposti di intercettare il voto di protesta legato alla frustrazione verso l’Unione Europea e al proseguimento del conflitto per procura contro la Russia in Ucraina, hanno subito un importante tracollo, assestandosi rispettivamente al 9% e al 10%. Alle elezioni politiche del 2018 questi due partiti raggiunsero complessivamente  più del 50% dei voti, un vero e proprio plebiscito riconfermato, a parti invertite, dalle europee del 2019. Decine di milioni di italiani avevano riposto fiducia in questi due partiti, presentatisi come “populisti”, per vedere difesi i propri interessi e tutelata l’indipendenza nazionale. Nonostante le promesse il governo “gialloverde” ha portato, dopo l’ingresso del PD al posto della Lega, direttamente al governo Draghi, sostenuto anche dai partiti di Salvini e Conte. Un tradimento che gli italiani non hanno potuto perdonare, e che ha indubbiamente spinto numerosi cittadini a ritirare il proprio supporto e a buttarsi nel mare dell’astensione. Il rispolverare da parte di Salvini una retorica più “massimalista”, anche tramite la candidatura pubblicitaria di Vannacci (presentato come “antisistema”, ma in realtà generale atlantista dal filo-occidentalismo indiscutibile) è stato completamente inutile, così come il rinnovato pacifismo dei Cinque Stelle e di Giuseppe Conte, riapparso unicamente dopo aver “condannato la Russia”, approvato l’ampliamento della NATO e l’invio di armi al regime di Kiev, oltre che la missione europea Aspides contro l’eroico intervento yemenita al fianco del popolo palestinese.

Le liste più marcatamente europeiste e filo-guerra hanno ottenuto una sonora sconfitta. Né Azione, né Siamo Europei sono riuscite a passare la soglia di sbarramento, collezionando, al netto dell’affluenza, un consenso pari all’1,7% e all’1,9% degli aventi diritto. Fortunatamente per l’Italia, l’Europa e il mondo intero, i più sfacciati e aperti sostenitori della Terza Guerra Mondiale esistono unicamente sui social network, dove abitano una “bolla” auto-referenziale completamente sconnessa dalla realtà. Le bustine di marijuana lanciate ai comizi e la martellante campagna social a base di universitari innamorati dell’Europa non ha sortito particolari effetti, anche, ed è bene ribadirlo, per l’oggettiva impresentabilità di figure come Calenda e, soprattutto, Renzi, testardamente impegnato a collezionare fallimenti.

Altrettanto male però fanno le liste cosiddette “antisistema”, che, complessivamente, stentano ad arrivare al 4%. Né DSP, né Pace, Terra e Libertà, né tantomeno la “lista di scopo” di De Luca sono riusciti a proporsi come alternativa credibile, non solo per carenze interne (leaderismo, assenza di radicamento popolare, palese assenza di progettualità politica), ma anche perché fondamentalmente sconosciute ai più. La grande maggioranza degli italiani semplicemente ignorava la loro esistenza.

Al netto della bassa affluenza, la maggioranza relativa dei voti degli elettori sono andati a partiti che si sono presentati, e che sono stati presentati dai media, come critici dell’Europa, come Fratelli d’Italia e la Lega. Si tratta ovviamente di un’operazione truffaldina, già smentita dalla Meloni, tra le altre cose, con il suo sostegno alla rielezione della Von der Leyen[1], ma che mostra come una parte non trascurabile di italiani, probabilmente maggioritaria, mal sopporta le istituzioni comunitarie, e vorrebbe un diverso posizionamento dell’Italia a livello internazionale.

Sul Partito Democratico vi è in realtà poco da dire, nonostante i proclami trionfanti della cittadina statunitense Elly Schlein: rimane un partito clientelare espressione delle ZTL e tenuto in piedi da quella rete di supporto che, andando dalla CGIL all’Arci, ne permette la riproduzione. Il PD è destinato ad avere grossomodo le stesse percentuali fino all’estinzione fisica dei suoi elettori, in quanto questi non sono altro che quegli italiani che hanno trovato modo di far fruttare a loro favore lo stato semi-coloniale in cui versa l’Italia.

Similmente si può dire della coalizione “rossoverde”, stampella “a sinistra” del PD, destinata in Europa ad appoggiare le peggiori linee belliciste e in Italia a sostenere, anche se imbronciata, i diktat di Washington e Bruxelles, magari permettendosi qualche trovata propagandistica sotto elezioni. A completare il quadro patetico la candidatura di Ilaria Salis, vero e proprio contraltare di Vannacci, ma dalla sostanza politica indistinguibile.

In breve: l'UE è odiata, o comunque non sostenuta, dalla grande maggioranza degli italiani; non esiste nessuno capace di trasformare ciò in proposta politica coerente; per fare ciò occorrerebbe:

 

  1. a) media capaci di raggiungere persone fuori dalle "bolle" di attivisti e militanti;

 

  1. b) una progettualità politica che miri ad aggregare gente normale, non i residui dell'estrema sinistra o microcosmi autoreferenziali.

 

Uno dei principali problemi da affrontare a tal fine è la “demofobia”, l’idea che “gli italiani siano stupidi”, e che invece qualche attivista (o preteso tale) sia “più sveglio”. Questa posizione è miope, e allontana la gente comune al posto di avvicinarla. Ma non solo: è fondamentalmente errata. La popolazione italiana è incredibilmente più "sveglia" di quello che si possa pensare, riconosce istintivamente che i suoi interessi sono contrapposti al processo federale europeo, alle guerre della NATO, all'immigrazione di massa e alle degenerazioni culturali. Se viene ingannata da gente come Salvini e Meloni è unicamente perché questi vengono fatti passare come ostili a tutto ciò da una propaganda martellante; se si rifugia nell’astensionismo è perché non ha più fiducia nel sistema e in qualsiasi proposta di sua riforma. La stragrande maggioranza degli italiani non ha accesso alle risorse informative possedute dai pochi “addetti ai lavori” che si interessano di politica, economia e geopolitica. Quello che sanno è dato dai media cosiddetti mainstream, e filtrato da esistenze sempre più precarie che non permettono il tempo materiale per approfondimenti autonomi. Ciononostante, come dimostrano stagioni come quella dei Forconi o del movimento anti-green pass, quando le condizioni materiali portano a una politicizzazione delle masse queste non solo rispondono, ma si dimostrano spesso più avanzate di gruppuscoli e partitelli dell’area “sovranista” o dell’estrema sinistra. Per dirne una, sono serviti pochissimi anni perché a una buona parte degli italiani fosse chiara la natura criminosa dell’euro e dell’Unione Europea, mentre molti “rivoluzionari” ammantati di rosso e dal pugno chiuso ancora oggi ritengono inopportuno fare propria la lotta antieuropeista.

Nonostante la gravità dei tempi serve essere coscienti che non esistono soluzioni sul breve periodo. L'unica prospettiva è un'opera di costruzione lenta e costante al di fuori  delle aree militanti e dei circoli autoreferenziali, cercando di imparare a comunicare con la gente normale, con le masse, per rendersi interlocutori autorevoli di quei milioni di italiani che sono già naturalmente portati a difendere i propri interessi e che oggi sono guardati dall’alto in basso tanto dalle fazioni liberali al potere quanto da chi vorrebbe osteggiarle.

[1] https://www.lastampa.it/speciale/esteri/elezioni-europee-2024/2024/06/11/news/meloni_vota_von_der_leyen-14380874/

Leonardo Sinigaglia

Leonardo Sinigaglia

Nato a Genova il 24 maggio 1999, si è laureato in Storia all'università della stessa città nel 2022. Militante politico, ha partecipato e collaborato a numerose iniziative sia a livello cittadino che nazionale.

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