Salute e sicurezza sul lavoro: la mera retorica non basta
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di Federico Giusti - delegato cub Pisa
Ogni qual volta si parla di sicurezza nei luoghi di lavoro rischiamo di cadere nella retorica e nel piagnisteo, vengono sciorinate statistiche relative agli infortuni, alle morti e alle malattie professionali, invochiamo organici adeguati per gli ispettori preposti al controllo, ce la prendiamo, a ragione, con un Governo che scientemente si disimpegna per favorire il dominio delle imprese sui lavoratori, imprese che beneficiano di regole costruite su misura a favore del profitto.
E' una amara ma necessaria constatazione, l'approccio complessivo al tema della salute e sicurezza è assai discutibile e parziale, ad esempio si dimentica il ruolo che dovrebbe svolgere la medicina preventiva e del lavoro, si perde di vista lo stretto legame tra organizzazione del lavoro e norme in materia di salute e sicurezza.
Se i rapporti di forza sono a sfavore dei salariati, il Governo di turno cercherà di approvare norme peggiorative (per la forza lavoro) cercando accordi al ribasso con i sindacati attraverso la contrattazione nazionale e decentrata con tavoli istituzionali costruiti con le sigle rappresentative.
Ma allo stesso tempo è doveroso interrogarsi anche sul livello di coscienza della forza lavoro dopo anni di scambi impari tra salario accessorio e tacita accettazione di ritmi lavorativi sempre meno sostenibili.
Le statistiche (impietose) dimostrano che nei paesi decadenti del capitalismo avanzato sono proprio le norme in materia di salute e sicurezza ad essere le vittime sacrificali nella ricerca di accrescere i margini di profitto senza adeguati investimenti, si punta sulla riduzione del costo del lavoro ricorrendo ad appalti e subappalti
La fedeltà aziendale, i codici etici e di comportamento, la paura del licenziamento o del demansionamento, l'assenza di regole per ricollocare i non idonei che sovente perdono il posto di lavoro per mancanza di soluzione alternative, hanno giocato un ruolo dirimente nell'affermare il primato datoriale sulla forza lavoro, illudersi che una legge, per quanto avanzata sia, possa modificare i rapporti di forza diventa uno sterile esercizio di sopravvivenza.
Partiamo allora dalle nostre forze per provare a cambiare lo stato delle cose presenti, non è una frase fatta ma la constatazione che nessun datore o Governo potrà salvaguardare la nostra salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Per essere espliciti urge cambiare l'approccio al tema della sicurezza perchè non basta affermare un sistema di regole se poi viene cambiato dal legislatore di turno, senza conflitto nei luoghi di lavoro anche le condizioni in cui si opera non saranno migliorate. Il ruolo degli Rls dentro la filiera della sicurezza aziendale rappresenta un problema anche per il sindacalismo di base, i rappresentanti dei lavoratori alla sicurezza , privi di effettivo potere, sono scollegati dalle rsa o dalle rsu, agiscono in solitudine limitandosi a un ruolo istituzionale, possono anche non sottoscrivere i documenti di valutazione del rischio ma quei documenti, scritti dalle aziende, diventano le norme di riferimento.
Ove possibile, lanciare degli scioperi resta lo strumento per affermare il punto di vista dei lavoratori, bloccando la produzione si creano dei rapporti di forza differenti ed è possibile affermare principi e pratiche dirompenti
Ma nei contesti lavorativi ove lo sciopero diventa impossibile, ad esempio nelle cooperative con il socio lavoratore in perenne contrasto tra la salvaguardia della azienda e l'affermazione dei diritti del salariato, cosa possiamo fare?
Sono domande alle quali urge una risposta, in molte aziende dove il conflitto non esiste lo scambio tra briciole di salario accessorio, o anche la mera salvaguardia del posto di lavoro, la tacita accettazione delle regole datoriali diventano alla fine il cavallo di Troia del sindacato che alimenta la insicurezza lavorativa e salariale.
Serve un approccio diverso al tema della salute e sicurezza, una azione a tutto campo ma anche la consapevolezza che oggi occorra la conoscenza diretta dei cicli di produzione, di come si lavora concretamente per affermare un modello organizzativo non costruito per estorcere maggiore produttività e profitti.
La divina produttività aziendale diventa quindi la nostra nemica perchè dietro ad essa si nasconde l'aumento dei ritmi e condizioni oggettive nelle quali una prestazione lavorativa diventa insicura e pericolosa per la nostra salute.
Forse partendo da questa consapevolezza potremo riappropiarci di un punto di vista antagonista rispetto al datore di lavoro e vedere le tematiche della salute e sicurezza in un contesto reale, non angusto e senza burocrazia per trasmettere un messaggio conflittuale, coerente e inclusivo, alla forza lavoro