Damasco condanna la visita illegale di Milley: "è una violazione della sovranità"
Foto Reuters
Altre che aiuti per il terremoto o la farsa della sospensione delle sanzioni, Gli Usa in Siria ribadiscono la loro presenza illegale, detta semplicemente in una sola parola: occupazione.
Ieri, il generale Mark Milley, presidente del Joint Chiefs of Staff, ha visitato le forze statunitensi che occupano la Siria nord-orientale, con il solito pretesto di prevenire una recrudescenza dell'ISIS e per rivedere le salvaguardie per le forze statunitensi contro gli attacchi, anche da parte dei droni lanciati dalle milizie sostenute dall'Iran. La notizia della visita di Millery è stata riferita dall’agenzia Reuters.
Circa 1.000 soldati nordamericani continuano a sostenere le milizie alleate arabe e curde delle forze democratiche siriane (SDF) nella regione.
Milley, il cui mandato come presidente dei capi congiunti termina a settembre, ha incontrato il comandante della coalizione guidata dagli Stati Uniti per sconfiggere l'ISIS, il generale dell'esercito Matthew McFarlane, e ha esaminato le misure di sicurezza da una base segreta nel nord-est della Siria.
Secondo Al-Monitor, la visita di Milley in Siria dimostra l’impegno dell'amministrazione Biden nel mantenere le truppe nel Paese a sostegno delle SDF.
"Siamo impegnati a mantenere la nostra presenza di forza a sostegno della duratura sconfitta dell'ISIS", ha detto ai giornalisti la scorsa settimana il massimo funzionario politico del Pentagono per il Medio Oriente, Dana Stroul.
"Questa è una missione che ha il pieno sostegno del Segretario alla Difesa", aveva aggiunto Stroul.
L'analista siriano Jennifer Cafarella dell'Institute for the Study of War ha notato l'importanza di continuare l'occupazione militare statunitense nel nord-est della Siria. Ha osservato nel 2017 che "Che Washington scelga di ammetterlo o meno, gli Stati Uniti ora hanno un'influenza diretta sulla stragrande maggioranza dei giacimenti petroliferi più produttivi della Siria" e che i guadagni territoriali delle SDF "sono tesori nazionali siriani che, una volta sommati, equivale a un potere geopolitico brutale per gli Stati Uniti”.
Nonostante gli Stati Uniti affermino di essere impegnati nella sconfitta dell'ISIS, Al-Monitor osserva che "Quasi quattro anni dopo la sconfitta [ISIS] sul campo di battaglia, circa 10.000 sospetti combattenti del gruppo rimangono in prigioni improvvisate sotto il controllo delle SDF, con nemmeno un accenno di volontà politica internazionale di istituire tribunali per i crimini di guerra all'orizzonte”.
I pianificatori statunitensi in precedenza avevano accolto con favore la crescita dell'ISIS in Iraq e Siria. Un rapporto della Defense Intelligence Agency (DIA) dell'agosto 2012 aveva rivelato che i salafiti, i Fratelli Musulmani e al-Qaeda erano le forze trainanti dell'insurrezione sostenuta dagli Stati Uniti e dal Golfo contro il governo siriano, e che gli Stati Uniti e i loro alleati regionali sostenevano l'istituzione di un "principato salafita" nella Siria orientale come parte dello sforzo per rovesciare Assad e dividere il paese.
Per 18 mesi dopo la dichiarazione del cosiddetto Califfato, i pianificatori statunitensi non hanno intrapreso alcuna azione contro l'ISIS, consentendo al gruppo di minacciare sia Baghdad che Damasco.
La visita di Milley arriva poco più di una settimana dopo che il membro del Congresso degli Stati Uniti Matt Gaetz (R-Fla.) ha introdotto un disegno di legge sui poteri di guerra che costringerebbe l'amministrazione Biden a ritirare le truppe statunitensi dalla Siria. È improbabile che il disegno di legge venga respinto, ma un precedente provvedimento emesso nel 2021 ha ottenuto un certo sostegno bipartisan.
Introdotta mercoledì 22 febbraio, la legislazione richiederebbe al presidente degli Stati Uniti Joe Biden di rimuovere tutte le forze statunitensi dalla Siria entro 15 giorni dalla firma della legislazione.
La dura reazione di Damasco
La reazione di Damasco alla visita di Milley è stata immediata e durissima.
In un comunicato del ministero degli esteri siriano si condanna la visita del generale statunitense definendola “una flagrante violazione della sua sovranità e integrità territoriale”, ricordando che “il motivo di questa visita era valutare l'efficacia della lotta contro l’ISIS-Daesh, tuttavia, la comunità internazionale sa benissimo che questa organizzazione terroristica è creata dall'intelligence statunitense.”
La diplomazia siriana ha ricordato che “le azioni criminali di Daesh non sono rivolte alle forze statunitensi e alle loro milizie mercenarie e lacchè, ma a civili siriani innocenti, e l'ultima azione è stata quella di massacrare quasi 60 persone sotto gli occhi dell'invasione delle forze statunitensi nella regione nord-orientale.”
Inoltre, è stata denunciato “il continuo saccheggio della ricchezza siriana da parte delle forze statunitensi, tra cui petrolio e grano" menzionando "il furto di oltre 150 camion cisterna di petrolio siriano da parte di queste truppe negli ultimi 9 giorni.”
Per Damasco la presenza degli Stati uniti e il sostegno alle sue milizie è inteso solo a prolungare la guerra terroristica imposta alla Siria.
D'altra parte, la cancelleria siriana ha osservato che “non è un segreto per nessuno che la situazione catastrofica in Siria sia dovuta alle misure coercitive unilaterali imposte dall'amministrazione statunitense.”
Infine, nel comunicato è stato ribadito che “la Siria ribadisce che queste pratiche statunitensi non la distoglieranno dalla sua attenzione alla lotta al terrorismo e ai suoi sforzi per preservare la sua sovranità, sicurezza e stabilità.”