Resistenza e oppressione. Una risposta all'Ambasciatore israeliano sulla manifestazione di solidarietà alla Palestina di Roma

Resistenza e oppressione. Una risposta all'Ambasciatore israeliano sulla manifestazione di solidarietà alla Palestina di Roma

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Venerdì 13 ottobre a Roma si è svolta una grande, partecipata, commossa manifestazione di solidarietà al popolo palestinese, privato da 75 anni di qualsiasi diritto umano e internazionale.

Una grande mobilitazione, con persone di tutte le età e religioni, cittadini mussulmani accanto a studenti, donne e bambini, anziani, al grido di "non si criminalizza la solidarietà alla Palestina", "Non c'è Pace senza Giustizia", "Gaza libera", "Riconoscere lo Stato di Palestina".
Bandiere, cartelli, striscioni, testimonianze, abbracci, canzoni..
 
E sì, anche "Resistenza !".
 
Cosa significa resistenza? Per noi italiani il pensiero va necessariamente alla resistenza antifascista partigiana contro il regime e l'oppressione. Una semantica della memoria storica distorta recentemente dai paragoni assurdi con la "resistenza" dei seguaci di Bandera che hanno oppresso e violentato ogni russofono dal 2014....
 
Resistenza è un termine nobile. È il contrario di resilienza, cioè adattarsi a qualsiasi condizione imposta. Significa lottare perché ci sia giustizia, perché vengano applicate le risoluzioni ONU, perché si fermi la pulizia etnica che vuole il genocidio dei palestinesi, perché sia riconosciuto anche a loro il diritto a vivere, ad esistere, a non rassegnarsi a scappare o morire.

E, a quanto pare, la manifestazione di ieri a Roma, oscurata naturalmente dai media di regime, (non so più come definirli), ha scosso la sensibilità della diplomazia israeliana. "Sono estremamente sorpreso di vedere italiani manifestare a sostegno di Hamas. Io capisco le persone che mostrano solidarietà con le vittime, le vittime israeliane, le vittime palestinesi. Ma non è questo che sta succedendo in Italia: vediamo persone che manifestano a sostegno della resistenza. La resistenza è Hamas". Lo ha detto in una videointervista all'ANSA l'ambasciatore israeliano a Roma, Alon Bar. "Una settimana fa Hamas ha assassinato donne e bambini, che italiani vadano in strada a sostenere Hamas per me è qualcosa di inconcepibile. - ha continuato - Amo l'Italia, amo il popolo italiano, sono incoraggiato dalla solidarietà manifestata dagli italiani, tutto il popolo italiano, davvero, dal governo, ai sindaci, alle regioni. Ma vedere le strade italiane piene di gente a sostegno di Hamas dopo quello che abbiamo visto, questo per me è molto difficile da capire. E secondo la mia opinione è una vergogna". (ANSA)
 
Io c'ero. Non ho visto né sentito inneggiare alla violenza. Non ci sono stati discorsi né slogan a favore di Hamas. Ho visto mussulmani, non solo palestinesi ma di tantissime altre comunità di immigrati, accolte in Italia, insieme a giovani studenti universitari e a intere famiglie romane, ad anziani...
 
Un abbraccio collettivo a chi in questo momento aspetta disperato la "soluzione finale". La morte o la deportazione.
 
Ho assistito anche al dibattito interno alle associazioni e ai comitati organizzatori. Ci si è posti il problema di evitare in tutti i modi il pericolo di poter essere strumentalizzati e fraintesi. Infatti molti comitati contro la guerra hanno scelto di scendere in piazza con le frasi di Vittorio Arrigoni, il giornalista italiano ucciso a Gaza nel 2011: "Restiamo umani".
 
Forse all'ambasciatore israeliano a Roma sarebbe d'uopo spiegare che in italiano "resistenza" non è sinonimo di violenza.
 
Si può resistere all'occupazione, alla violenza, al genocidio, all'odio, anche senza rispondere con l'odio. Sebbene, dopo 75 anni di oppressione, stragi e atrocità, è oggettivamente difficile...

Agata Iacono

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Sociologa e antropologa

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