Varsavia pianifica le prossime mosse in Ucraina (senza aspettare Vilnius)
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Ormai non rimane che aspettare ancora qualche ora, per avere perlomeno uno straccio di comunicato ufficiale – per quanto poco valore si possa attribuire alle dichiarazioni ufficiali – della NATO sulla questione dell'Ucraina e della sua adesione all'Alleanza atlantica.
Al momento, non è dato ascoltare nulla di determinato, anche se la linea che viene da oltreoceano, sia politica che mediatica, sembra proprio dover lasciare l'amaro in bocca ai golpisti di Kiev, che non sanno più a che santo votarsi pur di vedersi presi sul serio.
Per uno Stoltenberg che spande sorrisi e abbracci, da Stoccolma a Kiev – dovrà pur far mostra di poter dirigere con efficienza risultativa l'organizzazione di cui è a capo, non foss'altro per giustificare il lauto onorario – ecco che Washington tira il freno e gli fa intendere chi detti la linea atlantica. Insomma: attendiamo.
Al momento, dunque, il segretario generale dell'Alleanza atlantica ha dichiarato pomposamente che la NATO, sta discutendo l'abrogazione, specificamente per l'Ucraina, del cosiddetto “Piano d'azione” per la sua adesione all'organizzazione, il che accelererebbe di molto il normale iter previsto. Tra le proposte, anche la creazione del Consiglio Ucraina-NATO. Ad ogni modo, la formulazione definitiva uscirà dal vertice in corso a Vilnius.
Per quanto riguarda la posizione ufficiale yankee, non si registrano grossi mutamenti a quanto già dichiarato da Joe Biden: una guerra diretta con la Russia non rientra per ora nei piani del business americano; dunque, non si vede l’opportunità «di accogliere l’Ucraina nell’Alleanza ora, a conflitto in piena fase», perché significherebbe ritrovarsi «in guerra con la Russia». Il massimo cui Kiev può aspirare è tutto il possibile sostegno militare e garanzie «del tipo fornito a Israele». Come, ad esempio, ha già deciso di fare Parigi, programmando la fornitura di missili a lungo raggio SCALP, analoghi ai britannici Storm Shadow.
Sul versante mediatico, l'americana Foreign Affairs scrive che l'adesione dell'Ucraina alla NATO sarebbe causa di “rischi ingiustificati”: ciò porterebbe o alla guerra con la Russia, con tutte le tragiche conseguenze immaginabili, oppure al non adempimento delle garanzie di sicurezza collettiva previste al punto 5 dello statuto e, come conseguenza, al disfacimento dell'Alleanza. E questa non si sente certo pronta ad affrontare tutte le conseguenze di uno scontro diretto con la Russia.
E, però, nota Boris Džerelievskij su Segonija.Ru, la Kiev golpista, vista la titubanza occidentale a un simile passo, intende giocare il tutto per tutto e chiede direttamente l'adesione, sperando così di provocare lo scontro di tutto “l'Occidente collettivo” con Mosca. Il Ministro golpista degli esteri esige che a Vilnius «se i leader della NATO non sono ancora pronti a formulare un invito al summit, debbano però indicare con precisione quando saranno pronti».
Da parte sua, il nazigolpista-capo, nel suo recente tour europeo, non ha fatto altro che tentare addirittura di dar vita a una sorta di coalizione dei paesi favorevoli all'immediato ingresso dell'Ucraina nella NATO, che faccia pressione in questo senso su Washington: né più né meno che tentare di mettere in discussione ciò che non si può, cioè l'indiscussa leadership yankee.
Se glielo perdoneranno, sarà solo perché troppo vitale rimane la sfida anti-russa.
Vari media occidentali, nota ancora Džerelievskij, stanno già insinuando che l'ostacolo principale all'adesione dell'Ucraina alla NATO sia lo stesso Zelenskij; e un tale «colpo sotto la cintura dovrebbe, nelle intenzioni di coloro che lo hanno formulato, far rinsavire il clown» ucraino. Se ciò non avverrà, beh, conosciamo fin troppo bene lo “spirito pratico” americano.
Ed è ancora Foreign Affairs che commenta l'ipotesi di far aderire all'Alleanza atlantica solo la parte dell'Ucraina controllata dal regime golpista di Kiev, sul modello di Germania federale e DDR: un'ipotesi simile, scrive Foreign Affairs, sarebbe vantaggiosa solo per Mosca. Un'altra ipotesi sarebbe quella di un'adesione che non preveda frontiere determinate, bensì variabili in base agli spostamenti del fronte. In ogni caso, sottolinea la rivista, il fondamento stesso del punto 5 verrebbe minato: le garanzie di sicurezza sono inseparabili da ben definiti confini e a suo tempo la Germania federale poté entrare nella NATO perché il suo confine orientale era nettamente demarcato, mentre nella situazione ucraina esso si sposta continuamente.
Ogni ipotesi di questo tipo, concludono gli americani, non farebbe che avvantaggiare Mosca e nient'altro.
Insomma, per ora è difficile dire quale sarà il vero animale che uscirà dal “cappello” lituano: sorrisi e inchini di prammatica all'indirizzo di Kiev e bacchettate sulle mani ai paesi che indugiano troppo ad aumentare le spese di guerra.
C'è comunque qualcuno che le idee ce le ha chiare e, da tempo, non si fa nemmeno più scrupolo di manifestarle: la Polonia sanfedista che da tempo ha portato il proprio bilancio di guerra al 4% del PIL e che brama di costruire il più possente esercito tra i paesi europei della NATO. Ora, il presidente polacco Andrzej Duda ha dichiarato alla tedesca Bild che, in caso di raggiungimento di un cessate il fuoco, Varsavia è pronta a «introdurre truppe polacche in Ucraina». Duda ha ovviamente infiorettato il piano, sottolineando che se Kiev accedesse a colloqui con la Russia e la NATO optasse per l'introduzione di “forze di pace” in Ucraina, allora la Polonia «quale membro responsabile dell'Alleanza atlantica», manderebbe proprie truppe.
Quanto eventualmente rimarrebbero, Duda non lo ha specificato.