Tappare la vita o tappare il TAP
Quando i 5 Stelle stavano dove era giusto stare
di Fulvio Grimaldi
Nei percorsi, nelle ricerche e nelle denunce dei miei più recenti documentari – Fronte Italia-Partigiani del Duemila, “L’Italia al tempo della peste” e “O la Troika o la vita” (trailer e selezioni nel mio sito) – mi sono ripetutamente ritrovato a fianco esponenti, attivisti, rappresentanti eletti del M5S. Più loro che di qualsiasi altro partito. E’ un dato di fatto sul quale potete sbertucciarmi quanto volete, ma è un dato di fatto. Che si trattasse del TAV in Valsusa e del Terzo Valico, della base di guerra MUOS statunitense a Niscemi, del TAP e in genere della devastazione ambientale e sociale provocata dal’ossessione fossile. E se il referendum contro le trivelle, seppur mancando per poco il quorum, aveva conseguito una maggioranza schiacciante degli anti-trivelle, il merito ne è andato in gran misura a chi con le sue mobilitazioni di massa ne aveva favorito l’esito, i 5 Stelle. In particolare, attivisti ed eletti 5 Stelle hanno accompagnato e istruito me e la coautrice dei film, Sandra, negli approfondimenti sul terremoto nelle Marche e nel Lazio (quelli che grazie al TAP verranno squartati in coincidenza con le aree più sismiche), al punto che senza la loro conoscenza-competenza-passione non ne saremmo mai venuti a capo. Al punto che ne è fiorita un’amicizia rigogliosa in profondità e nel tempo.
Questi amici mi hanno espresso stamane rabbia, delusione, frustrazione, dolore. La stessa dei disperati e mortificati che in Puglia erano stati mandati in massa in Parlamento sull’onda della loro adesione ai No Tap. Una rivolta di testa e di pancia, come è giusto sempre che sia, contro quanto questo governo ha deciso su una delle più nefaste, sporche e letali delle Grandi Opere. Grandi Opere, cioè grandi devastazioni, ruberia, mafiosità. Altrettante battaglie dell’epopea guerresca condotta contro l’Italia, le sue comunità, il suo ambiente, la sua salute, il suo futuro, dai terminator che hanno governato nell’ultimo mezzo secolo, con apoteosi cementificatrice ed avvelenatrice al tempo degli ultimi predecessori dell’attuale governo. Quelli dello “Sblocca Italia”.
Quelli che se la godono quando il governo rovina un altro po’ l’Italia
Lo ripeto ancora una volta: questo non è il “mio governo”. Intanto non lo potrebbe mai essere finchè vi fosse un capobastone come Salvini. Uno che anziché per la coda in Italia, la tragedia emigrazione dovrebbe prenderla per la testa, in Africa, dove viene organizzata da chi la pensa proprio come lui in termini di depredazione neoliberista. Uno cui la decapitazione di un movimento di massa sacrosanto come quello No Tap ha fatto secernere la stronzata: “Così gli italiani avranno più gas a minor prezzo”. Per trovare un governo che vorrei mio, dovrei tornare al 1870 e a Parigi, ai primi Soviet, a Cuba finchè c’era il Che, al Burkina Faso di Thomas Sankara. Ma poi, vai a vedere. Ma di questo governo so, con granitica certezza, che è mille volte peggio chi lo bombarda giorno e notte di fiele e menzogne, a partire da quel sinistro “manifesto” in osceno orgasmo davanti al TAP che si farà, solo perché passa con i cingoli, oltreché su territorio, acqua e aria, su integrità e forza politica dei 5 Stelle. E so anche che questo governo ha provato, sta provando e sta facendo cose, magari pochine, magari timide, ma che per quelli di prima, da Andreotti ad Andreotti, da Amato a D’Alema, da Prodi a Renzi, sarebbero stati anatema, rovesciamento dei paradigmi, obbrobrio per le fratellanze, vittoria del Maligno.
A testate contro il tram
Per cui, con tutte le ragioni vedute, apprezzate o respinte, sostengo e penso che chi si proclama dalla parte degli sfruttati e offesi, dei dominati, dovrebbe sostenerne le ragioni buone, anziché gareggiare con i dominanti a chi meglio vitupera proprio quelle (perché evidentemente dalla parte degli sfruttati e offesi proprio non sta). Per cui, quando il Movimento 5 Stelle, componente fino a voto contrario ancora preponderante nella maggioranza, alla faccia di cementifici, asfaltifici e capannoni cari alla Lega, si precipita a testa bassa e senza casco contro il tram in arrivo, lasciandosene maciullare e sgomberandogli la via al massacro di San Foca, del Salento, del Centroitalia sismico sgarrato dal gasdotto, della Padania bucherellata dagli stoccaggi in regione sismogenetica, io sto con i miei amici 5 Stelle che piangono e urlano. E con nessun’ altra ipocrita prefica.
Tantomeno con quegli emuli di Sisifo che, giorno dopo giorno, edizione dopo edizione, articolo collaborazionista dopo articolo consociativo, si devono affannare a risospingere in vetta e in bella vista la testatina “quotidiano comunista”, mentre inesorabilmente gli rirotola giù, sepolta da 15 pagine che quella testatina la negano.
Penali, ma decchè!
Mi dimostreranno che ho torto, ma non credo alla storia delle penali multimiliardarie che ci raderebbero al suolo. Credo che abbiano la stessa funzione ricattatoria di quelle altre penali che ci avrebbero lasciati tutti in mutande se solo avessimo osato strappare ad Autostrade SpA la greppia della concessione. Penali dimostrate inesistenti. Dalle parti di Melendugno, con le telecamere, siamo stati ripetutamente. E così anche tra i boschi allora integri e le montagne ancora non sfregiate, tra Liguria e Piemonte, del Terzo Valico. Terzo Valico (dopo due sottoutilizzati) dove alcuni già pluri-inquisiti per malaffari di ogni genere insistono a volersi intascare quei 6,5 miliardi per far arrivare una terza, inutile, ferrovia da Genova a… Tortona: opera indispensabile ai collegamenti europei e transeuropei!
Tra gli ulivi orrendamente amputati, sradicati, imbavagliati, che ricordano le immagini di soldati mutilati, fasciati da bende insanguinate, abbandonati nelle trincee della Grande Guerra, ho incontrato ragazzi, cittadini, consapevoli che attorno a questi cantieri di lamiere e filo spinato, sotto le bastonate delle forze dell’Ordine Costituito e i cingoli dei loro blindati, si giocavano quanto ancora sfuggiva al saccheggio del mostro capitalglobalista. Come a Genova del G8. Come ad Aleppo. Come a Gaza. Come a Caracas.
Gianluca Maggiore, portavoce del Movimento No Tap, Marco Potì, sindaco ormai da sempre, da quando importa, di Melendugno, due autentici eroi della resistenza umana , di quelli beato il paese che ce li ha, parlano a lungo nei documentari citati. Insieme ad accademici, militanti, geologi. E tutti hanno tutte le ragioni del mondo, tecnico-scientifiche, morali, legali, legittime, biologiche. Perfino geopolitiche. E Conte e Di Maio ciurlano nel manico quando ci piazzano davanti il paravento delle penali da 20 miliardi. Esibissero i documenti a prova delle stesse. Neghino che, come si è visto nel caso del Ponte Morandi, le inadempienze, le malefatte, trucchi e frodi dei concessionari, le infiltrazioni mafiose all’origine, i calcoli errati, le attestazioni false, possano costituire materia di contestazione.
Ciò che non ti dicono: mica finisce in Salento
In ogni caso ci sono ragioni ancora più stringenti. Quelle per le quali si sono ribellate le popolazioni lungo tutto il percorso tracciato per quel dannato gas, inutile a noi (il consumo previsto dal noto liberalizzatore Bersani anni fà si è ridotto di metà, altro che TAP), catastrofico per l’ambiente, altamente lucrativo per chi lo vende all’estero. Coloro che si sono mangiati la parola data alla Puglia e all’ambiente, alle rinnovabili e all’onestà, com’è che non ti dicono niente su quello che viene dopo la spiaggia e la macchia di San Foca? Mica finisce lì il TAP. I giganteschi tubi, sempre a rischio di rottura ed esplosione, come avvenuto anche da noi, accompagnano sottoterra, fedelmente, la faglia sismica che ogni tanto fa saltare per aria l’interno d’Italia. Ogni qualche chilometro sorgerebbe un mostruoso impianto di decompressione o ricompressione del gas, o come diavolo si chiamano. Poi il gas finisce in una demenziale concentrazione di impianti di stoccaggio nella bassa padana, una dozzina nel raggio di pochi chilometri, a portata di sassata da centri abitati e cascine, su terreni agricoli desertificati, dove un tempo vivevano e lavoravano migliaia di famiglie. E non gli 8 addetti, otto, dei singoli megaimpianti. Impianti che sparano il gas in arrivo nelle cavità del sottosuolo dalle quali un tempo si estraeva altro gas e poi lo risucchiano per venderlo ad austriaci, tedeschi, croati, olandesi. Il tutto, particolare non da poco, anzi, drammatico, in zona notoriamente a rischio sismagenetico, cioè dove c’è probabilità di grossi sgrulloni sismici (vedi mappa). Che ce l’abbiano messi apposta lì? O solo perchè già c’erano i comodi buchi fatti da Enrico Mattei sessant’anni fa?
Dove c’è terremoto, ci vuole un gasdotto
A proposito del gasdotto Snam dal Salento a Tarvisio e dei grappoli di stoccaggi in Padania, quelli sicuramente possono essere bloccati prima di procedere. Mica c’è un trattato internazionale presuntamente inibitore! E se, alla luce dei rischi mortali al territorio e alla gente, dell’ulteriore spintone idrocarburico al cambiamento climatico che ci annega e arrostisce tutti, i motivi per bloccare tubi e depositi ci sono, tanti e poderosi, perché Di Maio, Conte e Toninelli non bloccate quelli? I signori del TAP facciano pure il loro tubo dall’Albania al fondomare davanti al Salento. Non essendoci proseguio, si dovrebbero fermare lì. E nessuno pagherebbe penali. E, forse, vedendo l’utilità di un tubo transasiatico che si ferma là dove sguazzano bagnanti e che non ha dove e perché andare oltre, forse lo stesso TAP si direbbe: ma chi me lo fa fare… E Salvini si accontenti delle bombolette di gas che sicuramente gli regalerebbe Putin.
Sono gli Usa che ce lo chiedono
Andiamo, governo Conte-Di Maio, c’eravate tanto simpatici (e ci voleva poco, dopo Renzi, Gentiloni, Calenda, Gelmini, Alfano, Verdini, Orfini e caravanserraglio vario). Ditecelo che lo volete/dovete fare perché ve l’hanno ingiunto, per bocca di Trump, i gestori della distruzione del mondo per via climatica e bellica. Siete andati a Washington, vi hanno detto che il TAP è strategico per il processo di inchiavardamento dell’Europa agli Usa, perché fotte i russi e il loro gas tanto più economico e vicino (che dici Salvini, amico di Putin?) e perchè elimina da un mondo da mondializzare a stelle e strisce le ubbie sovraniste di un paese da quattro soldi.
Per imporre al cammino dell’umanità l’handicap di un pianeta dalle ossa rotte e dal sangue avvelenato, per eliminare dalla scena chiunque si frapponga al rullo compressore del necromillenarismo, questi hanno bisogno di controllare ogni sorgente e ogni arteria, fino all’ultima venuzza, dell’energia, civile e militare, fossile e nucleare. L’hanno fatta pagare a Libia, Siria, Iraq, Somalia, Yemen, a milioni di vite e dai e dai. Vuoi che si lascino privare di un tubo solo perché intossica un po’ di colonizzati e guasta un po’ di spiagge e monti? Poi, se rimarrà ancora qualcosa, prima che debbano trasferirsi su un altro pianeta, o in un Eden bunkerizzato sottoterra, vorranno appropriarsi anche delle rinnovabili.
Eppure… eppure io me li ricordo, i Manlio Di Stefano e Alessandro Di Battista, quando dicevano “ma di questa cazzo di Nato cosa vogliamo fare”. Io c’ero. E mi sono sentito contento di essere italiano. Bello sovranista, sotto cinque stelle.