Con la propaganda dell'estrema destra l'Ue prepara nuove sanzioni al Venezuela

Con la propaganda dell'estrema destra l'Ue prepara nuove sanzioni al Venezuela

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Da qualche giorno, riprendendo una notizia pubblicata da Europa Press, la destra venezuelana da per scontato che, nella riunione di lunedì 22 febbraio, l’Unione Europea deciderà di imporre sanzioni a un’altra trentina di funzionari venezuelani. Misure coercitive unilaterali che implicherebbero il divieto di entrata nei paesi UE e il “congelamento dei beni”, in linea con le quattro tornate di sanzioni approvate dal 2017 in base alle indicazioni degli Stati Uniti.

Una notizia che si aggiunge alla vergognosa campagna di discredito scatenata contro gli esperti indipendenti dell’ONU, prima l’avvocato Alfred de Zayas, poi la professoressa Alena Douhan, che hanno spiegato in dettaglio i danni inflitti al popolo venezuelano dalle “sanzioni”. “Il Venezuela è costretto a vivere con solo l’1% della proprie risorse”, ha scritto Douhan, chiamando in causa i paesi che tengono bloccati i fondi venezuelani, e esortando gli organi competenti a garantire la mobilità dei funzionari bolivariani affinché possano rappresentare lo stato negli organismi internazionali.

E per fornire ulteriori pretesti alle “sanzioni”, è partito il killeraggio politico e mediatico organizzato dalla Colombia di Ivan Duque e amplificato a livello internazionale. Un’operazione che, oltre alla sinistra colombiana, prende di mira al contempo tre paesi: Venezuela, Cuba e Ecuador, nel momento in cui il rappresentante della sinistra, Andrés Arauz, ha vinto il primo turno delle elezioni ecuadoriane.

 Da settimane, è in corso una martellante campagna, iniziata dalla rivista Semana, per sostenere le affermazioni di Duque circa l’attività della guerriglia colombiana dell’Eln, la seconda per importanza e longevità dopo le Farc. Il modulo è una replica di quello usato dopo il bombardamento dell’esercito colombiano, sconfinato in territorio ecuadoriano, il 1° marzo del 2008.

Nel massacro, venne ucciso anche il comandante delle Farc Raul Reyes, e il presunto ritrovamento del suo computer venne utilizzato per costruire vari “falsi positivi” contro il Venezuela e i governi progressisti della regione, allora in pieno “rinascimento” per una seconda indipendenza.

Si sa che il governo colombiano è maestro in tema di falsi positivi, cioè di uccisioni di gente comune fatta passare per guerriglieri caduti in combattimento. In un paese che, dall’assassinio del leader liberale Gaitan, nell’aprile del 1948, ha chiuso tutti gli spazi di agibilità in sicurezza per un’opposizione politica, la violenza di stato è all’ordine del giorno. Quando non si riesce a impedire con la frode elettorale che l’opposizione vada al governo, la si elimina. Appena la guerriglia raggiunge un accordo e realizza un passaggio alla lotta politica, idem.

 Secondo il recente rapporto della Giurisdizione speciale per la pace, istituita dopo gli accordi tra l’allora governo Santos e la guerriglia delle Farc, firmati nel 2016, l’esercito o i paramilitari hanno abbattuto almeno 6.042 civili fatti passare per combattenti, negli anni che vanno dal 2002 e il 2008. Una cifra superiore a quella già segnalata a proposito dei governi di Alvaro Uribe, ora agli arresti domiciliari proprio in relazione a uno di quei massacri.

Solo per quel che va del 2021, sono peraltro già 24 i leader sociali assassinati in Colombia, sono stati 310 nel corso del 2020, e 1.140, quelli assassinati dalla firma degli accordi tra governo e guerriglia Farc, a settembre del 2016. Molti di loro erano ex combattenti passati alla vita politica e lasciati alla mercé dei paramilitari, riconvertiti prevalentemente in guardie per la sicurezza privata delle grandi multinazionali e dei latifondisti.

Adesso, si sta utilizzando un altro computer, sottratto a un comandante dell’Eln ucciso, Uriel, per costruire queste nuove operazioni. Riguardo all’Ecuador, l’obiettivo è quello di usare di nuovo la magistratura come arma politica e di far annullare le elezioni, sostenendo che Arauz è stato finanziato con soldi illeciti provenienti dall’Eln. Seppure l’operazione di lawfare non riesce, di sicuro si riuscirà a seminare i dubbi, o il panico in quei settori più moderati dell’Ecuador, spaventati dall’arrivo del cosiddetto “castro-madurismo”, contro il quale si è più volte espresso Yaku Pérez.

Pérez è il candidato che sta contendendo il secondo posto al banchiere Lasso, il quale si sta imponendo negli ultimi conteggi. Ha preso un nome indigeno e per questo piace alle sinistre in Europa, nonostante il suo programma segua gli interessi di Washington e dell’Unione europea.

Rispetto al Venezuela, per l’operazione di killeraggio si riprende e amplifica il modulo già utilizzato ai tempi di Chavez. Come si ricorderà, l’ex presidente del Venezuela, scomparso il 5 marzo del 2013, fu l’artefice delle trattative tra governo colombiano e guerriglia Farc, iniziate in Norvegia e proseguite poi a Cuba, dove venne firmato l’accordo, sulla scia del viaggio di Obama all’Avana. Dal computer di Raul Reyes vennero tratti tutti i siluri lanciati per impedire quell’accordo, screditare la guerriglia e criminalizzare la solidarietà internazionale.

Ora, si sta facendo lo stesso con il computer del comandante Uriel dell’Eln, ucciso l’anno scorso. Già Maduro è stato sanzionato da Trump come presunto narcotrafficante e finanziatore del terrorismo, Trump ha persino messo una taglia su di lui e su altri dirigenti bolivariani, e l’accusa di narcoterrorismo è uno dei cavalli di battaglia usati dall’imperialismo per criminalizzare i governi che non accettano la subalternità a Washington.

E si dovrebbe ricordare che, come viene costantemente dimostrato anche dai documenti desecretati dalla Cia, quanto a finanziamento di mercenari di tutte le specie mediante i proventi della droga, gli Stati Uniti e i loro vassalli sono maestri. E si dovrebbe anche tener presente che, in nome della cosiddetta lotta al terrorismo, slittata in lotta contro il socialismo in tutte le sue forme, si riesce sempre a realizzare l’”unità nazionale”, a partire dall’Italia che quel modello l’ha portato avanti per vent’anni nel secolo scorso.

Il governo bolivariano ha infatti definito l’operazione come una cortina di fumo alzata da Duque per coprire quello che gli stessi media colombiani stanno ormai mostrando apertamente: il coinvolgimento attivo del governo colombiano in tutti gli attacchi mercenari contro il Venezuela, compiuti dai golpisti venezuelani sponsorizzati dagli Usa e dall’Europa. Con il pretesto della pandemia, Duque sta anche cercando di prolungare artificialmente il suo mandato, e di evitare le elezioni del 2022. In questo quadro si situa il rinnovato attacco al senatore della sinistra Ivan Cepeda, che ha portato avanti le denunce contro Uribe, che coinvolgono anche la gestione e le frodi del suo figlioccio Duque.

E ora, Semana lancia un altro missile, subito ripreso a livello internazionale. Un siluro diretto sia contro quel che resta degli accordi di pace, sia soprattutto contro Cuba, e persino contro l’ex presidente Manuel Santos che li ha firmati, pur non essendo egli uomo di sinistra, e pur essendo stato ministro della Difesa di Uribe e complice di innumerevoli mattanze di stato. Parliamo di quel Santos che, dopo aver ricevuto il Nobel per la pace per la firma di quegli storici accordi, è venuto in Italia per chiedere l’adesione alla Nato. Ma, con l’arrivo di Trump alla presidenza degli Stati Uniti, anche lui dev’essere sembrato un pericoloso estremista di sinistra.

E dunque, ora, ecco spuntare un documento, un salvacondotto nei confronti del comandante Gabino, dell’Eln, a cui Santos, quand’era presidente, ha permesso di recarsi a Cuba, come previsto dalla legislazione speciale, e dove permangono i mediatori dell’Eln, nonostante la rottura delle trattative con il governo colombiano. Il fatto che Santos, malgrado la richiesta avanzata a suo tempo dalle Farc non abbia sospeso i mandati di cattura, ma solo consentito il viaggio temporaneo, viene ora usato per costruire il “falso positivo” mediatico.

 L’obiettivo è accusare Cuba di “patrocinare il terrorismo”, e impedire che Biden, come sembra orientato a fare, la tolga dall’assurda lista in cui l’ha inclusa Trump poco prima della fine del suo mandato. Ovviamente, si chiama in causa il governo Maduro che avrebbe favorito il transito di Gabino, poco prima dell’elezione di Duque in Colombia.

Come s’inquadra questa operazione di killeraggio partita dalla Colombia? Come un piano per conto terzi: per conto di quei potentati economici legali all’estrema destra internazionale, che scalpitano per far restare nei binari consueti la politica estera di Biden rispetto all’America Latina. Si sa che la Colombia sta all’America Latina come Israele sta al Medioriente, e che in quel governo non si muove foglia che Washington non voglia. Oltreché il principale alleato degli Stati Uniti in Sudamerica, la Colombia è anche il paese che più riceve aiuti militari da Washington.

Solo per il 2020, già ha ricevuto una prima tranche di 30 milioni di dollari, principalmente destinati all’aiuto umanitario per la pandemia, in uno dei paesi più devastati e privatizzati del continente, e destinati anche ai cosiddetti migranti venezuelani. E questa è la ragione per la quale il presidente colombiano Ivan Duque, non certo un democratico, ma – ricordiamo di nuovo - il figlioccio di quell’Alvaro Uribe agli arresti domiciliari per i massacri compiuti dai suoi paramilitari, ha dichiarato di voler regolarizzare per 10 anni i venezuelani che si trovano nel paese.

Da notare che, quando ancora non era chiaro come sarebbe andata a finire tra Trump e Biden, lo stesso Duque aveva dichiarato che quegli stessi venezuelani sarebbero stati esclusi dai vaccini perché privi di documenti. Un segnale distensivo, dunque, più consono allo stile dei democratici statunitensi e dell’Unione Europea, che comprende anche qualche socio riottoso, ma che ha nell’Italia il suo partner più affidabile. Proviene, infatti, dall’Italia, una bella fetta degli aiuti erogata, via le agenzie internazionali, ma gestita dall’opposizione golpista venezuelana che la Ue continua a considerare un referente.

Una bella fetta rivolta ai paesi neoliberisti che, sulla carta, dovrebbero aiutare i migranti venezuelani, mentre se ne servono per finanziare la destabilizzazione in Venezuela e, appunto le operazioni di killeraggio mediatico a cui accennavamo prima. I rapporti tra la ministra degli esteri colombiana Claudia Blum e l’Italia sono particolarmente intensi.

E quale sia la nozione di “diritti umani” della Ue è dimostrato anche da quel che sta accadendo in Spagna contro il rapper catalano Pablo Hasel, messo in carcere per “ingiuria alla corona”, dopoché – nonostante sia stata silenziata l’opposizione armata dell’Eta – sono 122 le persone arrestate con l’accusa di aver promosso “il terrorismo” o di avere insultato chiesta e corona.

Duque deve farsi perdonare di aver fatto campagna per Trump, violando la regola di non interferire nella politica di un altro stato. Autorevoli rappresentanti del partito a cui appartiene, il Centro Democratico, il partito di governo, si sono spesi apertamente per Trump. Tanto che, il portavoce del Dipartimento di stato nordamericano, Ned Price, ha subito lanciato un avvertimento: “Far chiarezza sugli assassinii in Colombia è una delle priorità assolute di Biden”, ha detto riferendosi a un rapporto di Human Right Watch che considerava insufficienti gli sforzi del governo colombiano per contenere il crescente numero di omicidi di leader sociali.

 Da quando Biden ha assunto l’incarico come presidente, il 20 gennaio, l’unico contatto reso pubblico tra Washington e Bogotà è stata una telefonata del 29 gennaio tra il segretario di Stato, Antony Blinken e la ministra colombiana Blum nella quale il falco Blinken ha assicurato che il suo governo aiuterà la Colombia per far rispettare i diritti umani. E, dopo l’annuncio sui migranti venezuelani, Blinken si è immediatamente congratulato con Duque, rafforzando quanto dichiarato da Price in un’altra conferenza stampa, nel quale ha affermato che gli Stati uniti sono “orgogliosi di collaborare con le forze di sicurezza colombiane e la società civile per rafforzare la protezione dei diritti umani e la sicurezza in ambito rurale, così come per lottare contro le vie del narcotraffico che provocano violenza”.

Per quanto poco ci sia da illudersi su un cambio di indirizzo nella politica estera di Biden verso il continente latinoamericano, certamente ci sarà da decidere quali grandi corporazioni e relativi terminali in loco dovranno gestire il nuovo fiume di denaro promesso da Biden per prestiti e cosiddetti aiuti anche per l’annunciata riconversione ecologica decisa da Biden dopo il rientro negli accordi sul clima. Per tutto questo, ci sarà da decidere quali governi saranno più adatti a realizzarli, e anche il trumpista Duque si dovrà adeguare.

Intanto, Duque ha chiamato in Colombia tutti i golpisti venezuelani ricercati per una prossima riunione, sulla quale, i media come Semana, di certo non metteranno attenzione. Per quei ricercati, non servono salvacondotti. Utilizzano, come ha fatto di recente Leopoldo Lopez, gli aerei privati dei narcotrafficanti: di quegli stessi cartelli che hanno aiutato l’autoproclamato Juan Guaidó nel corso dell’invasione alle frontiere venezuelane proveniente dalla Colombia, e mascherata da aiuto umanitario.

Geraldina Colotti

Geraldina Colotti

Giornalista e scrittrice, cura la versione italiana del mensile di politica internazionale Le Monde diplomatique. Esperta di America Latina, scrive per diversi quotidiani e riviste internazionali. È corrispondente per l’Europa di Resumen Latinoamericano e del Cuatro F, la rivista del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV). Fa parte della segreteria internazionale del Consejo Nacional y Internacional de la comunicación Popular (CONAICOP), delle Brigate Internazionali della Comunicazione Solidale (BRICS-PSUV), della Rete Europea di Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana e della Rete degli Intellettuali in difesa dell’Umanità.

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