FAZ - Fine dell'onnipotenza della Bce

La sentenza della Corte costituzionale federale sugli acquisti di obbligazioni continua ad agitare gli animi. Sulla politica monetaria gli effetti sono forse gestibili. Ma, a lungo termine, la sentenza influenzerà assai il lavoro della Banca centrale europea

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FAZ - Fine dell'onnipotenza della Bce

 

di Gerald Braunberger - Faz


La sentenza della Corte costituzionale federale sul programma di acquisto di obbligazioni della Banca centrale europea (BCE) cominciato nel 2015 sta ancora attirando molta attenzione.


Al centro del dibattito, vivace anche in Germania, c'è il rapporto tra la Corte di giustizia europea e la Corte costituzionale federale, vale a dire in definitiva la questione della competenza giurisdizionale in una Lega di Stati [Staatenbund].


La domanda è almeno altrettanto importante per la conduzione della politica monetaria: cosa significa questa sentenza per la futura politica monetaria nella zona euro? La risposta potrebbe suonare: a breve termine, è improbabile che la sentenza influisca sulla politica monetaria condotta da BCE nella pandemia. Ma, a più lungo termine, la sentenza Karlsruhe potrebbe contribuire a recingere in parte la politica monetaria della BCE che, soprattutto dal punto di vista tedesco, negli ultimi anni è divenuta sempre più operante senza limiti.


Di ciò si è sparsa la voce pure sui mercati finanziari. Con la sua decisione, il tribunale limita l'indipendenza della politica monetaria, recita uno studio dell'agenzia di rating Standard & Poor’s. Uno degli aspetti notevoli di questa decisione, è che proprio nel Paese nel quale l'indipendenza della banca centrale viene ritenuta sacrosanta, un tribunale dia mostra di quanto meno ridurre tale indipendenza. Non da ultimo a causa di ciò, la sentenza di Karlsruhe è giunta inattesa anzitutto dagli osservatori stranieri, e aiuterà a cementare la convinzione che i Tedeschi siano per l'indipendenza della politica monetaria solo fintanto che va bene a loro.


Da un punto di vista pratico, la sentenza ha implicazioni per la politica monetaria. Nell’immediato, la domanda è se la Bundesbank può continuare a partecipare al programma in corso, noto agli esperti come "PSPP". Nell'ambito di questo programma, la Bundesbank acquista sul mercato obbligazioni della Repubblica Federale di Germania. La sentenza Karlsruhe intima che venga prodotta, entro i prossimi tre mesi, una prova della proporzionalità degli acquisti di obbligazioni, che venga riesaminata dal governo federale e dal Bundestag.


In concreto, la Corte costituzionale federale ha criticato il fatto che le decisioni del Consiglio Bce circa il programma del 2015 fossero limitate alla enunciazione secondo la quale “l'obiettivo di inflazione perseguito non è stato raggiunto e che mezzi meno onerosi non fossero disponibili. Non forniscono una previsione dell'impatto economico del programma o se è commisurato ai benefici monetari ricercati”. La corte vede effetti negativi crescenti con la “portata e la durata sempre maggiori” del programma di acquisto di obbligazioni, tra i quali “effetti economici e sociali su quasi tutti le Cittadine e i Cittadini, i quali ne sono indirettamente interessati in quanto azionisti, inquilini, proprietari di immobili, risparmiatori e titolari di assicurazioni [vita]. Ad esempio, ci sono chiari rischi di perdita per i risparmi”. Imprese non più economicamente valide di per sé, a causa del “livello di tasso di interesse generale più basso” che è anche dovuto agli acquisti di obbligazioni, rimangono “ancora sul mercato”. Insomma, la politica monetaria si sta ponendo “man mano che il programma dura più a lungo e il volume totale aumenta, in una posizione di accresciuta dipendenza dalle politiche degli Stati membri”, in quanto sarebbe sempre più difficile terminare od invertire il programma di acquisto senza compromettere la stabilità dell'Unione monetaria.


Il governo federale e il Bundestag sono ora obbligati a opporsi attivamente "alla precedente gestione del PSPP". Per il tribunale, ne segue che: “Alla Bundesbank è quindi vietato, dopo un periodo di transizione al massimo di tre mesi, partecipare all'attuazione e all'esecuzione delle decisioni oggetto di questo processo, a meno che il Consiglio direttivo della BCE in una nuova decisione [der EZB-Rat in einem neuen Beschluss] illustri in modo comprensibile che gli obiettivi di politica monetaria perseguiti dal PSPP non sono sproporzionati rispetto alle implicazioni di politica economica e fiscale”.


Agli occhi degli esperti, nella sostanza la capacità di BCE di mettere insieme una documentazione che tratti della proporzionalità delle misure di politica monetaria, è fuori discussione. Negli ultimi anni BCE, in numerosi discorsi da parte dei membri principali nonché in un numero non piccolo di studi, si è occupata pure degli effetti collaterali degli acquisti di obbligazioni. Nell'ambito di una revisione della strategia della BCE annunciata dalla presidente Christine Lagarde, la banca centrale si è comunque impegnata ad una maggiore trasparenza. Finora, la comunicazione di politica monetaria - e questo vale non solo per la BCE - ha dato l'impressione di essere rivolta principalmente a un pubblico specializzato.

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Ma dietro le pretese di sostanza della Corte costituzionale federale, soddisfabili con la buona volontà, si cela una questione formale. La BCE, in quanto istituzione europea, può affatto rispondere alla sentenza di una corte costituzionale nazionale?


In un'intervista con diversi quotidiani, Lagarde ha dichiarato in questi giorni in riferimento alle basi giuridiche dell'unione monetaria: "Il trattato prevede che tutte le banche centrali nazionali partecipino pienamente alle decisioni e all'attuazione della politica monetaria dell'area dell'euro". E ha sottolineato: “Ogni banca centrale nazionale nella zona euro è indipendente e non può prendere istruzioni dai governi. Ciò è stabilito nei Trattati".


Si cercherà un compromesso che si trovi entro due meno probabili soluzioni estreme.


La prima soluzione estrema sarebbe una nuova decisione del Consiglio della Banca centrale della BCE sul programma di acquisto di obbligazioni cominciato nel 2015, che giunga a motivare la pretesa di proporzionalità. Ciò non lo si può aspettare dalla BCE, poiché risponderebbe alla sentenza di un tribunale nazionale e, con ciò, stabilirebbe un precedente dalle conseguenze incalcolabili. Pure altri Paesi della zona euro hanno Corti Costituzionali nazionali, le quali potrebbero esprimersi sulla politica monetaria.


L'altra soluzione estrema sarebbe che la Bce ignori completamente la sentenza Karlsruhe. In tal caso, la Corte costituzionale federale dovrebbe vietare la partecipazione della Bundesbank al programma di acquisto di obbligazioni cominciato nel 2015, dopodiché altre banche centrali nazionali acquisterebbero le obbligazioni tedesche (Bund). In quanto, la Corte costituzionale federale non può proibire il programma di acquisto di obbligazioni. Allo stesso tempo, la BCE potrebbe sottoporre la questione alla Corte di giustizia europea, la quale probabilmente, avendo a mente il diritto europeo, obbligherebbe la Bundesbank a partecipare al programma di acquisto di obbligazioni. In questo caso, la Bundesbank minaccia di venire sbriciolata tra due tribunali. Ciò nessuno può volerlo, nemmeno l'avvocato Lagarde.


Si cercherà quindi di trovare una via, che si trovi fra le due soluzioni estreme, ma che probabilmente non può essere limitarsi ad una lettera del presidente della Bundesbank al Bundestag e al governo federale. Se uno ascolta un po' in giro, si convincerà che ciò è fattibile.

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Il confinamento a lungo termine della politica monetaria avrà una diversa origine.


La Corte costituzionale federale esplicitamente consente a BCE di definire un obiettivo di inflazione diverso da zero, in base al quale qualsiasi futuro tentativo di presentare l'attuale obiettivo di inflazione di poco meno del 2% come una cospirazione inammissibile dell'Europa meridionale non dovrebbe andare lontano. Ma anche se la Corte costituzionale federale si sente obbligata a seguire la Corte di giustizia europea nella sua percezione e generalmente non considera i programmi di acquisto di obbligazioni come in linea di principio illecito finanziamento monetario, l'ultima sentenza contiene alcuni segnali di avvertimento rivolti a BCE:


"Di conseguenza, un'evidente elusione del divieto di finanziamento monetario dei bilanci non è particolarmente evidente anzitutto perché:

il volume degli acquisti è limitato in anticipo,

gli acquisti effettuati dall'Eurosistema sono pubblicati solo in forma aggregata,

si osserva un limite superiore del 33 percento per numero di identificazione internazionale dei titoli,

- gli acquisti vengono effettuati secondo la “capital key” delle banche centrali nazionali,

vengono acquistate solo obbligazioni di enti giuridici che, sulla base di un rating minimo, hanno accesso al mercato obbligazionario e

gli acquisti dovrebbero essere limitati o sospesi e gli strumenti di debito acquisiti dovrebbero essere rimessi sul mercato quando una continuazione dell'intervento per raggiungere l'obiettivo di inflazione non è più necessario".


Conseguentemente, BCE troverà più difficile gestire nel lungo termine programmi di acquisto di obbligazioni con la generosità che è stata osservata negli ultimi anni.


Questo non deve essere uno svantaggio per la BCE: un'istituzione che mette costantemente in discussione il proprio lavoro, acquisisce nel lungo termine credibilità. E di nessuna altra cosa i banchieri centrali hanno maggiore bisogno, in un momento in cui la pandemia li sfida a tal punto da metterli a disagio.


 

(Traduzione di Musso)

 

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