Mi vergogno di questo governo: povera Italia!

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Mi vergogno di questo governo: povera Italia!

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Facevo la mia corsetta nel quartiere e ad un certo punto ho visto dei signori anziani, parecchio anziani, che indossavano una casacca con su scritto «cittadino volontario». Stavano pulendo la strada: raccoglievano la spazzatura, strappavano l’erbaccia che ormai cresce ovunque sui marciapiedi, addirittura verniciavano i muri per coprire i murales di qualche innamorato disagiato che lascia messaggi d’amore seminando errori ortografici per la città.

Apparentemente una scena “positiva”, superficialmente un quadro idilliaco, e invece no: ci hanno abituato così intimamente a ragionare in un certo modo, da farci apparire quasi belli degli scorci che in realtà tracciano i contorni cupi di una civiltà in totale decadenza, abbandonata a se stessa, priva di fermi e chiari punti di riferimento culturali. Potrei apparire eccessivo, ma ve lo devo proprio dire: a me quella scena ha provocato nausea, disgusto.

Si perché quegli anziani avranno certamente avuto dei nipoti, delle famiglie, delle passioni ed è ad essi che avrebbero dovuto dedicarsi: alla coltivazione del proprio tempo, alimentandolo con ciò che amano. Tempo che ad una certa età diventa molto più prezioso di quanto noi giovani siamo in grado di percepire.

La stessa nausea me la provocano tante altre situazioni: ovviamente la consapevolezza che in caso di emergenza ti toccherà aspettare in pronto soccorso ore e ore prima di ricevere assistenza; il fatto di dover passeggiare con le cartacce in tasca per un intero pomeriggio prima di trovare un cestino nel quale poter gettare i rifiuti; persino le raccolte fondi in sostegno della ricerca, quelle che passano in tv e che tentano di farti sentire un mostro se non mandi l’sms.

Sarò forse eccessivo ma personalmente riscopro sempre la stessa logica, sempre la stessa matrice ideologica in certi momenti: l’assenza dello Stato, il suo ritirarsi, il suo rafforzarsi in difesa degli interessi dei potenti e dei forti, nel suo infrangersi quando si tratta di dover intervenire per i molti, per le masse, per la maggioranza, per i deboli.

Il fatto che alcuni anziani siano costretti sotto il sole di un sabato mattina di maggio a pulire le strade per limitare il degrado che mangia i nostri spazi è profondamente incivile. Sia chiaro, ho ammirato quelle persone e la mia corsetta quasi mi imbarazzava, il mio sudore era quasi colpevole se paragonato al loro, quasi sprecato, eppure non provavo alcuna soddisfazione dinanzi a quella scena: ovviamente mi indigna l’idea di un vecchio costretto ancora a lavorare, peraltro senza alcuna retribuzione e al servizio della stessa comunità, la trovo orribile e incostituzionale. Ma non è solo questo.

È proprio il fatto che oggi sia considerata giusta, quasi nobile, l’idea per la quale le esigenze della collettività debbano essere scaricate sugli individui, sullo sfigato di turno: è come se le fondamenta stesse del contratto sociale fossero venute meno e ciò risultasse accettabile, ancora più che tollerabile. È la nostra inconsapevolezza ad indurci a tale stato di rassegnazione, subalterna prostrazione.

Difficile immaginare come le cose possano mutare, come possano migliorare, individuare qualcuno che possa tenderci la mano e tirarci fuori da questo pantano stantio nel quale affondiamo. E dopotutto basta guardare a chi guida il governo in questo momento, senza contare chi ne racconta le gesta, ovvero un manipolo di viscidi venduti.

A capo del governo abbiamo colui il quale Cossiga definì un vile affarista, liquidatore dell'industria pubblica italiana. Ammoniva, Cossiga: «immaginati cosa farebbe da Presidente del Consiglio dei ministri: svenderebbe quel che rimane!». Purtroppo abbiamo ben poco da immaginare: ce l’abbiamo sotto gli occhi.

E c’è la guerra e alla Farnesina, a capo del ministero degli esteri della nostra repubblica, abbiamo uno che una volta parlò della Francia elogiandone la «tradizione democratica millenaria», uno che nel 2018 era convinto che a governare la Cina ci fosse un tal «Presidente Ping», lo stesso che una volta parlò dei «tempi di Pinochet in Venezuela». E durante una guerra, immagino, ipotizzo sommessamente, che il ministro degli esteri rivesta un ruolo di peso.

E questi si arrogano persino il diritto di qualificarsi come il “governo dei migliori”: non oso immaginare chi possano essere gli altri.

Siamo messi male, malissimo, ma guai ad arrendersi.
*
Ho scritto “Contro lo smart working”, Laterza 2021 (https://www.laterza.it/scheda-libro/?isbn=9788858144442) e “Pretendi il lavoro! L'alienazione ai tempi degli algoritmi”, GOG 2019 (https://www.gogedizioni.it/prodotto/pretendi-il-lavoro/)

Savino Balzano

Savino Balzano

Savino Balzano, nato a Cerignola nel 1987, ha studiato Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Perugia. Autore di "Contro lo Smart Working" (Laterza, 2021) e di "Pretendi il Lavoro! L'alienazione ai tempi degli algoritmi" (GOG, 2019). Sindacalista, si occupa di diritto del lavoro, collabora con diverse riviste.

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