Una surreale "inchiesta" del NYT sul crollo della diga di Kakhovka
Il New York Times pubblica una presunta inchiesta sul collasso della diga di Kakhovka con un articolo suggestivo, dal momento che si “suggerisce” che a farla collassare siano stati i russi. In realtà, l’articolo è una raffazzonata miscellanea di elementi, dichiarazioni mirate a infondere tale suggestione ai lettori, nulla più.
“Alcune esplosioni” o “una esplosione”
La diga è crollata 6 giugno, ricorda il media, a causa di “alcune forti esplosioni avvenute tra 2:15 e le 3:00 circa”, secondo “testimoni” che le hanno udite. Un lasso di tempo invero ampio, tanto da risultare vago.
A tale frase segue questa: “Poco prima che la diga cedesse, anche i satelliti dell’intelligence americana hanno catturato segnali di calore a infrarossi che indicavano un’esplosione”.
Inutile chiedere ai cronisti del NYT di cercare di descrivere anzitutto ciò che è successo, perché è un elemento essenziale di ogni analisi. Hanno ragione i testimoni, che hanno sentito “molte forti esplosioni” o è vero quel che riferiscono i sistemi di rilevamento Usa, che hanno captato una sola esplosione?
Ma, appunto, l’articolo deve solo suggestionare, le contraddizioni evidenti, hanno poca importanza. L’inchiesta riporta le considerazioni di alcuni ingegneri ucraini e americani, nonché della società che gestiva la diga (ovviamente ucraina), secondo i quali è molto probabile che a causare il collasso della struttura sia stata una bomba piazzata nelle sue viscere.
Ma l’ipotesi che possa esser venuta giù perché bersagliata da missili viene scartata troppo facilmente. Peraltro, proprio un bombardamento spiegherebbe le “grandi esplosioni” e l’ampio lasso di tempo nel quale sono avvenute le “esplosioni”, che nel caso di un sabotaggio interno non si darebbero.
In quest’ultimo caso, infatti, ci sarebbe un’unica grande esplosione, perché la prima esplosione farebbe detonare subito anche eventuali altre cariche esplosive che si trovassero nelle vicinanze (e i tecnici interpellati parlano appunto di esplosivi piazzati o nel corridoio di manutenzione che attraversa la diga nelle profondità o nella sala controllo che si affaccia su tale corridoio).
Il sismologo
Ancora il giornale: “Le prove visive raccolte dal NYT mostrano che c’erano evidenti danni alla carreggiata (posta sulla sommità della diga) e ad alcune paratie su un lato del fiume nei mesi precedenti la rottura della diga”.
Tali danni erano stati causati da un bombardamento dell’aprile dello scorso anno, di cui si è vantato il generale ucraino Andriy Kovalchuk in un’intervista al Washington Post. Come si nota, il NYT rileva che i colpi causarono danni, ma non sono stati questi, aggiunge, a far collassare la diga.
Ovvio, quello dell’aprile scorso era solo un test, e un “test di successo” come dichiarò appunto il generale, che si è vantato di aver provocato tre squarci nella struttura. Ed è ovvio che non sono stati quei danni a farla collassare.
Ma colpi successivi? Se il test era stato un successo, vuol dire che lo scopo era stato raggiunto. E lo scopo, aveva detto il generale, era quello di verificare se fosse possibile far collassare la diga per allagare la zona (ma senza provocare eccessivi danni, aveva concluso, non volendo ovviamente passare per genocida).
Ma andiamo avanti con l’inchiesta del NYT. Scartando l’ipotesi missilistica, la causa del collasso, secondo il giornale, sarebbe da ricondursi ad alcune “esplosioni rilevate dai sensori sismici e a un segnale a infrarossi, che secondo i funzionari statunitensi è stato captato da un satellite, che indica il calore di un’esplosione”. Ancora una volta: esplosioni o esplosione?
Al di là del particolare, il sismologo al quale fa riferimento il NYT e che avrebbe registrato con i suoi strumenti le esplosioni in questione è il dottor Ben Dando, sismologo della Norsar, agenzia sismologica norvegese, Il Norsar, spiega Dando, avrebbe localizzato tali segnali “verso le “2:54”. Ma, specifica, si riferiva a esplosioni/e avvenute/a “in una zona di 20 o 30 chilometri di diametro nella quale era ricompresa la diga“.
Dare peso a un’informazione del genere la dice lunga sull’accuratezza dell’inchiesta: siamo in una zona di guerra, con esplosioni che si susseguono senza soluzione di continuità. E peraltro si afferma che il segnale non proveniva dalla diga, ma da un’area alquanto vasta (di guerra, appunto)…
L’infrarosso che non c’è
Così veniamo al famoso segnale a infrarosso che sarebbe stato captato dai satelliti Usa, la prova principe dell’inchiesta. E qui arriva la nota esilarante: “Non era disponibile un timestamp specifico del segnale a infrarossi, ma un alto funzionario militare statunitense ha affermato che è stato rilevato poco prima del crollo della diga“.
Insomma, il documento tanto pubblicizzato dal giornale non viene reso pubblico, c’è solo un tizio, anonimo e non si sa perché (cosa rischia?) che dice che esiste. Ma come, è il documento principe, secondo loro, per accusare i russi, e non lo tirano fuori?
Potremmo fermarci qui, tanto è surreale l’asserita inchiesta giornalistica, ma val la pena accennare a come gli stessi cronisti del NYT si rendano conto che non regge, così alla rivelazione precedente aggiungono: “Un alto funzionario militare americano ha affermato che gli Stati Uniti avevano escluso un attacco esterno alla diga, come un missile, una bomba o qualche altro proiettile, e ora valuta che l’esplosione provenisse da una o più cariche piazzate al suo interno, molto probabilmente da parte russa”. Sempre un anonimo, ovviamente.
Tale considerazione, abbiamo accennato, è avallata dagli specialisti ucraini interpellati dal NYT, i quali sanno perfettamente come le autorità ucraine abbiano subito incolpato i russi, ma non ritengono importante che la fonte interpellata sia di parte.
Ecco, tutta l’inchiesta si regge su fonti di parte. E parte attiva di questo confronto con la Russia è anche il NYT, come si è vantato lo stesso giornale all’inizio della guerra, in un articolo in cui spiegava come fosse necessario per vincere la pugna propalare disinformazione (mezze verità etc).
Così è se vi pare, dunque. Resta che, nonostante tutte queste asserite prove, il NYT conclude che l’unico modo per scoprire la verità è indagare sul posto…
Invece, per quel che ci riguarda, resta il mistero del perché i satelliti e i droni Usa, che battono l’Ucraina come nessun altro Paese, ai quali peraltro si è aggiunta la rete starlink di Elon Musk, non diano informazioni su quanto avvenuto. Impossibile che non l’abbiano registrato. Particolare che interpella non poco.