Il NYT commenta così il numero delle morti a Gaza


PICCOLE NOTE

Nel momento in cui scriviamo Israele e Hamas stanno trattando: sia sulla liberazione di altri ostaggi e di altri prigionieri palestinesi che sul prolungamento della tregua, ma anche su altro e più segreto, come rivela la dichiarazione di Netanyahu sulla promessa che i leader di Hamas residenti in Qatar non verranno assassinati (Jerusalem Post). Probabile che in questi giorni di tregua si stia trattando su possibili scenari di Endgame successivi alla seconda ondata (possibile che la promessa di incolumità di Netanyahu sia legata a una analoga rassicurazione sul suo destino, dal momento che rischia la morte politica, e non solo).

Hamas si è detto disponibile allo scambio di ulteriori prigionieri e al prolungamento della tregua, opzione sostenuta anche da Biden che sta facendo pressioni in tal senso sulla leadership israeliana, la quale appare propensa, ma ha avanzato riserve sulle persone da scambiare. Un esito positivo è nell’aria, ma le cose possono precipitare d’improvviso.

Il numero delle vittime è spropositato

Nel frattempo, e nella esilissima speranza che le ostilità cessino del tutto, segnaliamo un articolo di

Così il sottotitolo: “Anche con una valutazione prudente del numero delle vittime di Gaza si rileva che il tasso di morti causato dall’attacco israeliano ha pochi precedenti in questo secolo, dicono gli esperti”.

Nell’articolo si legge: “Non si tratta solo della quantità degli attacchi: Israele ha affermato di aver colpito più di 15.000 obiettivi […]. È anche la natura delle armi” usate.

Infatti, “l’uso indiscriminato da parte di Israele di armi molto potenti in aree urbane densamente popolate, tra cui le bombe da 2.000 libbre di fabbricazione americana che possono radere al suolo un condominio, è sorprendente, dicono alcuni esperti”.

“Tutto ciò va oltre qualsiasi cosa abbia mai visto nella mia carriera”, ha affermato Marc Garlasco, esperto di problematiche militari dell’organizzazione olandese PAX ed ex analista dell’intelligence del Pentagono.

“[…] Stanno usando armi estremamente potenti in aree densamente popolate”, ha detto Brian Castner, un esperto di armamenti di Amnesty International. “È la peggiore combinazione possibile di fattori”.

Israele giustifica l’uso di queste bombe con la necessità di colpire i tunnel di Hamas, ma resta lo sconcerto. “[…] “Quelle bombe sono ‘davvero potenti”’ ha detto Garlasco […]. Israele, ha aggiunto, ha in dotazione anche migliaia di bombe più piccole, provenienti dagli Stati Uniti e progettate per limitare i danni in aree urbane densamente popolate, ma gli esperti di armamenti dicono di aver poche prove sul fatto che vengano utilizzate con frequenza”.

Da qui il numero di vittime spropositato di questa breve guerra, che sta raggiungendo o ha raggiunto, se non superato, il numero di vittime registrato in conflitti durati anni, come la guerra in Afghanistan e altri.

Peraltro, il tentativo di screditare il calcolo delle vittime da parte delle autorità palestinesi, consumato a diversi livelli (Casa Bianca compresa), perché realizzato da organi controllati da Hamas e quindi inattendibili, è fallito miseramente.

Lo rileva anche la “i numeri complessivi provenienti delle autorità sanitarie di Gaza sono generalmente affidabili”, anzi, probabilmente le vittime sono più numerose di quanto si sa, dal momento che tante possono essere sfuggite alla conta, tra le quali quelle che riposano sotto cumuli di macerie.

Secondo l’Euro-Mediterranean Human Rights Monitor (Euromed), tra i morti registrati e quelli ancora sepolti sotto le macerie si dovrebbe arrivare a contare 20.000 vittime, di cui 8mila bambini. Se a questo numero di aggiungono i feriti, ha aggiunto il presidente di Euromed Ramy Abdu, il numero di feriti e morti sarebbe pari al 2.6% dell’intera popolazione di Gaza.


Una campagna militare incomprensibile

A quanto riferito sopra va aggiunta un’appendice: “Nelle ultime settimane registrare i morti a Gaza è diventato sempre più difficile nel caos dei combattimenti, poiché gli ospedali sono sotto un fuoco diretto e gran parte del sistema sanitario ha cessato di funzionare”. Questo l’esito, se non l’obiettivo quantomeno secondario, dell’attacco agli ospedali di Gaza. Resta, però, che “anche prima di questo sviluppo, il numero di donne e bambini dichiarati morti già superava quello di altri conflitti”.

Insomma, secondo analisti e ricercatori, “il ritmo delle morti riportate a Gaza durante il bombardamento israeliano è stato eccezionalmente alto”.

Di interesse, sotto tale profilo, l’attacco al campo profughi di Jabaliya, sul quale si è riusciti ad avere una documentazione esaustiva: “Secondo un’analisi delle immagini satellitari, Israele ha utilizzato almeno due bombe da 2.000 libbre nel corso di un attacco aereo avvenuto il 31 ottobre su Jabaliya, un’area densamente popolata a nord di Gaza City, abbattendo edifici e creando crateri da impatto larghi 40 piedi -vedi foto e video del New York Times. Airwars ha confermato in modo indipendente che almeno 126 civili sono stati uccisi, più della metà dei quali bambini”.

“[…] Secondo un calcolo fatto dalle Nazioni Unite sulle morti verificate di bambini nel corso dei conflitti, a Gaza dall’inizio dell’attacco israeliano sono stati uccisi più bambini che in tutti i più importanti conflitti del mondo messi insieme – due dozzine i paesi in questione – nel corso di tutto lo scorso anno, guerra ucraina compresa”.

Questa la conclusione del NYT: “Quando le aree civili finiscono nel mirino, la minaccia [alla popolazione] non finisce con i bombardamenti, dicono gli esperti. La distruzione lasciata dalla guerra li costringe a una lotta per la sopravvivenza che dura per molto tempo anche dopo la fine della guerra. Il sistema sanitario distrutto e le riserve idriche compromesse sono forieri, da soli, di gravi rischi per la salute pubblica, ha affermato il professor Crawford, ricercatore del Costs of War Project“.

“Questo succede in ogni guerra”, ha aggiunto. “Ma siamo di fronte è un livello di immiserimento provocato in un periodo di tempo tanto breve che è davvero difficile da comprendere”. Già, davvero difficile, a meno che tutto ciò non discenda da una certa qual condiscendenza verso certe pulsioni estreme evidenziate dalle dichiarazioni di diversi esponenti della leadership israeliana.

Resta lo sconcerto per la flebile reazione, per usare un eufemismo, della politica e dei media internazionali, a parte preziose eccezioni, per tale inusitata devastazione.

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