Tunisia, la genesi delle violenze di Sfax
di Francesco Fustaneo
Sfax è la seconda città della Tunisia: importante centro portuale, è ubicato sulla costa orientale del Paese e dista circa 270 km da Tunisi.
Negli ultimi mesi era finita alla ribalta nelle cronache internazionali per le numerose partenze alla volta dell'Italia di africani subsahariani, che avevano contribuito già all'inizio dell'anno, come denunciato dai dati del Viminale, a far sì che la Tunisia diventasse il primo paese di partenza per sbarchi irregolari verso il nostro Paese, superando la Libia.
Da Sfax a onor del vero alla volta dell'Italia si imbarcano clandestinamente anche i tunisini, prevalentemente in barche di legno e pescherecci malmessi, ma la parte del leone in termini numerici la fanno proprio gli africani subsahariani che avendo spesso somme inferiori da consegnare ai trafficanti del mare, pagano praticamente per salire ammassati su barchini in ferro (costruite illegalmente da fabbri locali) che nella stragrande maggioranza dei casi, sono destinati ad affondare durante il tragitto.
Buona parte dei migranti che nel corso degli anni e dei mesi passati si è riversata su Sfax è giunta in Tunisia, dal vicino confine libico. Parliamo di persone che in attesa di imbarcarsi hanno affollato in buona parte i quartieri periferici della città, finendo per vivere nel degrado e alimentarlo.
Si sono così progressivamente moltiplicati gli accampamenti di fortuna così come i vetusti appartamenti diroccati affittati in nero dove finivano stipati decine e decine di poveri cristi, diventati maggioranza, seppur in condizioni di emarginazione, in alcune zone della città: il tutto in un vortice di malcontento e di attrito con i locali che giorno dopo giorno, mese dopo mese è finito per tramutarsi nella classica guerra tra poveri, come spesso accade quando subentrano fenomeni di immigrazione di massa in contesti economici di estrema povertà e in condizioni di disomogeneità culturale e religiosa ed etnica tra gli immigrati e la popolazione autoctona.
La Tunisia da paese di emigrazione si è ritrovata suo malgrado paese di immigrazione, seppur spesso di transito e non ha saputo reggere l'urto, non avendo peraltro potuto o voluto stanziare le risorse e i mezzi logistici per lo smistamento e l'accoglienza dei migranti.
Parliamo di migliaia di persone che si inseriscono in contesti economici poveri offrendo manodopera a basso costo a discapito della popolazione locale, alimentando a sua volta sacche di degrado e povertà nei quartieri. Persone sfruttate, vessate a loro volta dalla criminalità locale di turno;ovviamente tra questi vi sono anche minoranze che per scelta o necessità scelgono finiscono per delinquere. Il disagio nascente si è tramutato prima in diffidenza e paura prima, poi in odio e rabbia, degenerando nei giorni scorsi in vere e proprie scene di guerriglia urbana con tunisini da una parte contro subsahariani dall'altra.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato l'accoltellamento di un tunisino da parte di alcuni “africani”, in circostanze e per motivi ancora da chiarire, che ha portato all'esplosione della rabbia popolare e una pressione sul governo affinché intervenisse.
Ovviamente non sono mancate le strumentalizzazioni politiche e la generalizzazione delle colpe, che ha portato in alcuni casi nella città a veri e propri episodi di caccia al nero da parte di bande di giovani tunisini.
A seguito dei fatti di cronaca la polizia e l'esercito sono poi intervenuti in maniera massiccia: diversi migranti sono stati trasferiti in località non specificate. Le autorità parlano genericamente di centri di accoglienza nel sud, ma è assai probabile che almeno una grossa parte di loro sia stata respinta verso al di là del confine libico. Chi di loro ha potuto, fiutando il cattivo clima è salito su treni in partenza per Tunisi.
Le vicende di Sfax e il tema della sicurezza sono stati poi martedì scorso oggetto di un incontro istituzionale nel corso del quale il presidente Kaïs Saïed ha ribadito che “la Tunisia accetta solo persone che soggiornano nel suo territorio in conformità con le proprie leggi e rifiuta di essere un paese di transito o di insediamento per i cittadini sub-sahariani”.
In un comunicato diffuso dalla Presidenza della Repubblica, il Capo dello Stato ha poi fatto riferimento all'esistenza di “reti criminali che spetta allo stato smantellare”, sottolineando che vi sono ampi elementi a conferma che tale situazione fosse "anormale"; ha poi in maniera retorica chiesto come questi migranti, che arrivano in Tunisia dopo aver percorso migliaia di chilometri, trovino la strada verso una determinata città o distretto. “Conoscono già queste città e distretti quando sono ancora nei rispettivi paesi?Sono migranti o sfollati manipolati da gruppi criminali che sfruttano la loro miseria e cercano di minare la pace civile in Tunisia?”
Il Presidente della Repubblica, ancora, ha ribadito la necessità di imporre il rispetto della legge a coloro che sfruttano queste persone vulnerabili in Tunisia, sottolineando che "l'affitto di alloggi a stranieri richieda la notifica alle autorità di polizia competenti" e che "anche l'assunzione di stranieri è soggetta alla legislazione tunisina".
Infine ha riaffermato: “che non c'è posto nelle istituzioni dello Stato per coloro che cercano di smantellarle e minare la sicurezza nazionale. Né dobbiamo essere indulgenti verso coloro che fomentano tensioni e agiscono nell'ombra. Le lobby non hanno posto nelle istituzioni dello Stato e nemmeno chi le serve”.
Le parole di Saïed sono coerenti con l'impostazione e l'atteggiamento da lui sempre tenuti sulla questione: già in un discorso pubblico tenuto lo scorso febbraio, suscitando non poche polemiche aveva affermato che attraverso ondate successive di migrazione irregolare si stesse cercando di fare della Tunisia un paese puramente africano che non appartiene al mondo arabo-musulmano”: insomma Saied ha sempre esplicitamente paventato un tentativo in atto di sostituzione etnica.
Soffermandoci invece ora, sui numeri delle espulsioni. Per avere delle cifre verosimili occorre rifarsi alla dichiarazione rilasciata dal deputato tunisino Moez Barkallah all’agenzia di stampa Tap: “1.200 migranti subsahariani sono stati espulsi, da fine giugno ad oggi, a partire dalla città di Sfax verso le regioni di confine in Libia e Algeria che supportano questo tipo di operazioni.”
Secondo Barkallah i migranti vengono rimpatriati a gruppi di 200 e ogni giorno partono da Sfax quattro navette per trasportare i clandestini alle frontiere, aggiungendo “di augurarsi che entro la fine della settimana possano venire così espulsi dai tre ai quattromila migranti”.