Washington Post: L’Ucraina sta precipitando in un abisso economico
L’Ucraina sta precipitando in un abisso: la sua economia, la sua finanza stanno collassando e l’aiuto finanziario promesso dell’Occidente, già stimato sui 55 miliardi di dollari, non sarà sufficiente a salvarla. Serve di più, almeno altri 24 miliardi di dollari per il prossimo anno.
Questo quadro fosco è emerso nel corso di “una riunione a porte chiuse tenuta presso la Banca nazionale dell’Ucraina” di cui danno conto Jeff Stein e David L. Stern sul Washington Post.
Nell’articolo si spiega che l’entità iniziale degli aiuti occidentali necessari, cioè i 55 miliardi, era una previsione fatta prima che iniziassero i bombardamenti sulle infrastrutture del Paese, che hanno ulteriormente aggravato la situazione, e ora si stima che servano almeno altri 2 miliardi al mese per evitare il collasso, con l’inflazione già arrivata al 20%.
Nella nota gli autori danno conto di una situazione disperata, con le autorità che sono arrivate a invitare i cittadini a evacuare le città in caso di blackout prolungati, mentre le manifatture e l’estrazione mineraria, che costituiscono la spina dorsale dell’economia (oltre al grano), sono in terribile sofferenza, con molte imprese già costrette a chiudere.
Attacchi prevedibili
I cronisti spiegano che si tratta di una situazione senza precedenti, dimenticando quanto accaduto all’Iraq, alla Libia e alla Siria (e in altri Paesi) nel corso dei regime-change made in Usa e non ricordando che questa è la semplice, brutale, realtà della guerra.
Gli attacchi alle infrastrutture erano più che prevedibili (nel nostro piccolo avevamo preannunciato tale sviluppo) e l’aveva fatto intendere chiaramente anche Putin, quando, prima che iniziassero, aveva chiesto l’apertura dei negoziati ammonendo che “in Ucraina non abbiamo nemmeno iniziato“.
Ma l’ammonimento era stato sommerso nel trionfalismo d’accatto che fin dal suo inizio accompagna questa guerra, la miope propaganda che spiegava come e perché i russi avessero già perso e celebrava le meravigliose armi e progressive inviate a Kiev che avrebbero dischiuso un fulgido destino alle forze ucraine.
Una distrazione di massa utile a eludere i costi reali della guerra. Per evitare che l’opinione pubblica potesse e possa chiedersi se valga la pena continuare a inviare armi o accogliere le richieste russe di aprirsi a un compromesso.
Se cioè parte del Donbass e la Crimea, cioè il prezzo del compromesso, valga più dell’intera ucraina, che più passa il tempo, più verrà degradata. Una constatazione, quest’ultima, ovvia, che pure è elusa dallo stolido slogan che recita come l’invio di armi serva a far sì che l’Ucraina arrivi al tavolo dei negoziati in una posizione di forza.
Ad oggi la situazione dice tutto il contrario: tre, quattro mesi fa Kiev avrebbe avuto molta più forza di adesso a quel tavolo e tale parabola discendente non sembra destinata a mutare a breve.
Tale situazione si ripercuote nei Paesi d’Occidente, chiamati a distogliere parte delle già erose ricchezze destinate ai propri cittadini per supportare Kiev, che oltre ai miliardi di dollari suddetti ne chiede altrettanti sotto forma di armamenti (alle industrie di armi e dell’energia, che stanno lucrando grassi guadagni, non viene chiesto nulla, ovviamente…).
Di corruzione (e) digitale
Rimandando all’articolo del Washington Post per i dettagli sul collasso del Paese e sulle sofferenze dei suoi cittadini, ne riportiamo un cenno che ci sembra significativo: “Dominata da oligarchi e perennemente bisognosa di salvataggi, l’Ucraina era un disastro finanziario molto prima dell’invasione russa. La guerra in piena regola ha mandato la sua economia in tilt”.
Il corsivo è nostro e serve a sottolineare un passaggio apparentemente anodino che ricorda quel che molti, dall’inizio della guerra, hanno dimenticato, che cioè l’Ucraina per anni è stata indicata come “la nazione più corrotta d’Europa”, come da titolo del Guardian del 2015 (solo per fare un esempio, potremmo citare ben altro).
Tale corruzione è presumibilmente aumentata con il conflitto, anche perché il governo ha dichiarato fuorilegge tutti i partiti di opposizione e chiuso tutti i media non allineati. Senza nessun controllo, si sa, la corruzione dilaga. Così tanti finanziamenti dell’Occidente saranno in parte stornati per arricchire i pochi (i conti offshore sono di facile apertura).
Particolare curioso, anche se forse non eccessivamente significativo, che si aggiunge a un altro che riprendiamo sempre dall’articolo, che riferisce come l’unico settore in crescita sia quello del digitale, nonostante il WP lamenti le interruzioni di internet tanto frequenti, fonte di danni enormi a imprese e cittadini.
A magnificare le sorti del digitale ucraino è “Mykhailo Fedorov, vice primo ministro della trasformazione digitale”. Il particolare ci ha incuriosito perché tale ministero, come abbiano accennato in una nota pregressa, si era rivolto al colosso delle criptovalute FTX per creare un canale di aiuto in valuta digitale verso l’Ucraina.
FTX, come si sa, è appena fallita e il suo improbabile Ceo, Sam Bankman-Fried, è stato arrestato alle Bahamas per bancarotta (arresto avvenuto poco prima di comparire davanti al Comitato per i servizi finanziari della Camera, dove avrebbe potuto essere torchiato dai parlamentari senza reti di protezione… non testimonierà).
Particolari, nulla più, che si perdono nell’assordante frastuono delle armi.