Scoop CBS: il tentativo "iraniano" di uccidere Bolton un complotto inventato
“Nell’agosto 2022, il Dipartimento di Giustizia annunciò che l’FBI aveva sventato un complotto iraniano per assassinare l’ex consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, ordito come rappresaglia per l’uccisione da parte degli Stati Uniti del comandante del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche e della forza Qods, Qasem Soleimani. Ma il ‘sicario’ assunto per prendere di mira Bolton era un informatore dell’FBI”. A riportare la notizia è stata la CBS la scorsa domenica.
Bolton: l’attentato millantato
La notizia che l’Iran aveva commissionato un attentato contro l’ex Consigliere della Sicurezza nazionale Usa John Bolton fece, al tempo, il giro del mondo, allertando ulteriormente sulle trame oscure di Teheran.
La CBS si è limitata a raccontare che l’inchiesta condotta sulla vicenda ha appurato che il sicario era stato contattato da un esponente delle Guardie Repubblicane iraniane, aggiungendo, però, che “fortunatamente per Bolton, l’assassino era un informatore dell’FBI”, così che la trama è andata in fumo.
La rivelazione della CBS è stata rilanciata da Kevin Silva sul sito del Libertarian Institute, il quale però si premurato di consultare le carte dei magistrati, nelle quali questi hanno affermato che il realtà l’attentato era “artificioso”, cioè costruito ad arte.
Inoltre, scrive Silva, “il Dipartimento della Giustizia ha affermato che l’uomo che ha tentato di assumere l’informatore dell’FBI era un membro dell’IRGC-QF iraniano, ma i documenti dei magistrati dimostrano che gli investigatori non hanno mai confermato questa circostanza”.
D’altronde, è davvero bizzarro che per ordire un attentato contro uno dei politici più potenti e sorvegliati dell’Impero gli iraniani si rivolgessero a uno sconosciuto, tanto sconosciuto da ignorare che era un informatore dell’FBI.
“Per concludere – prosegue Silva – si scopre che un funzionario chiave dell’FBI che supervisionava questo complotto inventato […] era Steven D’Antuono, lo stesso funzionario che guidava l’ufficio di Detroit durante il dubbio complotto del rapimento di Gretchen Whitmer prima che fosse trasferito a capo dell’ufficio di Washington DC dal quale ebbe a presiedere l’FBI durante la protesta trasformata in rivolta del 6 gennaio”.
Il controverso caso Whitmer
Del caso Whitmer ci siamo occupati in altra nota, nella quale spiegavamo che diversi agenti dell’FBI, dodici è emerso durante il processo, si erano infiltrati in un gruppo di nazionalisti di destra, i Wolverine Watchmen, e avevano scoperto e fatto fallire un complotto contro il governatore del Michigan, la signora Gretchen Whitmer,
Il primo complotto a essere elaborato all’interno del gruppo prevedeva di “prendere d’assalto l’edificio del Campidoglio locale”, a Lansing, stornando, nell’occasione, una manifestazione di ignari oppositori che si sarebbe tenuta in quei giorni.
Di fatto, un prequel di quanto accaduto il 6 gennaio del 2021, quando una manifestazione di piazza pro Trump ha poi preso la forma di un assalto al Campidoglio degli Stati Uniti (il fatto che il funzionario che dirigeva le operazioni dell’FBI in entrambi i casi fosse D’Antuono ha suscitato domande).
Scartato il progetto iniziale, il gruppo avrebbe progettato di rapire il governatore, in un’azione della quale facevano parte diversi agenti dell’FBI sotto copertura. Ma il complotto non ha preso forma, avendo l’FBI arrestato i presunti rei.
Sul caso Whitmer si sono avuti diversi processi. A uno di questi, che vedeva quattro imputati, è dedicato un articolo del Guardian: “Lungi dall’essere un gruppo di golpisti, sostengono i loro avvocati, i Wolverine Watchmen sono sfortunate vittime dell’intrappolamento dell’FBI, indotti da informatori pagati [dall’FBI] a commettere crimini che altrimenti non avrebbero nemmeno preso in considerazione”.
"L’FBI, secondo i documenti della difesa, ha impiegato almeno 12 informatori, oltre a diversi agenti sotto copertura [per l’operazione]. ‘Non c’era nessun piano, nessun accordo e nessun rapimento’, ha detto la settimana scorsa l’avvocato difensore Joshua Blanchard”.
“Non è un’affermazione del tutto bizzarra. L’argomentazione della difesa sull’intrappolamento dell’FBI si basa su una lunga storia. Dopo l’11 settembre, quando le agenzie di sicurezza degli Stati Uniti erano concentrate su possibili complotti di estremisti musulmani, diversi procedimenti giudiziari, compreso quello dei Quattro di Newburgh, si sono basati su informatori che avevano promosso attivamente un complotto prima di consegnare i potenziali autori al governo perché fossero processati per cospirazione”.
“Attivisti ed esperti di diritti civili hanno sostenuto che l’FBI ha spesso oltrepassato i limiti, spingendo delle persone a partecipare a complotti e arrestandole per crimini che non avrebbero mai commesso se non fosse stato per l’intervento delle forze dell’ordine”. Tanto che anche il Guardian, nonostante la sua linea editoriale sia ferocemente avversa ai nazionalisti americani, chiudeva chiedendosi se i quattro, più che dei pericolosi terroristi, fossero stati semplicemente ingannati.
I vari procedimenti sul caso hanno avuto esiti diversi: due imputati si sono dichiarati colpevoli in cambio di sconti di pena, cinque sono stati assolti, altri cinque sono stati condannati per associazione a delinquere e banda armata. Ma la vicenda resta controversa.
Insomma, non sempre è facile comprendere le dinamiche dell’FBI. Nel caso del millantato attentato al bellicoso Bolton è però chiaro che si voleva gettare un’ulteriore ombra sull’Iran, pilastro dell’Asse del Male secondo lo stesso, e, insieme, dare una verniciatina all’immagine di Bolton facendolo assurgere a eroe nazionale.
Per inciso, tra la prova che l’attentatore doveva dare al suo capo per dimostrare che era in grado di fare quanto richiesto, era quella di fare delle fotografie alla vittima. Fotografie che scatta di comune accordo con Bolton…