Referendum Tunisia: con la vittoria del "sì" il paese cambierà volto
Già dalle prime rilevazioni all’indomani del referendum tenutosi lo scorso 25 luglio, era emerso che una percentuale compresa tra il 92-93% dei votanti aveva optato per il “Sì” alla riforma costituzionale proposta e fortemente voluta dal presidente Kais Saied. La nuova Costituzione sarà dunque adottata, facendo virare la repubblica in senso fortemente presidenzialista. Si incrementano poteri e competenze del “presidente”, si limitano i poteri della magistratura, viene anche meno il riferimento all’Islam come religione di Stato.
“Si apre una nuova fase per il paese” ha dichiarato il presidente Saied intervenendo, nella serata di ieri, in Avenue Bourguiba, dove centinaia di sostenitori si erano riuniti per festeggiare l’ormai certa vittoria nella consultazione. E di certo da domani la Tunisia cambierà volto: la nuova Legge fondamentale – che ha spazzato via quella approvata nel 2014, dopo la Rivoluzione dei Gelsomini – reintroduce nel paese un presidenzialismo forte. Al capo dello stato sono riservata numerose prerogative, mentre nessun contropotere è in grado di bilanciarne l’autorità, di fatto, assoluta. Un testo criticato dagli gli oppositori, che avevano invitato a boicottare le urne. Non inganni poi il risultato plebiscitario : è andato a votare in un referendum che non prevedeva il quorum, solo il 27 per cento degli elettori, praticamente poco più di un elettore su 4.
L’era Saied che si è aperta acquisisce vigore con la sterzata in chiave presidenzialista; d’altronde lo stesso aveva già infiammato la vita politica del paese con la sospensione del Parlamento operata mesi addietro. Di sicuro quanto sta accadendo è una testimonianza del fallimento dell’esito delle primavere arabe e in particolare di una rivoluzione che a detta di buona parte dei tunisini non ha dato i cambiamenti sperati. Per una parte significativa dei sostenitori della riforma, la strada scelta da Saied è funzionale ad arrestare Ennahda, partito conservatore religioso (apparentato con i Fratelli Musulmani) e le sue compagini satelliti , che dopo la rivoluzione si era imposto nel Paese divenendo una forza preponderante e per certi versi in grado di mettere in discussione numerose conquiste laiche nel paese. Un partito forte soprattutto in aree specifiche della nazione che però ha perso consensi con l’aggravarsi della crisi economica.
Tra gli oppositori di Saied, a onor del vero, vi sono anche forze progressiste e alcune di loro hanno denunciato la repressione nelle proteste degli scorsi giorni. Dal punto di vista politico la Tunisia sconta la mancanza di una forza politica socialista che possa indirizzare e guidare gli eventi politici. Saied ( ex docente universitario) che politicamente afferma di non vedere bene ne’ socialismo ne’ capitalismo , ha dalla sua parte oltre numerosi giovani affascinati dalle sue promesse di cambiamento e di lotta alla corruzione, comunque ampi settori dello stato e l’esercito. Realisticamente parlando e qui andiamo sul concreto, in Tunisia la gente è assai più scoraggiata che in Europa dalla crisi economica dilagante e questo spiega in parte la forte astensione. Buona parte della popolazione scambierebbe volentieri la democraticità dell’ attuale assetto statale con una maggiore stabilità economica. Certo che la via tracciata dal Presidente durerà fino a quando ci saranno speranze di cambiamento, perché in assenza di miglioramenti economici anche la luna di miele con i suoi sostenitori potrebbe finire. E per un populista la contentezza del popolo è determinante per stare a galla. La crescita economica però in un mondo interconnesso e globale coma quello odierno è determinato in buona parte anche dagli equilibri e dagli eventi internazionali. Sulla Tunisia pesa il cappio del FMI e bisogna vedere come reagiranno al nuovo corso le grandi potenze occidentali . Sembra solo ieri quando Ennahda, ironia della sorte, sosteneva alle elezioni Saied, finito per diventare ora il suo acerrimo nemico.
Capitolo religione: nella costituzione se da una parte si elimina il riferimento all’Islam come religione di stato dall’altro si fa esplicito riferimento alla Umma. In tal senso occorrerà attendere per comprendere gli sviluppi concreti di ciò che questo comporti.
Ora i paragoni con Habib Bourghiba (leader dell’indipendenza e amato fondatore della Tunisia moderna) frettolosamente fatti da alcuni commentatori in rete, non reggono, essendo stato il primo un profondo innovatore laico e creatore di barlumi di uno Stato sociale all’avanguardia, almeno nel Maghreb; Saied dal canto suo, è un accademico conservatore religioso, impegnatosi con successo in politica, arrivato poi alle elezioni praticamente come outsider, quindi con un bagaglio culturale e politico profondamente diverso.
Sugli esisti futuri di quanto avvenuto mi riservo una posizione attendista.
Quando si commentano gli eventi politici soprattuto in realtà spesso complesse come il mondo arabo spesso i giudizi netti possono indurre in errore!
Un grande in bocca al lupo al popolo tunisino!