Perchè la Tunisia si è astenuta all'Onu sulla proposta di tregua a Gaza?
di Francesco Fustaneo
L'Assemblea Generale dell'Onu ha approvato la bozza di risoluzione presentata dalla Giordania a nome degli Stati arabi che proponeva una tregua a Gaza, garantendo l'ingresso degli aiuti e impedendo lo sfollamento forzato.
Il testo, dal valore non vincolante, ha ottenuto 120 voti a favore, 14 contrari (tra cui gli Usa e Israele) e 45 astenuti (tra cui l'Italia).
Dalla Palestina, Hamas fa sapere di aver accolto con favore il provvedimento, mentre dai toni diametralmente opposti è stato come prevedibile il commento delle autorità israeliane per il tramite del proprio ambasciatore ambasciatore, Gilad Erdan: “ Oggi è un giorno che passerà alla storia nell'infamia, un giorno buio per l'Onu, che non ha più un briciolo di rilevanza o legittimità".
Parole dure quelle israeliane, che si sommano alle critiche già recentemente pervenute contro il Segretario generale alla Nazioni Unite, Guterres che aveva affermato “che le sofferenze del popolo palestinese non possono giustificare gli spaventosi attacchi di Hamas", ma anche che quegli stessi attacchi “non possono giustificare la punizione collettiva del popolo palestinese”, deplorando le “chiare violazioni del diritto umanitario internazionale”.
Per tutta risposta oltre alla richiesta di dimissioni di Guterres, Israele aveva fatto sapere che avrebbe negato i visti di ingresso ai funzionari delle Nazioni Unite.
Ritornando alla risoluzione, a sorpresa tra i paesi che si sono astenuti dalla votazione, figura anche la Tunisia di Kais Saied.
Ribadiamo “a sorpresa” perché la Tunisia storicamente è sempre stata dalla parte della causa palestinese e anche con Saied, attualmente in carica, le uscite pubbliche di fronte alle politiche repressive israeliane, erano state duramente improntate alla loro condanna.
Proprio nei giorni scorsi, lo stesso Saeid aveva ricordato la risoluzione n. 3379 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 10 novembre 1975 criticando il sionismo “come una forma di razzismo simile al sistema di separazione e discriminazione razziale”.
Sostenendo che le risoluzioni dell'Assemblea Generale non abbiano indotto alcun cambiamento sull'atteggiamento israeliano, sempre Saied aveva dichiarato che “l'entità sionista ha perpetrato i massacri più spaventosi e insiste nel commetterli fino ad oggi”.
Parole di condanna da una parte, azioni diplomatiche e forniture di aiuti umanitari in partenza da Tunisi per la Striscia di Gaza, dunque dall'altra.
Sicché appunto sembrerebbe a prima vista un ossimoro l'astensione, a fronte invece della votazione per il sì alla tregua, di tanti paesi arabi, tra i quali i confinanti Libia, l'Algeria e perfino il Marocco, paese quest'ultimo che dalla questione palestinese negli anni passati, istituzionalmente aveva preso un certo distacco. Di fatti a seguito degli accordi portati avanti nel 2020, dall'amministrazione Usa allora uscente, al tempo a guida Trump, il Marocco aveva iniziato la normalizzazione delle relazioni diplomatiche con lo Stato ebraico aggiungendosi ai tre paesi arabi aderenti al c.d. Accordo di Abramo, ossia Emirati, Bahrain e Sudan. In cambio il Marocco otteneva il disconoscimento formale degli Usa e di Israele della causa saharawi.
Ma se anche il Marocco, pur con tutte le premesse enunciate, alla fine ha votato sì, perché la Tunisia, dunque, si è astenuta? A spiegarlo è stato lo stesso ambasciatore tunisino all'Onu, Tarek El Adab, lo scorso venerdì 27 ottobre, al termine delle votazioni: "la situazione allarmante e senza precedenti a Gaza deriva dalla continuazione della brutale offensiva israeliana contro il popolo palestinese, dal blocco imposto e dal divieto di tutti i mezzi di sussistenza alla popolazione, che richiedeva una posizione più chiara".
L'ambasciatore tunisino ha precisato che sebbene il progetto di risoluzione “chieda di facilitare l'ingresso degli aiuti umanitari e di impedire lo spostamento forzato, ha occultato la condanna esplicita e ferma dei crimini di guerra e del genocidio commessi dalle forze di occupazione. Ha aggiunto che il testo non richiede che l'occupante sia ritenuto responsabile dei suoi crimini, non indica chiaramente un requisito di un cessate il fuoco immediato e mette sullo stesso piano la vittima e il boia”.
Tarek El Adab ha inoltre fatto accenno alle manovre di alcuni paesi che presentando emendamenti avrebbero mirato “a dare all'occupante più libertà di commettere i suoi crimini e giustificarli. Ecco perché avevamo chiesto di votare su una risoluzione che non avrebbe aggravato ulteriormente la situazione”.
L'ambasciatore indica che dopo il rifiuto di queste raccomandazioni, “abbiamo optato per l'astensione in conformità con la posizione di principio della Tunisia che rifiuta il fatto di mettere sullo stesso piano l'aggredito e l'aggressore. La Tunisia riafferma la sua chiara e ferma condanna degli attacchi delle forze di occupazione contro i palestinesi. Questa è una questione di principio... Quindi, non accettiamo che questo sia occultato da una risoluzione in una situazione così eccezionale”. Inoltre, ha affermato che la Tunisia “spera che venga attuato il rispetto delle risoluzioni delle Nazioni Unite, per porre fine alle politiche belligeranti, alla sofferenza del popolo palestinese e all'occupazione. Speriamo anche che le cose siano nominate. Il bombardamento degli ospedali, l'assassinio di bambini e donne, la persecuzione di milioni di civili innocenti, prendere di mira i luoghi di culto... non possono essere considerati come legittima difesa, bensì come crimini di guerra, mentre il diritto all'autodeterminazione, la resistenza contro l'occupazione e il rifiuto delle politiche di apartheid è considerato terrorismo”.
Tarek El Adab ha concluso invitando la comunità internazionale ad assumersi le proprie responsabilità.
Terminata la parte di cronaca e spendendo due parole di analisi sulla questione, parere dello scrivente a caldo è che la Tunisia in questa fase specifica abbia commesso un errore, difettando di realpolitik, perché simbolicamente era importante di fronte alla carneficina portata avanti da Israele mettere in minoranza all'Onu (come poi del resto è comunque avvenuto) sul tema della tregua, l'aggressore e le controparti guidate dagli Usa che l'appoggiano. I distinguo, per certi versi anche leciti, ribaditi dall'ambasciatore tunisino, potevano essere comunque resi dopo aver votato sì al provvedimento.