Michelangelo Severgnini, rivoluzioni all'orizzonte? Intervista al regista de "Il Dissentista"
di Giulia Bertotto
Il Dissentista è un docufilm breve, il primo di una serie “Lotte sociali sulla soglia di un conflitto mondiale”, scritto dal blogger e scrittore Fabio Maggiore e dal musicista e regista Michelangelo Severgnini, per la regia di Severgnini. L'opera è prodotta da l'AntiDiplomatico. Ieri, 28 aprile , si è svolta la prima, partecipatissima, proiezione capitolina al Teatro Flavio. Il dibattito con il pubblico è stato condotto da Severgnini, dal giornalista esperto in economia politica Gilberto Trombetta e dal professor Enzo Pennetta, saggista e promotore del referendum “Ripudia la guerra”.
La prima scena de Il Dissentista si apre sulla sagoma di un ragazzo (Fabio Maggiore) che cammina pensieroso sulla cresta marittina di Bagheria, lo spettatore ammira con lui l'orizzonte plumbeo: meno di duecento chilometri dalle coste tunisine, qui d'estate il sole sembra anche più vicino del paese africano.
Il 18 ottobre 2022 Mazara del Vallo si mobilitava, duemila persone si riversavano in piazza della Repubblica, insieme lavoratori e datori di lavoro, piccole imprese e famiglie contro il “caro vita”: le prime che non potevano pagare le utenze e stipendiare i lavoratori e i secondi in difficoltà con la spesa. Parliamo di bollette da decine di migliaia di euro, (77mila euro, afferma un imprenditore ripreso). “Paghiamo armi per una guerra che non vogliamo combattere mentre non possiamo arrivare sereni a fine mese”, dicono. “Non siamo bancomat da cui prelevare” è lo slogan che si legge sulle bandiere e viene gridato ai megafoni. La gente qui è stata tosata fino alla carne viva, spiega il protagonista. In Sicilia se ne erano accorti che qualcosa non tornava, qualcosa di plateale eppure ben nascosto rischiava di far saltare i già precari equilibri sociali.
E' più corretto definire “Il Dissentista” il racconto di una rivoluzione mancata o di una rovina imminente? Sembra infatti un'inquietante anticipazione di quello che accadrà (magari in un primo tempo a macchia di leopardo) con la nuova dittatura invisibile dei mercati. Mazara del Vallo potrebbe essere il luogo emblematico di un presagio, di quello che da qui a pochi anni ci aspetta…
La famosa sfera di cristallo ovviamente non l’abbiamo, ma in quelle settimane in Sicilia si aveva la percezione di essere per la prima volta sotto il livello di galleggiamento. Come Fabio ha ben descritto con la metafora della pecora tosata. Sull'isola non c’era la rassegnazione di una pecora ormai abituata a farsi portare via la lana, questa volta la tosatrice era andata troppo in profondità e aveva raschiato la carne dell'animale che a quel punto si è ribellato. Fuori di metafora, la situazione economica creatasi in quei mesi autunnali non era ulteriormente sopportabile. Era stato superato il limite reale tra la povertà diffusa e la miseria generalizzata tipica dei periodi di guerra. La gente lo ha sentito e si è riversata nelle strade perché senza interventi da parte pubblica il suo stile di vita sarebbe crollato e per alcune persone ne sarebbe andato perfino della stessa sopravvivenza. Quindi quelle settimane ci hanno insegnato -ma credo l’abbiano insegnato meglio ai politici- qual è il confine con la rivolta di popolo. E ormai siamo solo a un passo.
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L'INTERVISTA:
I politici e i giornali (di qualsiasi colore) ci parlando di tutti questi flagelli dai nomi vaghi e dalle cause misteriose: caro vita, caro bollette, caro carburanti...una sorta di fardelli ultraterreni imprevedibili e perciò inevitabili. Mentre chi protesta è molto più preciso e imputa la lievitazione dei pezzi alle speculazioni: ai cittadini viene fatto credere che ci siano cause incontrastabili per la loro condizione...sembra una nuova predestinazione di matrice economica invece che teologica, una nuova volontà divina a cui non ci si può opporre. Nel documentario tu spieghi che invece si tratta di Finanza speculativa.
Una cosa interessante di queste proteste, al netto della frustrazione poi emersa e della eterogeneità delle persone presenti, è stato constatare la diffusa consapevolezza dell’aspetto speculativo della vicenda. Sì, la guerra in Ucraina costa e fa lievitare i prezzi, può darsi, ma l’aumento delle bollette proviene da una decisione di forza di istituti finanziari dai quali le istituzioni non sanno proteggerci, anzi ci consegnano inermi alle loro scorribande. Per questo le proteste avevano nei sindaci il loro interlocutore locale. Sindaci ovviamente impotenti, perché a loro volta ostaggio dell’azione del governo. Il personaggio del film, il dissentista, si permette solo di aggiungere che verosimilmente questo rincaro improvviso delle bollette e la seguente flessione vanno considerate come una tassa di guerra forzata, applicata da quei grandi istituti finanziari che poi sappiamo stiano sostenendo la guerra in Ucraina. In quale altro modo andrebbe definito ciò che è successo?
Durante le riprese delle proteste vediamo chiaramente come il conflitto scivoli sul piano orizzontale (tra l'imprenditore Quartararo e una signora, “una madre”, si definisce) invece di indirizzarsi verso l'alto. Poi il protagonista interviene per ricordare che l'avversario è nei palazzi non nella folla...tuttavia non lo fa in modo anti-politico, poiché ricorda ai concittadini che il Governo rappresenta la volontà popolare. La politica non è contro i cittadini né il suo aguzzino, ma è al suo servizio. E' un concetto che va recuperato secondo te?
La scena in cui il dissentista, all’apice della frustrazione delle persone scese in piazza a Palermo, sotto al palazzo comunale, preso atto che le istituzioni locali non potevano “fare nulla”, è un po' il cuore del film. E non è stata una scena preparata. Da diverso tempo stavo riprendendo queste proteste e mi stavo interessando alle persone che vi partecipavano. Poi ad un certo punto, quando la tensione ha cominciato a creare conflitto tra i manifestanti, Fabio Maggiore spontaneamente ha preso il megafono e ha tenuto il suo discorso. Lì, in quel momento, è diventato protagonista del film, è diventato il dissentista. E’ stato come se il casting e le riprese stesse fossero la stessa cosa. Con quel gesto e quelle parole si è manifestato come quel personaggio che mancava alla storia. Da lì in poi il film è stato costruito come se tutti noi sentissimo la realtà attraverso la sua vicenda.
Il tuo modo di dissentire è fare film, girare documentari, informare attraverso il piacere di catturare immagini e suggestioni e farne una tua visione?
In realtà l’esercizio del dissenso va plasmando la mia vita da molto tempo e sono sicuro che farmi propaganda della narrazione dominante mi avrebbe aperto molte più strade. Ma non ho mai chiesto a me stesso di diventare un regista da Oscar, quanto di mettere a disposizione i miei talenti per fare un po' di “sabotaggio culturale”, il meglio possibile con i mezzi a disposizione, per rompere le catene con cui tutti conviviamo, da Italiani. A cominciare dal vincolo esterno, dalla schiavitù della NATO e di altri trattati internazionali che ci hanno relegato a sudditi e non già cittadini. Ho sempre raccontato questo, in fondo, cercando di cogliere il bello dove è autentico e non dove è acconciato.
Il nostro dissentista ci appare quasi come un personaggio archetipico, un resistente senza tempo; è forse colui che non permette che sulla sua pelle si sperimentino farmaci invece di pretendere un servizio sanitario di qualità sul territorio, è colui che non si fa raccontare di una “guerra per la pace” quando è un conflitto causato dall'insaziabile voracità occidentale e della NATO, che non si fa raggirare da quelle sedicenti politiche ambientali che hanno lo scopo di toglierci tutto?
Questo lo lasceremo dire agli spettatori.
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