Paolo Desogus - Il popolo palestinese e la violenza disperata
2396
di Paolo Desogus
Da anni il popolo palestinese è vittima delle più gravi ingiustizie. Lo stato di Israele ha tradito tutti gli accordi internazionali, anche quelli che garantivano vantaggi inequivocabili alla sua popolazione. Il suo esercito si è ricoperto di infamia con una violenza omicida, spesso animata da uno spirito razzista che vede nei palestinesi e nei suoi diritti qualcosa che è possibile calpestare liberamente. Il suo stato, non molto lontano dal regime teocratico, si è auto-attribuito la licenza morale di uccidere e di esercitare la propria supremazia con ogni mezzo e sopruso.
Non meno grave è poi l’uso della vicenda della Shoah come manganello politico per colpire e condannare moralmente i critici e gli oppositori: sei contro Israele, allora sei antisemita in odore di nazismo. A questa micidiale equazione, che offende la morte dei deportati nei lager, va aggiunta un’opera di influenza capillare nell’opinione pubblica europea, particolarmente efficace in Italia, dove tutte le principali testate sono fedelmente schierate con Israele con argomenti che nemmeno la stampa israeliana, da quello che si ricava dalle edizioni in inglese, usa in modo così disinvolto e semplicistico. Fatto del tutto ignorato in Occidente è poi l’esistenza di una comunità israeliana d’opposizione che è consapevole della violenza del proprio paese e che lavora per la convivenza. Eppure nulla, la lettura occidentale coincide con quella degli israeliani più fanatici. Il risultato è che nonostante i crimini documentati, nonostante l’occupazione delle terre, la distruzione delle proprietà altrui, l’esercizio indiscriminato e ingiustificato della violenza, nonostante tutto questo Israele gode di una protezione speciale che libera la sua azione politica e militare da sanzioni.
Non meno grave è poi l’uso della vicenda della Shoah come manganello politico per colpire e condannare moralmente i critici e gli oppositori: sei contro Israele, allora sei antisemita in odore di nazismo. A questa micidiale equazione, che offende la morte dei deportati nei lager, va aggiunta un’opera di influenza capillare nell’opinione pubblica europea, particolarmente efficace in Italia, dove tutte le principali testate sono fedelmente schierate con Israele con argomenti che nemmeno la stampa israeliana, da quello che si ricava dalle edizioni in inglese, usa in modo così disinvolto e semplicistico. Fatto del tutto ignorato in Occidente è poi l’esistenza di una comunità israeliana d’opposizione che è consapevole della violenza del proprio paese e che lavora per la convivenza. Eppure nulla, la lettura occidentale coincide con quella degli israeliani più fanatici. Il risultato è che nonostante i crimini documentati, nonostante l’occupazione delle terre, la distruzione delle proprietà altrui, l’esercizio indiscriminato e ingiustificato della violenza, nonostante tutto questo Israele gode di una protezione speciale che libera la sua azione politica e militare da sanzioni.
Di fronte a questo scenario di umiliazioni e prepotenze i palestinesi reagiscono con disperata violenza. Non hanno nessuna possibilità di vittoria, nessun margine per accordi di pace, nulla più da perdere se non la propria prigionia: Israele mira a strangolare e a occupare integralmente i territori che non gli appartengono. La violenza risulta l’unica risposta possibile nonostante la netta superiorità economica, militare e tecnologica dello stato di Israele. Ma ripeto è una violenza disperata, quella di chi tenta l’ultimo colpo prima di morire sopraffatto.