Odio i fatalisti
di Francesco Erspamer
Odio i fatalisti. Quelli che mascherano la loro pigrizia, la loro superficialità, le loro paure, la loro impreparazione dietro la passiva accettazione di un presunto destino ormai scritto o di poteri invincibili. Chi vive veramente non può che scegliere l’azione, l’impegno, la lotta, anche se le speranze sono poche, anche se le difficoltà sono reali e paiono insormontabili. La rassegnazione è abulia, parassitismo, vigliaccheria; non è vita. Perciò odio i fatalisti.
Il fatalismo è il peso morto della Storia. Il fatalismo opera potentemente nella Storia. Opera passivamente, ma opera. È ciò su cui non si può contare; è ciò che blocca il pensiero, i cambiamenti, i programmi; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, sopporta leggi ingiuste e lascia al potere uomini indegni. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la gente si piega perché le fanno credere che non ci sia niente da fare; e allora sembra che sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, molti sognano miracoli; ma nessuno o pochi si domandano: se adesso facessi il mio dovere, se cercassi di far valere la mia volontà, davvero non potremmo ottenere ciò che vogliamo?
Odio i fatalisti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come stanno svolgendo il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che fanno e specialmente di ciò che non fanno. E sento che è giusto essere inesorabile e non dover sprecare la mia pietà, non dover spartire con loro le mie lacrime.
L’impegno è vita, è speranza di vita, non importa se disperato o perdente: nelle coscienze di chi lotta già pulsa l’attività di un mondo migliore. E in esso la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in esso nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, agisco, ci provo. Perciò odio chi sta a guardare, chi si piega o si limita a criticare, senza provare, senza sbagliare, senza provare di nuovo; odio i fatalisti.
(Adattamento di una famosa pagina di Gramsci dedicata agli indifferenti, antenati degli odierni fatalisti e affetti dalla stessa sindrome).