Venezuela, l'obiettivo dell'Operazione Gedeone era rapire Maduro e portarlo negli USA
di Geraldina Colotti
Ha avuto grande impatto la conferenza stampa internazionale del presidente venezuelano Nicolas Maduro. Alla presenza dei vertici della Forza Armata Nazionale Bolivariana, della Polizia e del governo – tutti rigorosamente provvisti di mascherine per via della quarantena in corso contro il coronavirus – l’incontro web è andato a buon fine, nonostante il nuovo sabotaggio alla rete elettrica, denunciato dalla vicepresidente Delcy Rodriguez.
Prima di rispondere via internet alle domande dei giornalisti, Maduro ha spiegato la dinamica del tentativo di invasione dal mare compiuto da un gruppo di mercenari. Tra questi, alcuni contractor statunitensi dell’agenzia per la sicurezza privata Silvercop. Due di loro, catturati durante lo sbarco, hanno ammesso le proprie responsabilità e spiegato in dettaglio lo svolgimento dell’intera operazione, decisa a Washington e messa in atto dopo un allenamento in Colombia.
L’intento dell’Operazione Gedeone era quello di occupare l’aeroporto, rapire Maduro e portarlo negli USA con uno degli aerei previsti dal piano. Lo ha confessato Luke Denman, mercenario di 34 anni nativo del Texas, che i giornalisti hanno potuto vedere nel corso della conferenza stampa. Alla domanda di un funzionario circa il compito che gli era stato assegnato, Denman ha risposto: “Prendere il controllo dei settori, mettere in sicurezza noi stessi, comunicare con la torre. Far entrare gli aerei. Uno di questi avrebbe dovuto trasportare Maduro negli Stati Uniti”.
Una riedizione, quindi, di tre “modelli” tentati in precedenza dagli USA: contro Cuba con l’invasione della Baia dei Porci nell’aprile del 1961; contro Noriega a Panama nel dicembre 1989 con l’operazione Just Cause, e poi contro Manuel Zelaya in Honduras, condotto in Costa Rica in un aereo militare il 29 giugno del 2009.
Per Maduro, invece, si sarebbe probabilmente inscenata la farsa del processo alla Corte Penale Internazionale. Questo, sempreché si fosse potuto rapire il presidente, neutralizzando la difesa bolivariana senza colpo ferire. Un racconto a cui devono aver creduto i contractor, e che appare evidente nel loro stupore nel vedersi catturati con l’apporto determinante dei pescatori di Chuao: scalzi, ma armati, perché appartenenti alle milizie popolari bolivariane.
“Si aspettavano di essere accolti come Batman – ha ironizzato Maduro – invece sono stati ricevuti dall’Operazione Negro Primero, condotta in perfetta unione civico-militare e di polizia”. Negro Primero è il soprannome di Pedro Camejo, l’ex schiavo che lottò per l’indipendenza del Venezuela. Uno spirito a cui il presidente ha reso onore durante la conferenza stampa, mettendo in ridicolo i tentativi dei golpisti venezuelani di rifarsi al nome di Simon Bolivar, mentre il libertador aveva denunciato già allora che “gli Stati Uniti sembrano destinati dalla Provvidenza a piagare l’America di miserie in nome della libertà”. Come possono – ha detto Maduro – presentarsi a fianco dei mercenari nordamericani, parlando inglese, e dire che vengono a “liberare il paese”? Chi potrebbe credergli?
Si riferiva alla rivendicazione dell’Operazione Gedeone compiuta dall’ex capitano disertore Nieto Quintero insieme al capo dei contractor, Jordan Goudreau, proprietario della Silver Corp. In un video, entrambi avevano chiamato al golpe contro Maduro, mentre l’invasione era già in marcia. Intervistato da Miami dalla giornalista di opposizione Patricia Poleo nella sua trasmissione in youtube Factores de Poder, Goudreau aveva mostrato la copia del contratto per milioni di dollari, firmato dall’autoproclamato Juan Guaidó e da altri golpisti a lui vicini per commissionare l’operazione Gedeone, e mai onorato.
Una nuova truffa, perpetrata dall’autoproclamato e dalla sua banda ai danni della popolazione venezuelana in piena quarantena. Del contratto aveva parlato anche il disertore Cliver Alcalá, oggi agente della DEA. Alla domanda dei giornalisti in merito a un possibile arresto di Guaidó, Maduro ha rimandato alle decisioni della magistratura. Ha però dichiarato che solleciterà agli organi competenti la richiesta di estradizione di Goudreau da rivolgere agli Stati Uniti. Al contempo, ha assicurato che ai militari statunitensi, rei confessi, verrà assicurato un giusto processo.
Ma, intanto, dagli USA, il segretario di Stato, Mike Pompeo, ha dichiarato che cercherà di riportarsi a casa i due contractor “con ogni mezzo”. Trump ha negato di essere stato informato dell’operazione. Le confessioni dei mercenari, le foto pubbliche e le stesse dichiarazioni di Goudreau, veterano in diverse operazioni di “guerra per procura” in Iraq, Afghanistan, eccetera, indicano però che la Silvercorp era l’agenzia per la sicurezza del presidente Trump. Trump – ha detto Maduro – ha dato il via libera all’operazione incaricando il presidente colombiano, Ivan Duque dopo il suo recente viaggio alla Casa Bianca.
Un’aggressione annunciata dall’amministrazione USA con la taglia sulla testa di Maduro e di altri dirigenti chavisti in quanto “capi del narcotraffico”. Una riedizione, aveva detto Trump, dell’”operazione Noriega”, motivata come ai tempi dell’invasione di Panama con il pretesto di proteggere “la sicurezza dei cittadini statunitensi”.
E di questo sembrava fortemente convinto anche il mercenario Denman, contattato da Goudreau in Germania “nel 2009 e poi nel 2010”. Un dato che dovrebbe far riflettere sul margine di manovra che hanno questi personaggi anche in Europa, dove, in piena pandemia, era in corso l’operazione Defender Europa, la più grande compiuta dalla NATO negli ultimi trent’anni.
La guerra per procura è infatti il grande affare portato avanti dagli USA dalla sconfitta della guerra in Vietnam, il 30 aprile del 1975. Denman e i suoi compari hanno confessato che il contatto con Ivan Duque si è realizzato dopo negoziati con l’impresa di sicurezza privata Blackwater e con Silvercorp e su indicazione del Dipartimento di Stato USA. I mercenari hanno così allenato “tre piccoli gruppi, di circa 60-70 uomini” nella zona di Riohacha, in Colombia, con il supporto di grandi narcotrafficanti al soldo della DEA. Un particolare, questo, che indica la continuità e la vera natura della cosiddetta “lotta alla droga” sbandierata dagli USA. Durante i giorni dell’operazione Gedeone, iniziata il 3 e 4 maggio, tutti gli abitanti di Caracas hanno sentito il ripetersi di forti detonazioni. Colpi scambiati tra due grandi bande di narcotrafficanti nel quartiere Petare che, però, stranamente non hanno prodotto neanche un ferito. Un’operazione diversiva – ha spiegato Maduro – che mostra il coinvolgimento della DEA nel tentativo di invasione via mare. Un’invasione respinta dall’Operazione Negro Primero.