Rigassificatori. Cosa resta del "piano Cingolani"?
di Francesco Santoianni
"L'Ucraina dietro l'attentato ai gasdotti Nord Stream". Si dissolve così, sui media tedeschi (in primis Der Spiegel e Zdf) la bufala (spacciata come Vangelo da sedicenti “Fact-checkers) dello zampino di Putin dietro questo sabotaggio che si rivela, invece, essere l’emblema di una guerra condotta dagli USA per imporre all’Europa il proprio gas. Gas che ci costa otto volte quello russo e che ci costringe alla costruzione di nuovi, rischiosi, impianti di rigassificazione (GNL).
Il primo di questi è già in funzione a Piombino. La nave Golar Tundra che lo ospita (e che ci è costata 350 milioni di dollari) avrebbe dovuto operare offshore, ad almeno 10 miglia dalla costa; al momento la nave (stipa 170mila metri cubi di gas naturale liquefatto) staziona a 800 metri dalle case di Piombino. Ancora peggio a Ravenna dove la nave rigassificatrice BW Singapore processerà circa 5 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Un impianto, secondo Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna «(garantito da) un lavoro meticoloso di analisi del progetto, individuando tutti gli interventi necessari a garantire la sicurezza, il rispetto dell’ambiente e la salvaguardia dell’ecosistema». Peccato che non tutti la pensino così: ad esempio l’ex ministro all’Ambiente Sergio Costa e numerosi esperti in Sicurezza, tra i quali Riccardo Merendi, autore di un dettagliato studio che, considerando il miliardo di euro previsti per l’investimento di Ravenna, state pur certi non troverete mai sui giornali.
Comunque sia, ancora nulla di preciso sulla sistemazione definitiva dei due impianti mentre (con il suo autore passato a dirigere la Leonardo) langue il Piano Cingolani che, appena un anno, fa prometteva innumerevoli impianti di rigassificazione per neutralizzare il “ricatto russo”. Ma perché sta naufragando il Piano Cingolani? Il motivo, verosimilmente, è da ricercarsi nella disamina della situazione tedesca che, attivati già tre nuovi rigassificatori, si trova ora con un prezzo dell’energia talmente elevato da determinare una grave crisi economica. Una situazione che, insieme alla constatazione della certa sconfitta dell’Ucraina, sta animando, soprattutto nella imprenditoria tedesca, un crescente malcontento e, quindi, le suddette rivelazioni di Der Spiegel. Rivelazioni che, tra l’altro, fanno piazza pulita del surreale silenzio tenuto da Scholz sul sabotaggio del settembre 2022.
Con queste dirompenti situazioni, ci si aspetterebbe che il movimento contro i rigassificatori (che, soprattutto a Piombino, aveva lasciato ben sperare) articolasse le sue mobilitazioni collegandole a quelle contro la guerra (per procura) degli Usa contro l’Europa e la Federazione russa. E non già al solo rigetto dei combustibili fossili, così caro ai chierici del climate change.
Così ancora non è stato.